Nell’antica Vada Sabatia (Vado Ligure, in prossimità di Savona), la strada consolare romana Aurelia lasciava il mare per seguire un tortuoso percorso interno verso le Gallie.
Oggi, sempre a Vado Ligure, a due passi dalla contestatissima centrale a carbone, sotto accusa per centinaia di morti sospette, la struttura di ricovero Vada Sabatia (un gigante dalla tribolatissima storia) ha segnato il confine tra le cose che non bisogna assolutamente fare e quelle delle quali c’è un disperato bisogno affinché la vita delle persone con disabilità non sia ancora una volta – almeno la quarta in pochi anni nella stessa Regione! – oltraggiata, ferita e magari spenta, proprio a partire da chi dovrebbe invece custodirla, curarla, sostenerla.
Ciò che è successo in quella struttura – ennesimo tragico caso di “residenza lager” – è negli occhi di tutti: le videocamere hanno ripreso e i telegiornali diffuso scene terribili di iterate violenze, quasi di odio verso il genere umano. E ora tutti si pongono una domanda: come è stato possibile che tanti operatori, sembra ben dodici, si comportassero così male, così frequentemente e così in contrasto con la propria professione e con la legge, senza che i superiori ne avessero sentore?
Le nostre famiglie, da sempre oppresse dal pensiero del “dopo di noi” e di quella fase della vita nella quale lo scemare delle forze dei genitori crea ansie e preoccupazione per i figli, non credono che tutto questo sia stato possibile e individuano due livelli di responsabilità: uno interno alla gestione della struttura e l’altro di un mancato efficace controllo pubblico.
Sarà ora il corso della legge degli uomini a determinare le responsabilità delle singole persone e già adesso, secondo la stampa locale, affiorano tracce di fatti antecedenti che avrebbero dovuto generare efficaci e tempestivi provvedimenti. Pare infatti, tra l’altro, che la maggior parte delle persone arrestate non avessero la qualifica richiesta dalle mansioni che svolgevano.
Noi certo non abbiamo apprezzato le mancate immediate dichiarazioni dei vertici della Regione Liguria e la sconcertante ammissione del direttore generale dell’ASL competente sul fatto che i dati relativi ai controlli effettuati negli ultimi anni non fossero al momento disponibili e che dovessero essere forniti solo successivamente.
Anche sulla prevedibilità dei controlli, poi, si è mormorato parecchio: secondo alcuni, infatti, sarebbero stati addirittura preannunciati telefonicamente, ciò che li avrebbe privati di ogni efficacia.
In ogni caso, tutti i fatti sin qui riportati, al di là dell’aspetto penale, possono essere riassunti in un unico sentimento: la vergogna. Vergogna che dovrebbero provare tutte le persone e non solo quelle inquisite o sfiorate dai terribili fatti in corso di accertamento. Vergogna che noi proviamo come cittadini che vivono in un Paese ove si permette il periodico ripetersi di simili tragedie umane.
Sul tema trattato nella presente nota, suggeriamo anche la lettura, nel nostro giornale, del testo intitolato “La favola brutta”, scritto sempre da Giorgio Genta.
Ufficio Stampa Federazione Italiana ABC (Associazioni Bambini Cerebrolesi).
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