Il 12 novembre scorso, confermando una sua consolidata giurisprudenza, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Sicilia (Sezione Prima), ha ribadito – tramite la Sentenza 2101/13 – il diritto degli alunni certificati con disabilità grave ad ottenere il rapporto di 1 a 1 per le attività di sostegno, anche per gli anni successivi, da parte del Ministero e, per esso, da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale, in quanto è il Ministero ad essere responsabile delle scelte gestionali di cui gli organi periferici sono meri esecutori.
Vale certamente la pena riprendere quasi integralmente la motivazione della Sentenza:
«La questione è stata risolta in senso favorevole a parte ricorrente in numerosi precedenti della sezione, alle cui motivazioni, per esigenze di sintesi, si rinvia (per tutte la sentenza n. 360 del 24 febbraio 2011), nelle quali è stato, in particolare, affermato che il quadro costituzionale e legislativo è nel senso della necessità per l’amministrazione di erogare il servizio didattico predisponendo, per l’ipotesi di disabilità, le misure di sostegno necessarie per evitare che il discente altrimenti fruisca solo nominalmente del percorso di istruzione, essendo impossibilitato ad accedere ai contenuti dello stesso in assenza di adeguate misure compensative e che tale rapporto di adeguatezza va parametrato in funzione dello specifico e concreto ciclo scolastico frequentato.
Ne deriva la fondatezza del gravame e il conseguente riconoscimento del diritto all’insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1 con condanna dell’Amministrazione a garantire il servizio di cui trattasi non solo relativamente all’anno scolastico in corso, ma anche per i successivi.
In applicazione dell’art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a. [Codice del Processo Amministrativo, N.d.R.], laddove si prevede che in caso di accoglimento del ricorso il giudice dispone le misure idonee ad assicurare l’attuazione del giudicato, il collegio ritiene, infatti, di potere statuire sull’effetto conformativo derivante dalla presente pronuncia come fatto in molteplici recenti decisioni, alle cui ampie motivazioni, per esigenze di sintesi, si rinvia (ex plurimis sent. n. 1818/2013).
Ne deriva che la domanda di accertamento della illegittimità della condotta dell’amministrazione deve essere accolta, con conseguentemente riconoscimento del diritto del minore ricorrente ad essere assistito, durante le ore di frequenza scolastica, da un insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1, con ogni conseguente obbligo in capo all’Amministrazione resistente, fino a quando non risulti documentalmente modificata una delle due condizioni – ad oggi riscontrate in positivo – su cui si fonda l’affermazione di tale diritto (stato di disabilità grave; valutazione da parte del piano scolastico individualizzato, o di altro documento equipollente, della necessarietà di tale rapporto al fine della effettività della frequenza scolastica)».
Dopo avere poi rampognato il Ministero, per la sua pervicace resistenza a tutte le richieste documentate dalla Diagnosi Funzionale e dal PEI (Piano Educativo Individualizzato) di ore di sostegno in deroga, il TAR siciliano ha condannato il Ministero stesso alla rifusione delle spese e al risarcimento dei danni non patrimoniali, liquidandoli in 1.000 euro per ogni mese di ritardo a decorrere dalla data di notifica del ricorso. Ciò per il principio processuale che le decisioni delle Sentenze retroagiscono alla data di presentazione della domanda.
Così viene giustificata tale condanna: «[…] la determinazione oggetto di gravame è intervenuta malgrado la esistenza di numerosissimi precedenti della sezione sfavorevoli al Ministero resistente, che, ciononostante, continua, anno dopo anno scolastico, a reiterare provvedimenti all’evidenza non conformi alla normativa in materia di tutela dei disabili.
Ciò precisato in ordine all’illegittimità della assegnazione ed alla colpa, il danno è individuabile negli effetti che la, seppur temporanea, diminuzione delle ore di sostegno subita ha provocato sulla personalità del minore, privato del supporto necessario a garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale” [grassetto nostro nella citazione, N.d.R.]».
A questo punto, nel sottolineare l’importanza della riaffermazione del diritto al sostegno operata dalla Sentenza, va però evidenziato anche il rigetto della richiesta della continuità didattica con lo stesso docente, dovuto – secondo il TAR siciliano – al rispetto dell’autonomia gestionale della scuola.
Ciò che invece lascia perplessi è la logica sottesa a questo – come a tutti gli altri pronunciamenti simili della Magistratura di merito e di legittimità, anche Costituzionale – circa la coincidenza del diritto allo studio degli alunni con disabilità con il diritto alle ore di sostegno, inteso come unica risorsa che garantisce la realizzazione del diritto stesso.
Infatti, tutta la motivazione sopra riportata insiste ossessivamente su tale concetto, ignorando totalmente il principio basilare dell’inclusione scolastica che vede l’insegnante per il sostegno – proprio come dice la parola – essere un semplice “sostegno”, mentre la presa in carico fondamentale del progetto d’inclusione è e dev’essere di tutto il Consiglio di Classe e quindi in primo luogo dei docenti curricolari.
Tuttavia – come già si è avuto occasione di scrivere più volte anche su queste pagine – il Ministero non è in grado di affermare in giudizio che la presa in carico sia effettivamente operata dai docenti curricolari, perché non esiste una formazione obbligatoria iniziale e in servizio sulle didattiche inclusive, da parte di questi ultimi, e perché le classi sono quasi sempre troppo numerose. Ove quindi il Ministero riuscisse a dimostrare la presenza nelle classi delle condizioni sopra indicate, sicuramente subirebbe molte meno condanne all’aumento delle ore di sostegno e del risarcimento dei danni.
Anche a costo, quindi, di ripetersi, ci si augura una volta ancora che l’Amministrazione Scolastica voglia finalmente dare attuazione generalizzata al Decreto Ministeriale 249/10 e all’articolo 16, comma 1, lettera b della recente Legge 128/13 – entrambe norme che prescrivono la formazione obbligatoria iniziale e in servizio dei docenti, sulle didattiche inclusive -, nonché agli articoli 4 e 5, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09 sul tetto di 20, massimo 22 alunni, nelle classi frequentate da studenti con disabilità.