Avevamo dato visibilità, nelle scorse settimane, alla drammatica situazione di Reggio Calabria, dove vi era il rischio concreto che dal 28 aprile cessassero una serie di servizi rivolti anche alle persone con disabilità, a causa dei mancati pagamenti nei confronti delle organizzazioni di Terzo Settore che quei servizi svolgono.
Quel rischio è stato per ora fugato, dopo che quelle stesse organizzazioni hanno deciso – ma solo momentaneamente – di non procedere il 28 aprile con la preannunciata sospensione, come spiegato in una nota.
E tuttavia, ciò non ha certo mutato la sostanza dell’appello lanciato da Luciano Squillaci, portavoce del Forum del Terzo Settore Reggino, cui diamo qui di seguito ben volentieri spazio. In esso, infatti, si “allarga l’orizzonte” al di là di Reggio Calabria, guardando ad altre realtà esposte a rischi analoghi e ponendo un quesito fondamentale: perché i servizi sociali non fanno parte dei cosiddetti “servizi locali indispensabili”?
«Siamo molto preoccupati – sottolinea dal canto suo Pietro Barbieri, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore – per questa carenza normativa e ci auguriamo che l’appello del Forum Reggino venga raccolto e ascoltato e che vengano garantite ancora quelle condizioni minime di civiltà, rispetto, uguaglianza, solidarietà e dignità». (S.B.)
«“Esistono leggi non scritte ben più importanti dei tuoi decreti!”: Antigone, donna coraggiosa, così si oppose al tiranno Creonte… Ebbene, in Calabria, guarda caso proprio a Reggio, l’antica Rhegion cuore della Magna Grecia, sta accadendo esattamente ciò per cui Antigone lottò contro l’epica ingiustizia degli “ordini urlati” di Creonte. La differenza, però, è che mentre la fiera tebana combatteva per dare degna sepoltura al fratello Polinice, contro il volere del nuovo tiranno, a Reggio un Decreto ingiusto rischia di “seppellire” i diritti più elementari dei cittadini più fragili e poveri.
Si faccia però bene attenzione: non si tratta dell’ennesima tragedia di una terra martoriata. Non si tratta di un drammatico appello di una città già in ginocchio. Non è dovuto ai “soliti problemi locali”. Ciò che sta succedendo a Reggio, sappiamo per certo che è già avvenuto in altri Comuni (Napoli, ad esempio), e se non si interviene con immediatezza, prima o poi accadrà in ogni Comune che si dovesse trovare ad attraversare una crisi economica, finanziaria o anche semplicemente di liquidità. E tutti sappiamo molto bene che i Comuni italiani a rischio in questo momento sono tantissimi, dal Nord al Sud della penisola.
Stiamo parlando di un Decreto del Ministero dell’Interno, emesso di concerto con il Ministero del Tesoro, risalente al 28 maggio del 1993 e che indica nel suo primo articolo i cosiddetti “servizi locali indispensabili”, quei servizi cioè, per dirla in parole semplici, che non possono essere interrotti perché essenziali per la vita della Comunità. Un precedente Decreto Legislativo (504/92) li aveva definiti come «condizioni minime di organizzazione dei servizi pubblici locali diffusi sul territorio con caratteristica di uniformità».
Il tutto ovviamente ha sottesa una motivazione economica. Qualche mese prima del Decreto Ministeriale, infatti, ed esattamente il 18 gennaio del 1993, il Decreto Legge 8/93, convertito nella Legge 68/93, aveva stabilito la necessità di individuare i suddetti servizi, al fine di determinare la “non assoggettabilità ad esecuzione forzata” delle somme necessarie per garantirli.
In altre parole, lo Stato – legittimamente – ha inteso sottrarre ai tanti creditori dei Comuni (e anche delle Province e delle Comunità Montane) la possibilità di pignorare i fondi necessari per pagare gli stipendi degli impiegati comunali, per le forniture d’acqua, per i cimiteri, per le fognature, per le scuole, per la nettezza urbana, ma anche per gli organi istituzionali, per l’anagrafe, lo stato civile, il servizio statistico. Insomma c’è di tutto, e anche di più.
Ciò che manca, però, guarda caso, sono i servizi sociali, quei servizi cioè che ogni Comune deve garantire, in ossequio alla Carta Costituzionale e alla stessa legge (si pensi ad esempio alla Legge 328/00, che richiama espressamente ai livelli essenziali di assistenza). Servizi che, evidentemente, non vengono ritenuti “essenziali” e solo perché un Decreto miope e datato, anteriore alla riforma costituzionale del 2001, non li elenca tra quelli che determinano le «condizioni minime».
E allora dovremmo chiederci: quali sono le condizioni minime? Non è forse condizione minima di civiltà il fatto che gli anziani vengano assistiti, che le persone con disabilità possano fruire di trasporto e centri diurni, che i giovani e i minori abbiano opportunità educative, che vi sia assistenza domiciliare, lotta alla povertà, all’emarginazione, accoglienza di migranti e rifugiati?
Forse può non esserlo per gli ordini gridati di Creonte, ma certo non può non esserlo per quelle leggi non scritte, che insegnano solidarietà, uguaglianza e dignità. Non sempre le leggi sono giuste e non sempre, purtroppo, la legalità coincide con la giustizia.
Ecco perché, come Antigone, ci troviamo a gridare disperati perché non vogliamo assistere, nel nostro Paese, alla morte definitiva della giustizia sociale. Chiediamo perciò a gran voce:
– a tutti coloro i quali ne hanno il dovere istituzionale, a partire dai Ministri e dai Parlamentari della Repubblica, di intervenire con immediatezza per eliminare tale indicibile vergogna, inserendo i servizi verso i cittadini più deboli e fragili tra le condizioni minime, essenziali e irrinunciabili;
– a chiunque ne abbia competenza e potere di esercitare il proprio ruolo nel rimarcare l’indifferibilità di quei servizi che rappresentano ad oggi, in ogni angolo d’Italia, altrettanti diritti minimi di cittadinanza, livelli essenziali di assistenza;
– alla cosiddetta Società Civile, a tutti i cittadini che si riconoscono nei valori fondanti della Carta Costituzionale, di esercitare la propria sovranità, sancita dall’articolo 1 della Costituzione stessa, pretendendo dalla classe politica dirigente l’inserimento dei servizi sociali tra le condizioni minime di civile convivenza.
Luciano Squillaci – Portavoce del Forum del Terzo Settore di Reggio Calabria».
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