Due buone notizie sono arrivate dal Primo Maggio. Ce n’è bisogno come il pane in un momento durissimo per l’occupazione tutta, figuriamoci per le cosiddette “categorie protette” che, a quanto risulta dai dati più recenti, nell’84% dei casi sono senza lavoro, con 750.000 persone letteralmente parcheggiate nelle liste di collocamento e gran parte delle aziende che eludono la legge – segnatamente la 68/99, sul diritto al lavoro delle persone con disabilità – o tutt’al più preferiscono pagare una penale di 57 euro al giorno piuttosto che assumere.
La prima notizia riguarda gli “eroi del momento”, ovvero quei sei giovani con sindrome di Down protagonisti dell’acclamatissimo programma Hotel 6 Stelle, andato in onda nei mesi scorsi su Raitre. Infatti, come già annunciato un paio di settimane fa su queste stesse pagine, c’è la prima assunzione “figlia della TV”. Il 28 aprile scorso, la romana Agnese Bucciarelli («contenta, ma un po’ agitata») ha iniziato il suo primo tirocinio lavorativo presso il fast food Burger King. Si spera che sia la prima di una lunga serie, visto che in tutto sono state circa quaranta le aziende interessate che si sono rivolte all’AIPD, l’Associazione Italiana Persone Down che è stata, com’è noto, tra i promotori e realizzatori di Hotel 6 Stelle.
Approfittando poi del momento di notorietà, la stessa Associazione – come abbiamo riferito nei giorni scorsi – ha lanciato una campagna per spingere ulteriormente l’inserimento lavorativo delle persone con trisomia 21. L’ha intitolata #downlavoro– che letta a voce alta diventa un’esortazione – e la sta spingendo sui social network. Testimonial, neanche a dirlo, i protagonisti di Hotel 6 Stelle, che in brevi clip video si autopromuovono (Edoardo è il “mago del cacciavite”, Benedetta fa i cappuccini migliori, Martina bravissima a fare le pulizie, Nicolas si sente un fico) e lanciano lo slogan del momento: «Voglio che il Primo Maggio sia anche la mia festa».
L’altra notizia positiva arriva da Lecco, dove la Provincia ha trovato un sistema per risolvere un problema che riguarda circa il 40% delle persone con disabilità iscritte alle liste di collocamento. La citata Legge 68/99, infatti, pur stabilendo le quote obbligatorie per le aziende (un disabile per le aziende con un numero di dipendenti compreso tra 15 e 35, due per quelle da 36 a 50, il 7% per quelle con più di 50 dipendenti), ammette la possibilità di esonero dall’obbligo per le aziende presso le quali vengono svolti lavori considerati pericolosi o inadatti alle persone con disabilità.
Ebbene, a Lecco hanno inventato le adozioni lavorative, permettendo alle imprese che non possono impiegare lavoratori protetti, di finanziarne l’inserimento presso un’altra azienda, con un contributo di 6.500 euro all’anno, diviso in due tranche semestrali e facendosi carico degli adempimenti burocratici e amministrativi. Dal canto suo, la Provincia sostiene l’inserimento con una borsa lavoro e un servizio di tutoraggio, mentre l’azienda “ospitante” non deve far altro che accogliere il lavoratore al suo interno, ottenendo per questo 500 euro l’anno.
Fino ad oggi le “adozioni” attivate sono state quasi 400 di cui 80 trasformatesi in un regolare rapporto di lavoro.
Chissà che non scelga questa soluzione anche quell’azienda di Genova che in questi giorni è stata multata di 70.000 euro per non avere assunto al suo interno tre lavoratori con disabilità. Aveva provato a difendersi dicendo di non aver trovato persone in grado di svolgere le mansioni richieste. In fondo, una buona notizia anche questa (tranne che per gli imprenditori), vista la facilità con cui di solito molte aziende italiane eludono la legge.
Testo apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Primo maggio, down lavoro (anche a noi)”). Viene qui ripreso, con una serie di riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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