Combattere la malattia tra mille umiliazioni

In vista dell’imminente Sentenza da parte del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Campania, sul ricorso presentato da alcune Associazioni, che chiede l’annullamento di un grande accordo quadro nella Regione, per la fornitura di dispositivi per stomie, incontinenza e piaghe da decubito, ritenuti «obsoleti e di scadente qualità», quelle stesse Associazioni si rivolgono direttamente al Presidente del TAR Campania

Ombra di uomo curvo, con una mano sulla testa«Non è nostro stile adire le vie legali e non vogliamo pietà, ma ricordando la nostra frase-manifesto Nulla su di Noi senza di Noi e rivendicando il diritto alla vita e alla libera scelta, ci riteniamo civilmente mobilitati, chiedendo che venga ripristinato, nella Regione Campania, il diritto costituzionale alla libera scelta e alla riabilitazione dei malati oncologici e delle persone con lesioni al midollo spinale»: lo hanno scritto i rappresentanti delle organizzazioni FINCOPP (Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico), AISTOM Campania e Puglia (Associazione Italiana Stomizzati), AIMAR (Associazione Italiana Malformazioni Anorettali) e FAIP (Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici), al Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Campania, in vista dell’imminente Sentenza che arriverà da tale Corte, dopo il ricorso presentato dalle medesime organizzazioni – di cui avevamo dato ampia notizia – con il quale si era chiesto l’annullamento della procedura aperta dalla SORESA (Società Regionale per la Sanità della Campania), «per la conclusione di un accordo quadro con più operatori economici per la fornitura di dispositivi per stomie, dispositivi per incontinenza a raccolta e medicazioni per piaghe da decubito, gara dal valore complessivo pari a 48 milioni di euro e in seguito alla quale le forniture appaltate verranno acquistate da tutte le ASL Campane».

«Vivere con lesioni al midollo spinale ed essere incontinenti e stomizzati – spiegano nella lettera gli esponenti delle organizzazioni ricorrenti -, significa essere incontinenti 24 ore su 24. Le persone stomizzate vivono con apposite sacche adesive per la raccolta delle feci e delle urine, tecnicamente denominate “dispositivi medici”. Dopo l’intervento chirurgico, al rientro a casa, superata la fase post-chirurgica e riabilitativa, convivere con una stomia (incontinenza urinaria, fecale e/o stomale) non è cosa semplice, poiché notevoli sono i disagi personali e socio-sanitari da dover affrontare. Infatti, spesso, alla ripresa dell’attività lavorativa ci si ritrova col cambio mansione (o licenziati), si hanno problemi igienici, relazionali, sessuali e psicologici. Gli stomizzati italiani sono 50.000, quasi tutti pazienti oncologici e la Commissione Oncologica Nazionale ha accertato che in Italia il cancro colo-rettale è tra le principali neoplasie per frequenza e mortalità».

«Per gli stomizzati e incontinenti – prosegue la lettera, entrando nel merito del ricorso presentato – la situazione è diventata “tragica”, poiché non solo ci viene di fatto negato dalle ASL un percorso riabilitativo, pure sancito dalla Carta Costituzionale e dalle Leggi 833/78 [istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, N.d.R.] e 104/92 [Legge Quadro sulla disabilità, N.d.R.], ma nello sterile tentativo di risparmiare ulteriori risorse economiche sulla pelle dei malati oncologici, con mille artifizi come quello architettato da SORESA, si vogliono consegnare a noi Cittadini malati di cancro, dispositivi medici obsoleti, di scadente qualità e certamente non adeguati a taluni pazienti, pertanto non al passo con l’Europa, ciò che nella sostanza significa mortificarne ulteriormente la qualità e quantità di vita. A dirla in breve, quindi, non solo dobbiamo combattere quotidianamente contro la malattia, la burocrazia farmacologica e radioterapica, nel tentativo di sconfiggere il “male del secolo”, ma ogni giorno dobbiamo subire umiliazioni sino alla morte. Per non parlare dei bambini stomizzati o di quelli che, neonati, nascendo con  lo sfintere chiuso, devono essere celermente atomizzati, per aver salva la vita».

«A causa di tutto ciò – concludono i rappresentanti delle organizzazioni – la nostra vita è un vero e proprio “inferno” sotto ogni aspetto ed evidenziamo anche che il catetere è sempre un corpo estraneo che entra nell’organismo: un buon catetere, quindi, un catetere adeguato, evita cistiti con febbre, giorni di malattia e assunzione di antibiotici, evitando così di gravare ulteriormente sui costi del Servizio Sanitario Regionale e dell’INPS. Perché vivere – o meglio sopravvivere – con lesioni al midollo spinale, è cosa semplice a dirsi, ma non a farsi». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: presidenza@finco.org.

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