«Andare al lavoro contento, sentendosi realizzati, inseriti nel tessuto sociale e con la possibilità di godere del proprio operato nel momento in cui i risultati positivi si palesano nel aver fatto star bene le persone affidate. Questo, secondo me, è il massimo che un disabile in generale possa chiedere dalla propria vita! Tutto bene, fino al momento in cui, in pochi minuti, ti crolla letteralmente il mondo addosso e vieni messo di fronte alla cruda realtà della vita, trovandoti indifeso con la tua disabilità!».
È questo che può capitare a una persona con disabilità sul posto di lavoro – opportunità tra l’altro assai remota, come confermano i dati sulla disoccupazione di questi cittadini – di fronte a fenomeni di maleducazione e arroganza che sembrano purtroppo essere sempre più diffusi.
È capitato, ad esempio, a un nostro Lettore con disabilità visiva – sue le parole di apertura – impiegato come fisioterapista all’Ospedale di Gorizia e coinvolto, insieme a una collega con disabilità motoria, in una discussione dai toni quanto meno accesi con un dipendente della stessa struttura, venendone duramente apostrofato, minacciato e insultato.
«Simili comportamenti – scrive il Lettore – fanno paura già alle persone sane, che possono teoricamente difendersi, figuriamoci a un disabile visivo come me, o a una persona con gravi problemi fisici, come la mia collega».
Non sarà che atteggiamenti del genere siano indotti proprio dalla disabilità delle persone coinvolte? Il dubbio è concreto e l’auspicio è che di fronte a situazioni del genere le strutture pubbliche al cui interno si verificano fatti del genere – e naturalmente anche quelle private – vogliano sempre fare la massima chiarezza, sapendo distinguere tra la maleducazione ed eventuali comportamenti di stampo discriminatorio. (S.B.)