Il diritto di non essere usati, neppure per una buona causa

«La discussione priva di pregiudizi e l’approfondimento non semplicemente empatico – scrive Franco Bomprezzi, commentando il Disegno di Legge sull’assistenza sessuale alle persone con disabilità – sono il passaggio utile per dare sostanza a un’iniziativa che non si riveli unicamente un atto dovuto o di propaganda. Le persone con disabilità, come tutti, hanno una dignità intrinseca e il diritto a non essere usati, neppure per una buona causa»

Donna bionda dietro a un giovane uomo in carrozzinaAlla fine la lunga battaglia avviata in Italia da Max Ulivieri, persona con distrofia muscolare, portavoce del Comitato Promotore per l’introduzione della figura dell’assistente sessuale, è arrivata nell’aula del Senato, per la presentazione di un Disegno di Legge con molte firme a sostegno, di senatori del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e di Scelta Civica, un testo presentato da Sergio Lo Giudice e ora in attesa di essere calendarizzato nei lavori parlamentari, e il cui iter, dunque, è strettamente legato alle sorti di questa Legislatura.
Di questo tema abbiamo già parlato più volte in queste stesse pagine, ad esempio proprio per segnalare la sperimentazione di un’iniziativa pubblica sull’assistenza sessuale in Francia, ormai più di un anno fa.
Il testo del Disegno di Legge non è ancora reperibile nel sito del Senato e dunque, per il momento, possiamo fare riferimento solo alle dichiarazioni del primo firmatario.

«La figura dell’assistente sessuale, presente in Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Svizzera e Austria – argomenta il senatore Lo Giudice – dovrà essere in grado di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale o sessuale e a indirizzare al meglio le proprie energie interne spesso scaricate in modo disfunzionale in sentimenti di rabbia e aggressività, oltre che a svolgere una fondamentale azione di educazione alla sessualità e all’affettività. La proposta chiede al Ministro della Salute di emanare delle linee guida per le regioni chiamate a formare professionalmente le nuove figure che dovranno avere competenze di tipo psicologico e sessuologico, oltre che sapere affrontare la relazione con la disabilità».
«Il Disegno di Legge – conclude Lo Giudice – è stato sottoscritto trasversalmente dai colleghi Cirinnà, D’Adda, Guerra, Ichino, Manconi, Maran, Mastrangeli, Mattesini, Pezzopane, Ricchiuti, Spilabotte, Valentini, Bencini e Maurizio Romani che ringrazio. L’auspicio è che questa Legislatura non si limiti ad affrontare le questioni economiche e le riforme istituzionali, ma lavori per superare il gap di civiltà che separa il nostro Paese dal resto dell’Europa sulle tematiche dei diritti e delle libertà».
Il punto di partenza per il Disegno di Legge è una Sentenza della Corte Costituzionale emessa nel 1987 [Sentenza 561/87, N.d.R.] ove, fra l’altro, si afferma che il diritto di disporre liberamente della propria sessualità «è un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione e inquadrato tra i diritti inviolabili delle persona umana che l’articolo 2 della Costituzione impone da garantire».

Fin qui l’annuncio e le caratteristiche fondamentali di un’iniziativa parlamentare che per la prima volta fa uscire questo tema così delicato e controverso dall’àmbito della rivendicazione da parte di un agguerrito gruppo di persone con disabilità e non solo (da notare, in tal senso, anche l’impegno dell’Associazione Luca Coscioni), per entrare nel contesto di un dibattito sulle norme, sulle responsabilità, sulle procedure, sulla formazione, sui costi per il bilancio pubblico statale o regionale.
Tutti i sostenitori della necessità della figura dell’assistente sessuale sottolineano come sia indispensabile fare una distinzione netta con il tradizionale identikit della prostituzione. In questo caso si tratterebbe di un ruolo di agevolazione nella scoperta del proprio corpo, rivolto a quelle persone che, a causa di una disabilità fisica o intellettiva, non hanno mai potuto avvicinarsi al sesso, pur avendo le normali pulsioni di ogni individuo.
Le esperienze in altri Paesi europei sono difficilmente comparabili dal punto di vista dell’applicazione concreta, se teniamo conto delle difficoltà che tuttora in Italia si incontrano nell’affrontare – non solo per le persone con disabilità -, il tema del soddisfacimento del diritto alla sessualità. Sarebbe ora un peccato se questa iniziativa, presentata in un momento di grande confusione politica, si risolvesse in un puro esercizio di solidarietà e di vicinanza culturale. I molti nodi da sciogliere andrebbero affrontati tecnicamente, magari passando attraverso nuclei di sperimentazione ben monitorati, per verificare nel concreto la fattibilità.
Una figura professionale di questo tipo, infatti, ha numerose implicazioni e conseguenze rispetto alla complessa macchina dei servizi socio-sanitari, quegli stessi servizi per i quali mancano finanziamenti degni di questo nome (a partire dal Fondo per la Non Autosufficienza). Ed è anche difficile valutare il rispetto della parità di genere (assistente sessuale non solo per i maschi, evidentemente), senza contare il tema del pagamento o della gratuità (se parliamo di terapia dovremmo ipotizzare una quota a carico dello Stato?). Il tutto mentre ferve il dibattito, anche elettorale, sul tema della prostituzione.

L’argomento è di grande impatto emotivo e mediatico, e infatti sono sempre più numerosi i servizi televisivi, dei magazine femminili, dei quotidiani on line, che scoprono un mondo spesso nascosto, dal quale emergono storie vere e difficili da raccontare con il tono più adeguato.
Molte sono le aspettative anche da parte di genitori che si vedono spesso in difficoltà nel risolvere le prorompenti richieste di sessualità da parte dei propri figli. Senza contare che il sesso (l’amore dovrebbe essere un’altra cosa) è tema che si presta a letture superficiali, in un senso o nell’altro.
La discussione priva di pregiudizi e l’approfondimento non semplicemente empatico sono a mio parere il passaggio utile per dare sostanza a un’iniziativa parlamentare che non si riveli unicamente un atto dovuto o di propaganda. Le persone con disabilità, come tutti i cittadini, hanno una dignità intrinseca e il diritto a non essere usati, neppure per una buona causa.

Ricordiamo che all’indirizzo del testo da noi pubblicato nei giorni scorsi, a firma di Andrea Pancaldi e con il titolo La sessualità e le parole che danzano “in punta di piedi”, è disponibile l’ampio elenco dei numerosi contributi proposti in questi anni dal nostro giornale, sull’argomento trattato nella presente “Opinione”.

Direttore responsabile di «Superando.it».

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