Ho chiuso gli occhi, ho infilato le cuffiette dell’iPhone e ho assistito a La grande bellezza, senza vederlo. Ho conosciuto i personaggi dalle voci. La parlata lenta e scocciata di Toni Servillo, alias Jep Gambardella, l’inconfondibile romanesco di Carlo Verdone, l’accento della provincia romana di Sabrina Ferilli. Ho immaginato le feste cafone, sognato gli scenari mozzafiato della Città Eterna.
Il film, alla fine, mi è piaciuto molto. Forse non è il tipo di pellicola più adatta per un pubblico non vedente. Troppa importanza alle immagini. Pochi dialoghi, lunghi silenzi. In fondo, però, chi sono io per dirlo? Dov’è scritto che un silenzio e un bel panorama non possano essere percepiti anche senza la vista? Soprattutto se c’è chi te li racconta e te li fa immaginare. Sì, perché il sottoscritto (vedente) e il pubblico in sala (in gran parte non vedente) non eravamo soli in questa avventura. Ci accompagnava la voce di una donna. Una voce calda, ben scandita, professionale e senza inflessioni dialettali. La guida ci spiegava tutto quello che non potevamo sentire. E il risultato è stato stupefacente.
Si chiama audiodescrizione, ed è la risposta concreta a un problema che riguarda tutte le persone – parliamo di circa 3 milioni, in Italia, tra ciechi e ipovedenti – che non riescono a vedere un film o un programma televisivo. Per garantir loro il diritto alla fruizione dei prodotti culturali esistono fior di leggi. Ultima la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità [Legge dello Stato Italiano 18/09, N.d.R.], che all’articolo 30 (Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport) stabilisce: «Gli Stati […] riconoscono il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale e adottano tutte le misure adeguate a garantire […] l’accesso a programmi televisivi, film, spettacoli teatrali […] in formati accessibili». Ma, si sa, quanto a legislazione l’Italia è all’avanguardia nel mondo. Peccato che poi nessuno le applichi, le Leggi. E che le sanzioni per chi non fa quello che è scritto non siano neanche prese in considerazione.
Aspettando quindi il giorno in cui qualcuno faccia applicare le norme, ci si organizza da soli. Si producono le audiodescrizioni dei film, partendo da quelli di prima visione. E si inventa un’applicazione che permette di scaricarle e di fruirne quando si vuole, al cinema o davanti alla TV. «Con l’audiodescrizione – spiega Laura Raffaeli, presidente dell’Associazione Blindsight Project – si descrive oggettivamente ogni azione non parlata. Si illustra quello che è rilevante per la storia: i personaggi, le loro espressioni, i luoghi».
La sua ONLUS ha appena presentato le linee guida per una corretta audiodescrizione: «Va lasciata la libera interpretazione del messaggio che il regista vuole trasmettere e bisogna fare attenzione a che gusti e opinioni del descrittore non interferiscano con stile e concetti. Il testo dev’essere letto dalla voce chiara e neutra, senza però distogliere l’attenzione dai dialoghi del film. Il linguaggio dev’essere preciso e mai evocativo. Ed è indispensabile avvalersi della collaborazione di una persona non vedente o ipovedente».
Una volta prodotta l’audiodescrizione – il cui costo, a detta degli esperti, varia tra i 1.000 e i 1.500 euro per film – bisogna riuscire a renderla accessibile al pubblico. Qui, per fortuna, viene in aiuto la tecnologia. E nasce MovieReading, una app inventata dalla Società Universal Multimedia Access, scaricabile gratuitamente su tutti i tablet, che permette di consultare un elenco di trenta titoli di film usciti nell’ultimo anno e di fare download della descrizione al costo di 1,79 euro l’uno.
Acquisito l’audio, il gioco è facile. Si entra nel cinema, o si accende il DVD, e quando il film parte, si avvia l’applicazione. In pochi secondi avviene la sincronizzazione e parte il racconto, che viene seguito in cuffia contemporaneamente all’audio del film (un consiglio: disattivare il telefono, perché altrimenti una telefonata può interrompere la descrizione).
«La “grande bellezza” è per me quella di poter andare al cinema in autonomia», commenta alla ine della pellicola Consuelo Battistelli, cieca da diciotto anni a causa di una grave malattia ereditaria. Prima di conoscere MovieReading, Consuelo – che lavora per IBM ed è consulente di Blindsight Project – andava al cinema lo stesso e si faceva raccontare il film dal suo accompagnatore. «Non tutti i miei amici, però, ne avevano voglia. Descrivere, poi, non è facile e bisogna mettersi in un angolo, altrimenti si disturbano gli altri spettatori».
Prima di utilizzare l’audiodescrizione, racconta ancora, aveva già “sentito” il film di Sorrentino. «Avevo percepito che si trattasse di un’opera importante, ma senza afferrarne il perché. Troppe cose mi erano sfuggite. Non avevo capito il personaggio della Ferilli, non avevo idea che la direttrice del giornale per cui lavorava Jep fosse nana e non sapevo nulla dei fenicotteri, che volano via dalla terrazza di fronte al Colosseo e preannunciano la scena finale, in cui anche il protagonista torna nella sua terra d’origine».
Ora che le soluzioni esistono, dicono i rappresentanti di Blindsight Project, bisogna trovare il modo per farle conoscere e per renderle fruibili. Dovrebbe pensarci lo Stato, come avviene da anni in tanti altri Paesi. Anche in questo caso, però, il panorama nazionale è desolante, con le Istituzioni concentrate su altre priorità, fondi pari a zero e Associazioni che non si mettono d’accordo tra di loro.
La scommessa diventa allora quella di rendere sostenibili imprese come quella di chi produce l’applicazione e le audiodescrizioni. Facendo in modo che riescano a coprire i costi e a garantire margini di profitto, dando lavoro, tra l’altro, a tanti non vedenti, indispensabili collaboratori nella produzione dei film “da sentire”.