Tra dichiarazioni del ministro Poletti, la spending review di Cottarelli, che dedica alle pensioni di invalidità ben 6 slide su 72 (più delle pensioni in generale che ne hanno 5 e della sanità che ne ha 2) e smentite del presidente del Consiglio Renzi, è ripartita, come ad ogni nuovo Governo, la “caccia al falso invalido” e relativo balletto di dichiarazioni, comunicati stampa, precisazioni, smentite.
In un nostro precedente contributo, su queste stesse pagine, uscito dopo un comunicato stampa della Guardia di Finanza sui controlli del 2013, dobbiamo ammetterlo, eravamo stati troppo ottimisti nel vedere finalmente pubblicati con correttezza i dati relativi al fenomeno delle truffe previdenziali e fiscali in Italia, che vedevano dati riportati correttamente e i “falsi invalidi” come fenomeno contenuto e largamente minoritario rispetto ad altri.
Riprendiamo quindi da capo e vediamo, con la “stagione di caccia 2014”, come si dipana la ricetta della costruzione mediatica del “falso invalido”, sommando ignoranza, dati inesatti, analisi frettolose e semplicistiche.
Prendiamo in esame in tal senso tre notizie apparse negli ultimi giorni sul sito di Tiscali, in «Sicilia Informazioni.com» e nel «Sole 24 Ore.it». Doverosa premessa è che si danno qui per scontate tutta una serie di questioni che nell’analisi sui media ogni volta sarebbe opportuno ricordare (differenza tra: invalidità e invalidità civile; “falsi invalidi” e invalidi a cui si riduce la percentuale; revisioni a visita e revisioni sugli atti; ritardi nelle procedure e avanzamento pratiche; prestazione erogate e numero dei percettori; ruoli di INPS/ASL/Corte dei Conti; diversità dei dati a seconda delle fonti ufficiali e altre ancora).
Primo: frullare gli ingredienti
Il 19 marzo scorso, il sito di Tiscali (Pensioni, Poletti: basta false pensioni di invalidità) riprende un’intervista al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, rilasciata a «Radio24». Citiamo testualmente dal sito: «“Ma ce n’è un altro [tema, N.d.R.]. Noi abbiamo una regola, che dice che in agricoltura, con 50 giornate di lavoro, per la 51esima si ha diritto all’indennità di disoccupazione. Il mondo è stranissimo, perché ci sono pezzi d’Italia dove abbiamo quantità inenarrabili di persone che fanno 51 giornate. Sto lavorando a cercare di far emergere queste false pensioni di invalidità”, ha concluso».
“Falsi braccianti” (4.200 nel 2013) e “falsi invalidi” (389) vengono dunque frullati insieme e si crea il primo elemento di confusione, genericità e banalizzazione, in cui tutto è una melma indistinta e se tale, è si può dire e raccontare qualsiasi cosa e sparare qualsiasi numero.
Secondo: citare fonti a caso, sparare assurdità, recuperare dati vecchi, mescolando accuratamente
Il 7 marzo scorso, il sito «Sicilia Informazioni.com» fornisce il proprio contributo “ricco di ignoranza” (ignorante, lo precisiamo, è il participio presente del verbo ignorare), rispolverando una notizia pubblicata nel maggio del 2013 dall’edizione palermitana della «Repubblica» e lo fa recensendo un articolo di una rivista specializzata, pubblicato nel febbraio di quest’anno e riferito a un convegno del 2013 in cui vengono citati i dati pubblicati sei mesi prima da «Repubblica».
Ma quali sono questi dati? Una fantomatica stima delle «associazioni sindacali» in cui viene detto che in Sicilia ci sarebbero 20.000 “falsi invalidi” su circa 300.000 pensioni erogate. Se lo dicono tre professori dell’Università di Messina sarà vero, uno pensa. Andiamo quindi a controllare gli atti di quel convegno e scopriamo che i professori hanno preso come fonte per le loro affermazioni… Chi? Vi chiederete… l’INPS? l’ISTAT? la Bocconi? Nemmeno per sogno! La fonte, infatti, è proprio quella notizia delle cronache palermitane di «Repubblica», che tra l’altro parla di «associazioni» e non menziona il sindacato.
Ma il giornalista prende per oro colato il “verbo universitario” che gli permette di dimostrare la sua padronanza dell’argomento. Peccato che proprio in coda all’articolo non resista e voglia rincarare la dose svelando la sua competenza. Citiamo testualmente: «Un’ultima annotazione di colore: nel 2010 il 50% dei pass per la circolazione delle autovetture dei disabili erano in mano a falsi invalidi, in grado proprio perché falsi di condurre un’autovettura». Bravo!… Se un invalido guida l’auto vuol dire che è falso e quindi sono false le oltre 400.000 patenti speciali per invalidi rilasciate in Italia (anno 2011)…
Se questa è la cultura di chi fa informazione, non possiamo meravigliarci che le “cacce ai falsi invalidi” si susseguano senza sedimentare alcune memoria di sé, riproducendo all’infinito luoghi comuni.
Terzo e ultimo: aggiungere mezzo chilo di dati sbagliati, inserire aggettivi a caso e cuocere in forno per mezz’ora
Se il sito «Sicilia Informazioni» non è certo tra le testate che ogni anno vengono candidate al Premio Pulitzer, ci si aspetterebbe invece una migliore qualità dal «Sole 24 Ore». E invece anche lì (Il buco nero delle invalidità Inps: costi per 16,6 miliardi. In 10 anni beneficiari raddoppiati, 24 marzo 2014) cosa salta fuori?… Di nuovo la cronaca locale di «Palermo/Repubblica» come prova inconfutabile che i “falsi invalidi” si annidano soprattutto nelle regioni meridionali.
Bene ha fatto pertanto la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) a pubblicare in «Condicio.it» le tabelle in cui si evidenza come i picchi di pensioni di invalidità siano proprio nelle Regioni in cui si spende meno, se non quasi nulla, in servizi per la non autosufficienza.
Ma l’idea di avere uno sguardo un po’ più complessivo sui temi dell’invalidità non sfiora nemmeno le pagine del «Sole 24 Ore», che non ha alcuna remora a definire come «inquietante» il fatto che 13 dei 16 milioni di spesa per l’invalidità siano «non pensioni vere e proprie ma indennità di accompagnamento che non necessitano di limiti di reddito». Per cui se una famiglia non è povera, deve farsi carico del congiunto gravemente non autosufficiente e nessun’altra analisi è necessario prospettare!…
Poi scappa la cosa più grossa e negativa, vogliamo sperare frutto di un clamoroso abbaglio. L’autore afferma infatti che, secondo la sua lettura dei dati della Corte dei Conti riferiti all’INPS per l’esercizio 2012 (pagina 58 di tale documento) risulterebbe una crescita delle prestazioni per l’invalidità, dal 2011 al 2012, di ben il 37%.! Quella, in realtà, è la percentuale del saldo tra domande pervenute e domande che hanno esitato nell’erogazione di una pensione in quegli anni, senza che si sappia in quale anno siano state presentate le domande che hanno determinato una pensione nel 2012. E diciamo questo ben sapendo dei ritardi enormi che la riforma del 2010 ha determinato nell’iter di tutta la filiera; quella stessa relazione della Corte dei Conti indica in 300/400 giorni i tempi necessari a seconda della tipologia di deficit.
Che poi se fosse vero il 37% del totale, si sarebbe trattato di un vero e proprio tsunami previdenziale! Forse, quindi, sarebbe meglio andare a leggere il Bilancio Sociale dell’INPS 2012 e verificare (a pagina 58) che l’incremento tra il 2011 e 2012 è stato in realtà dell’1,7% (l’anno precedente c’era stato un calo dell’1,8%).
Citiamo infine anche l’analisi socioeconomica che il «Sole 24 Ore» fa del fenomeno, riprendendo pari pari le tesi riportate nelle slide sulla spending review diffuse dal commissario Cottarelli: «Una corsa senza fine, complice probabilmente il morso della crisi ma non solo, dato che il numero delle indennità è di fatto raddoppiato nell’ultimo decennio, in contrasto con i dati demografici».
Queste spiegazioni – che non paiono tenere conto dell’andamento delle cause dei fenomeni invalidanti e della questione dell’invecchiamento della popolazione (siamo la nazione europea con i più alti tassi di longevità, la seconda al mondo dopo il Giappone) – non possono non dare ragione a chi sostiene che la politica non ha assunto ancora per nulla i temi legati alla non autosufficienza e che la recente Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità (Bologna, estate 2013) sia come non esistita in termini di categorie di politica sociale alla luce delle quali ragionare (sottosegretario Guerra, dove sei?…). Tutto ciò in barba alle decine di ricerche e di dati che si sfornano a incominciare dal 2007, anche da parte degli stessi Ministeri.
Ma lasciando nuovamente da parte le politiche sociali, cui forse il mondo della disabilità, informativamente parlando, dovrebbe tornare a prestare più attenzione, non si può che commentare amaramente la faciloneria di tante cose che si scrivono senza documentarsi seriamente (e non fermandosi alla prima pagina di Google…) e accettando acriticamente tutto, in parte anche per blandire l’opinione pubblica e dare in pasto possibili colpevoli della crisi.
Comunque i giornalisti delle testate citate, ma anche chi su «Panorama» del 2011 fu autore del celeberrimo numero con “Pinocchio in carrozzina” in prima pagina, adesso che all’Ordine dei Giornalisti è obbligatoria la formazione, avranno la possibilità, se vorranno, di capire meglio un tema che indubbiamente è estremamente complesso e con fonti spesso discordanti, date le diverse metodologie usate nel produrre dati (confrontate ad esempio i dati dell’INPS, quelli dell’STAT e quelli della Corte dei Conti e verificherete che le risultanze annuali sono spessissimo diverse).
Dal canto suo, il mondo della disabilità si organizzi e faccia proposte, pensando che, tra “assistenti sessuali” e giornalisti, forse è più urgente formare i secondi.