Vogliamo finalmente risolverla la questione delle ZTL?

di Simone Fanti*
Un iter sempre disagevole, con la quasi certezza, poi, di ricevere comunque la multa: resta sempre un percorso a ostacoli, quello delle persone con disabilità che accedono alle Zone a Traffico Limitato (ZTL) di Comuni diversi dal proprio, ma Simona Petaccia, con la sua Associazione Diritti Diretti, non demorde e forse riuscirà a far partire un tavolo di discussione nazionale, per tentare di risolvere il problema tramite il Telepass
Casello autostradale
Sarà il Telepass a far superare i vari disagi tuttora esistenti, per l’accesso alle ZTL (Zone a Traffico Limitato), da parte delle persone con disabilità?

ZTL (scioglilingua per Zone a Traffico Limitato), ovvero molte croci e poca delizia. Le persone con pass per disabili sono autorizzate ad entrare nei centri cittadini, eppure mai una volta che si transiti indenni: la multa arriva sempre (con costi per Comuni e popolazione).
È una prassi ormai consolidata: si arriva in auto fino all’area limitata, si cerca il cartello che indica quale numero verde o call center contattare per lasciare i dati – sempre che sia stato posizionato e non imbrattato dai vandali -, si attende in linea qualche minuto (attesa variabile tra dieci minuti e mezz’ora, sempre che sia orario d’ufficio e non pausa pranzo), si forniscono targa del veicolo e numero del pass e si accede. Ma immancabilmente la gabella arriva a casa entro tre-sei mesi.
Non resta che fare ricorso. Così sul desktop del computer molte persone con disabilità hanno già una cartellina con il facsimile del ricorso al Giudice di Pace o i documenti da presentare alla Polizia Municipale e le fotocopie del materiale da inviare.

Ma c’è anche chi, stufo di quella che sembra una presa in giro, ha preso carta e penna e ha scritto al Ministero per proporre una soluzione. Simona Petaccia, battagliera persona con disabilità di Chieti, fondatrice e presidente dell’Associazione Diritti Diretti, sta infatti cercando di organizzare un tavolo di discussione con i rappresentanti dell’ANCI (l’Associazione Nazionale dei Comuni), con Società Autostrade per l’Italia, con la Società Henable e con i Ministeri delle Pari Opportunità e di Infrastrutture e Trasporti [se ne legga già anche nel nostro giornale, N.d.R.].
L’idea è semplice, relativamente poco costosa, e facilmente attuabile: utilizzare il Telepass per scremare gli accessi consentiti o non consentiti nelle aree cittadine.

«Purtroppo al momento – racconta la stessa Simona Petaccia – siamo bloccati. Infatti, il cambio di Governo, come mi è stato risposto dal Ministero, ha rallentato il processo di apertura del tavolo. Però, appena la situazione si sbloccherà, saremo pronti ad aprire la discussione».
Ma meglio il Telepass oppure un piccolo chip a radiofrequenza inserito nel pass disabili (sensibile quindi agli scanner che controllano i varchi di accesso alle città), come già ipotizzato per il nuovo pass europeo? «Trascorrerebbe troppo tempo prima di riuscire a sostituire tutti i documenti di transito, difficoltà verificabile anche dal fatto che molti Comuni, pur essendo entrato in vigore da tempo il pass di standard europeo di colore blu, continuano a distribuire ancora quello arancione», risponde sicura Petaccia, che ha già fatto fare una valutazione dei costi ai responsabili di Henable, Società che sviluppa applicazioni (app) nel campo dei trasporti e della disabilità, come Henable ZTL, nato su un’idea di Ferdinando Acerbi [se ne legga già ampiamente anche nel nostro giornale, N.d.R.].
Secondo la Presidente di Diritti Diretti, quindi, «una soluzione come quella del Telepass necessiterebbe di minori modifiche: qualche campo in più al momento della compilazione e l’adeguamento al Telepass stesso delle porte di accesso delle ZTL». Già oggi, del resto, in molte strutture si può utilizzare questa tecnologia per pagare i parcheggi agli aeroporti. «Ma soprattutto – conclude Petaccia –  sarebbe uno standard unico per tutta l’Italia».

Testo apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Ztl: passo anch’io? No tu no!”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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