Si fa presto a dire carrozzina, direte voi che ve ne intendete, e avete ragione. Presto a dirlo e difficile a farlo, cioè a scegliere la carrozzina idonea.
Anni fa, Silvia (non tanti, per carità, perché se mi sente… non si dice mai l’età delle ragazze, ancor giovani assai, ma non più bimbe…) aveva in dotazione un’unica carrozzina, un modello gagliardamente robusto, del peso di circa 25 chili, in grado di reggere più o meno lo stesso peso di Silvia all’epoca, più i 30 chili delle varie attrezzature raccomandabili: zaino con ambu [il pallone autoespandibile comunemente conosciuto come pallone di ambu, strumento utilizzato dai soccorritori per il supporto dell’attività respiratoria e come manovra nella rianimazione, N.d.R.] e undici medicinali di pronto intervento, set di occhiali da sole griffati (modello esclusivo di noto stilista italo-bulgaro), aspiratore e accessori, visierina parasole Roland Garros e ombrellino parimenti parasole in stile Art Déco, di uso limitato ai mesi di luglio, agosto, nonché prima decade di settembre…
Il tutto spinto a braccia dall’allor gagliardo “uomo-bestia” (ovvero mulo da soma ovvero caregiver co-primario) e sempre a braccia issato il tutto (Silvia prima, la carrozzina poi) sulla vecchia Fiat Ulysse Botafumeiro, così nomata per via di un leggendario viaggio sino a Santiago di Compostela (il Botafumeiro, infatti, è il ciclopico incensiere più propriamente detto turibolo della cattedrale locale, tutto in argento e pesante svariate decine di chili).
Poi, con il passare degli anni e il declinare delle (mie) forze ci siamo “fatti furbi”, si fa per dire, e la carrozzina attuale è un modello “leggermente” più lieve (sui 15 chili circa), parimenti robusta e complicata in maniera analoga.
L’assunto di esser furbi va riferito al fatto che abbiamo cambiato macchina e ora abbiamo in dotazione un bel Mercedes Viano a passo normale, acquistato usato, ma come quasi nuovo. Il mezzo era del marito di una veterinaria astigiana che lo utilizzava non per trasportare gli elefanti del circo… ma le sofisticate attrezzature elettroniche della band ove suonava… Al solito, però, esco leggermente dal tema, come sempre mi rimproverava il professore di lettere alle medie…
Ebbene, detto Viano ha una bellissima rampa laterale monobraccio idraulica di primaria marca nazionale – che qui non viene nominata perché non ci ha ancora versato il corrispettivo pattuito per la campagna pubblicitaria 2014 -, costata molti soldi e moltissima fatica per convincere la Mercedes a lasciarcela omologare su un veicolo usato… Queste tedesche… come dice la rediviva Claudia Schiffer in uno spot pubblicitario vista questa notte in TV…
Ecco, tutto questo lunghissimo prologo voleva semplicemente significare che adesso basta schiacciare il pulsante giusto – a portiera laterale del veicolo ben aperta, altrimenti il sollevatore idraulico scardina inesorabilmente la portiera medesima – per far sì che Silvia, la carrozzina e tutti gli accessori prendano posto centralmente a metà della seconda fila di sedili, fila ipotetica perché naturalmente i sedili non ci sono, giacché ai comuni mortali non è lecito sedere a fianco della “Divina Creatura” (Silvia, non Claudia Schiffer).
Tralasciamo ora il sistema di ritenuta della carrozzina nonché di Silvia stessa sul Viano, che sarà oggetto – purtroppo per i Lettori – di un prossimo dettagliato articolo e torniamo alla carrozzina tout court. Di colore rosso (fuoco? camion dei pompieri? tramonto tropicale? ibisco in fiore?… non ne ricordo l’esatta tonalità), con telaio in lega di titanio-wolframio irrigidita con rare fibre di carbonio, disposte seconde le bisettrici di angoli di 2 parsec ciascuno, dotata di ruote a pressione zero-meno, mutuate pari-pari dai disegni tecnici del carro falcato corazzato pensato da Leonardo per la Battaglia di Anghiari… smontabile in ogni sua parte, operazione, quest’ultima, attuata invariabilmente e involontariamente da chi crede di aiutarci a superare alcune pendenze, malvagiamente poste da un demone burlone sulla nostra retta via ed ecco che il “Buon Samaritano” si ritrova con un bracciolo in mano per afferrare il quale si appoggia con il ginocchio semiflesso al pulsante di espulsione della ruota destra, provocandone il distacco ecc. ecc.
Accessorio indispensabile della carrozzina è naturalmente il poggiatesta, il cui congegno di blocco è inesorabilmente nascosto dallo zaino-portraguardaroba-da-cerimonie-ufficiali, allocato dietro lo schienale. Per sbloccare il poggiatesta stesso bisogna quindi sciogliere alcuni velcri di ritenuta dello zaino (nove o dieci, non ricordo bene), prendere la chiave n. 17 “passo inglese” dell’attrezzo multiuso made in Switzerland (Svizzera tedesca, mi raccomando!), alloggiato in fondo allo zaino stesso, senza spiegazzare l’uniforme di gala da colonnello onorario degli Ussari di Sua Graziosa Maestà la Regina Elisabetta, scaricare da YouTube il video delle istruzioni e compiere altre semplici operazioni alla portata di ogni “nativo digitale”. Essendo però il sottoscritto nato in un altro secolo, uso la forza bruta di un vecchissimo nonché debolissimo “homo insipiens” qual sono, per forzare manualmente l’aggeggio… che qualche volta gentilmente si sblocca.
E qui finisce il mio racconto, perché due robusti infermieri inviati dalla clinica psichiatrica nella quale Silvia mi ha fatto rinchiudere per via delle mie moleste farneticazioni moleste – anche se non capisco come faccia a pagarmi la retta con il suo miserrimo assegno di “accompagno”… – mi riportano nella stanza insonorizzata e ben imbottita dalla quale sono evaso…
A rileggerci.
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