Una concorrente con disabilità al “Grande Fratello”

di Marta Pellizzi*
«Un contributo reale all’elaborazione di una “nuova identità” del “disabile in TV” - si chiede Marta Pellizzi - oppure la solita maschera, esibita per dare un contentino “anche” ai “disabili”?». Una riflessione che prende spunto dalla partecipazione di una concorrente con disabilità alla tredicesima edizione di “Grande Fratello”, il popolare programma televisivo di Canale 5 che ha preso il via in questi giorni
Valentina Acciardi
Valentina Acciardi, donna con disabilità, concorrente del programma “Grande Fratello 13”

Qualcuno lo ha già definito “sociale”, il nuovo Grande Fratello, la cui prima puntata è andata in onda il 3 marzo su Canale 5, ma la prima impressione è stata quella di un programma che “raccatta tutto” perché ormai privo di altre scelte, una “botte piena di gaffe” che mette in mostra le menomazioni e che chiama questa veicolazione “cultura”.
A chi scrive sembra infatti una trovata che guarda all’audience quella di inserire tra i concorrenti una ragazza menomata del braccio destro, presentata come una sorta di “angelo” che farà cambiare l’opinione sui reality show.
Nulla di personale, naturalmente, contro i concorrenti e la concorrente in questione, ma trovo a dir poco discutibile questa scelta e cioè il fatto di fare di tutto, pur di dare credibilità a un programma già scadente in partenza.
Non credo che le sorti di una TV commerciale possano cambiare di molto, se all’interno dei suoi programmi inseriamo persone che la massa crede “deboli” e capaci di ricevere “consensi penosi”. Sicuramente la produzione del programma ha trovato utile questo nuovo stereotipo: la ragazza “disabile”, infatti, può dare un nuovo volto al programma, magari dando più vigore a un freddo modo di comunicare.

I reality spopolano ormai da più di un decennio e dopo un po’ credo se ne sia avuto abbastanza. All’inizio la novità attirava molte persone, ma oggi questo tipo di programma non trova più grandissimo interesse da parte del pubblico. Dunque si tenta con l’esasperazione e la ricerca di nuovi personaggi, per provare a strappare qualche consenso positivo.
Purtroppo la qualità generale – a mio avviso, si intende – è bassa e il tutto cade nel frivolo, nell’inutilità, nel gioco perverso del marketing e del “commercio di contenuti”. Ma dove sta il senso di tutto ciò?
L’insano modo utilizzato dalla televisione per attirare su di sé l’attenzione è certamente qualcosa che è destinato a cambiare il pensiero di molte persone. I contenuti incidono sulla massa degli spettatori e il senso di quello che viene detto può effettivamente modificare la concezione del “disabile tipo”. Quindi cosa si otterrà questa volta? Di certo, molto poco.
Mi sono infatti sempre chiesta dove stessero i “disabili” in TV e pare che da un giorno all’altro qualcuno si sia accorto della nostra presenza su questa terra e del valore delle nostre storie. Nello specifico di Grande Fratello – anche se qualcosa c’era già stato in passato – ci sono volute molte edizioni (esattamente tredici) prima di avere una concorrente “disabile” e non solo. Forse gli autori sperano che inserendo storie particolari si ottenga di più.
Questo andamento – allora – contribuirà sul serio all’elaborazione di una “nuova identità” del “disabile in TV” oppure siamo alla solita maschera, esibita per dare un contentino anche ai “disabili”?

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