La scelta dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, non è certamente casuale per un incontro che tratta i temi legati alla salute della tiroide e della gravidanza: una data simbolo per sottolinearne la pertinenza al genere femminile e perché il buon funzionamento della tiroide materna è un presupposto essenziale per un fisiologico decorso della gravidanza e un regolare sviluppo del nascituro.
Tiroide donna e bambino è il titolo di un incontro scientifico, promosso dall’Azienda Ospedaliera – Università di Padova, aperto alla partecipazione delle Associazioni dei pazienti, che si terrà appunto sabato 8 marzo nella città veneta, presso l’Aula Magna del Palazzo del Bo (sede centrale dell’Ateneo padovano) e che ha l’obiettivo di fornire le principali informazioni sulla salute della tiroide in gravidanza.
«Le malattie della tiroide – dichiara Marco Boscaro, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Endocrinologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova – colpiscono circa 6 milioni di persone in Italia e quasi 700.000 nel Veneto: l’80% è costituito da donne. Il benessere della tiroide è strettamente legato allo iodio, un minerale che contribuisce allo sviluppo e al funzionamento della ghiandola tiroidea, la cui integrazione, raccomandata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), consiste nell’impiego del sale iodato. Il nostro Paese è endemicamente a carenza iodica e lo sono anche i territori che si affacciano al mare perché, contrariamente a quanto si sia portati a pensare, la quantità di iodio assorbita con l’aria è trascurabile e del tutto insufficiente a garantire un corretto apporto iodico. Un insufficiente apporto alimentare di iodio è la principale causa di gozzo, ancora presente in alcune zone d’Italia».
«Gli effetti negativi della mancanza nutrizionale di iodio – prosegue Boscaro – sono però ancora più rilevanti in gravidanza, a causa della maggiore necessità di questo elemento per la gestante e per il nascituro; si calcola infatti che l’apporto iodico giornaliero in gravidanza vada incrementato di circa il 50%. Una carenza di iodio in corso di gravidanza può avere conseguenze negative importanti sullo sviluppo psico-neurologico del bambino. Durante la gestazione infatti, gli estrogeni aumentano l’escrezione renale di iodio, che porta a un incremento del fabbisogno di questo microelemento. Inoltre, sempre durante la gravidanza, la funzionalità tiroidea della futura mamma aumenta del 50%, dal momento che la tiroide del feto si sviluppa solo dal terzo mese e, conseguentemente, è la tiroide materna a funzionare per entrambi, potendo soddisfare le nuove esigenze solamente con un corretto apporto di iodio, che è indispensabile assumere non solo a gravidanza avviata, ma anche nel periodo precedente e proseguendo anche nel periodo dell’allattamento. L’apporto iodico serve alla mamma e anche al bambino per completare lo sviluppo neuronale».
«Nel pianificare una gravidanza – sottolinea dal canto suo Giovanni Battista Nardelli, direttore dell’Unità Operativa Complessa della Clinica Ginecologica e Ostetrica del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino di Padova – non dovrebbe mai mancare il controllo della funzionalità tiroidea, almeno nelle persone che presentano una familiarità tiroidea, oppure il diabete, una malattia autoimmune, la celiachia, la psoriasi o anche in caso di obesità, condizioni in cui spesso si può riscontrare un problema tiroideo. In queste situazioni il desiderio di un figlio potrebbe essere ostacolato perché i problemi alla tiroide sono spesso causa di difficoltà nel concepire (infertilità e anovularietà), o possono essere associati ad alti tassi di abortività».
«Come le altre ghiandole endocrine – aggiunge Caterina Mian, endocrinologa del DIMED (Dipartimento di Medicina) di Padova – anche la tiroide può funzionare troppo o troppo poco. In Italia il 10% della popolazione femminile è colpito da una malattia cronica su base autoimmune, la tiroidite di Hashimoto, che porta nel tempo alla distruzione della ghiandola, causando uno stato di ipotiroidismo. Recenti studi dimostrano che il processo di distruzione della ghiandola tiroidea può essere rallentato attraverso dosi fisiologiche di selenio in grado di ridurre il titolo degli anticorpi antitiroidei. I risultati di questo studio, pubblicato dalla rivista “Clinical Endocrinology” dimostrano che il selenio può avere un’azione protettiva nei confronti della tiroide, rallentando la progressione del processo infiammatorio provocato dall’aggressione autoimmune».
«Quando poi la tiroide funziona poco – prosegue Mian – la terapia sostitutiva con l’ormone tiroideo sintetico (levotiroxina) è la risposta perfetta e capace di sopperire pienamente o di integrare l’attività di una tiroide pigra o mancante. L’ipotiroidismo è una malattia sistemica che coinvolge il cuore, la circolazione, il sistema nervoso, l’apparato digerente, la contrazione muscolare e la funzione riproduttiva. La terapia è piuttosto semplice e si basa sulla somministrazione della levotiroxina assunta in singola dose giornaliera a digiuno, con un dosaggio che dev’essere attentamente personalizzato».
«Se poi la condizione di ipotiroidismo viene diagnosticata durante la gravidanza – conclude l’endocrinologa – è essenziale che la personalizzazione del corretto dosaggio dell’ormone sintetico, che normalmente viene fatta seguendo un criterio di gradualità, avvenga in tempi strettissimi al fine di raggiungere gli obiettivi terapeutici nel più breve tempo possibile. In questi casi le nuove formulazioni di levotiroxina liquida offrono indiscutibili vantaggi, presentando il miglior profilo di assorbimento e il minor rischio di interferenze».
Va ricordato in conclusione che presso l’Unità Operativa di Endocrinologia dell’Ospedale di Padova è attivo l’Osservatorio Regionale di riferimento per il monitoraggio della carenza iodica nel Veneto, struttura presso la quale è possibile effettuare il dosaggio della quantità di iodio nella urine (ioduria), che rileva quale sia l’apporto iodico giornaliero.
Secondo i dati raccolti da tale Osservatorio, solo il 13% delle donne in gravidanza mostrano un apporto di iodio ottimale durante il periodo della gestazione, deficit che risulta particolarmente evidente nelle donne extracomunitarie.
Infine, lo status iodico nella popolazione scolastica veneta, in base alla più recente ricognizione conclusasi nel 2011, ha dimostrato che più della metà dei bambini tra i 12 e i 13 anni presentava un apporto iodico non adeguato, segno evidente della necessità di proseguire l’opera di sensibilizzazione al corretto apporto iodico nei bambini stessi. (Maria D’Acquino)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: m.dacquino@vrelations.it.
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