Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere

di Giulio Nardone*
«La Magistratura faccia tutto il suo dovere con la massima severità per coloro che delinquono - scrive Giulio Nardone, commentando le trasmissioni televisive di Massimo Giletti sui “falsi ciechi” -, ma non facciamo cattiva informazione o diffamazione di un’intera categoria di persone che hanno già abbastanza guai per i fatti loro, senza dover essere esposti alla pubblica riprovazione o al sospetto, per colpa di chi non vuole capire»
Massimo Giletti
«Se Massimo Giletti – scrive Giulio Nardone – avesse lasciato agli intervenuti in tutte e tre le sue trasmissioni sui “falsi ciechi” il tempo di chiarire le cose, ascoltando, invece di troncare i discorsi con domande tendenziose, probabilmente avrebbe capito alcune verità»

Di solito il proverbio del titolo è riferito ai sordi, ma calza perfettamente con il modus operandi del signor Massimo Giletti, reiterato e consolidato ormai da ben tre edizioni di Domenica In… L’Arena, un talk show della domenica pomeriggio che va in onda su RAI 1 di cui è conduttore.
L’indignazione per il suo comportamento è già stata manifestata – anche su queste pagine – dagli esponenti di diverse associazioni dei disabili visivi e non è il caso di ripetere ciò che è già stato autorevolmente e chiaramente denunciato come atteggiamento fazioso e del tutto chiuso alla comprensione degli argomenti svolti dagli esperti intervistati.
Forse, però, non è stato ancora detto apertamente quale sembra essere con tutta evidenza la tesi preconcetta del giornalista: “la presenza dei ‘falsi invalidi’, nella fattispecie dei ‘falsi ciechi’, dipenderebbe da una legge sbagliata che concede ‘l’accompagno’ a chi non ne ha bisogno”. Ed è per dimostrare questa tesi che il Giletti continua a fare scorrere le immagini di ciechi apparentemente “miracolati”, che vanno in bicicletta o che camminano da soli o che guardano l’orologio o che scelgono la merce da acquistare.

Ferma restando la nostra più feroce riprovazione e condanna per i “veri falsi ciechi” e per coloro che hanno firmato le false certificazioni, se Giletti avesse lasciato agli intervenuti in tutte e tre le trasmissioni il tempo di chiarire le cose, ascoltando, invece di troncare i discorsi con domande tendenziose, probabilmente avrebbe capito alcune verità.
Avrebbe capito, ad esempio, che il fortissimo desiderio di autonomia presente fortunatamente in numerosi ciechi li porta ad osare e a rischiare almeno i loro stinchi e che il cosiddetto “accompagno” – o “indennità di accompagnamento” che lo si voglia chiamare – non ha il solo scopo di poter avere un accompagnatore quando ciò è necessario, ma quello di “accompagnare” il cieco nell’affrontare tutte le sfide che la vita gli presenta, dalla difficoltà di trovare un lavoro a quella di procurarsi gli ausili tecnologici che gli sono indispensabili, purtroppo non sempre forniti dal Sistema Sanitario Nazionale.
Inoltre, pare che il Giletti non abbia capito – in questo aiutato a sbagliare anche dal rappresentante dell’INPS che ha partecipato alla trasmissione -, la differenza che c’è fra acuità visiva e campo visivo, dato che hanno parlato, ad esempio, di 3 decimi e non di 3 centesimi, che sono quelli previsti dalla Legge 138/01 [“Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici”, N.d.R.] come massima apertura del campo visivo per poter essere considerati ciechi assoluti.
Il conduttore non sa – e non ha lasciato dire a chi sapeva – che si può avere una visione tubolare di soli 3 centesimi e in quel forellino di luce poter distinguere una mosca sulla parete a 4 metri di distanza. Ma il problema è che se il cieco – che tale è per la legge – fissa la mosca, non può accorgersi di un ladro che attraversa la porta a poche dita di distanza dalla mosca stessa. Non è quindi un errore della legge se definisce “cieco assoluto” chi riesce a leggere il giornale, ma  percependo soltanto alcune lettere di una parola e dovendo spostare lo sguardo di centimetro in centimetro per le parole successive, o chi per guardare l’ora, deve prima cercare e individuare con movimenti millimetrici la posizione delle sfere.
A chi è colpito ad esempio dalla sindrome di Stargardt, una forma particolare di retinopatia, può capitare di camminare su un marciapiede fissando intensamente e continuamente tutte le vetrine e persino il muro che separa due negozi. Ma in realtà, per lui non c’è nessuna differenza tra vetrina e muro, perché la visione centrale è assolutamente mancante e quell’espediente gli serve soltanto  per poter intravedere, con la “coda dell’occhio” – l’unica parte della rètina ancora attiva – le ombre di ostacoli e di persone, in modo da poterli evitare. Ed ecco allora un altro “falso cieco” che cammina speditamente!

Lasciamo quindi che la Magistratura faccia tutto il suo dovere con la massima severità per quegli sciacalli che delinquono, ma non facciamo per ignoranza cattiva informazione o diffamazione di una intera categoria di persone che hanno già abbastanza guai per i fatti loro, senza dover essere esposti alla pubblica riprovazione o al sospetto, per colpa di chi non vuole capire.
Controllare è giusto, ma lo si faccia seriamente, magari a campione: piantiamola, infatti, anche con la farsa dei cosiddetti “controlli”, fatti obbligando gli invalidi a ripresentare la stessa documentazione che è già in possesso delle ASL, e che non sarebbe quindi consentito chiedere di nuovo, o di quelli fatti ai ciechi da un medico generico che non possiede neppure lo strumento per guardare il fondo dell’occhio o dal medico (ma sarà laureato?) che per scoprire l’imbroglio chiede a un tetraplegico se si può alzare in piedi!

Tra i tanti messaggi e testimonianze ricevuti su tale questione, abbiamo scelto di segnalare il video realizzato da Patrizia Faccaro, donna affetta da retinite pigmentosa, che crediamo possa rappresentare una posizione condivisa da molti altri.

Presidente dell’ADV (Associazione Disabili Visivi).

Share the Post: