Da sempre, e spesso invano, mamma Storia ci ammonisce: fate attenzione ragazzi, prima di giudicare un qualsiasi evento è indispensabile aspettare che il polverone si sia ridepositato sulle macerie causate dalla vostra stessa “esuberanza”! Infatti, dal fattaccio trattato in questa nota, credo sia ormai trascorso il tempo necessario per poterlo osservare e giudicare con distacco, di sicuro più serenamente e soprattutto con un piglio paradigmatico ad uso e ammaestramento del pubblico bilioso.
Non sto a farla lunga. In poche parole, se vi ricordate, la vicenda è stata questa. Nel settembre del 2013 le suore dell’Asilo Pio Monte della Misericordia di Casamicciola (nell’Isola di Ischia) hanno deciso di ospitare una “Giornata dei disabili” alla quale avrebbero preso parte (l’avreste mai immaginato?…) proprio degli allegri portatori di handicap. La grana è scoppiata quando le pavide sorelle hanno deciso di cautelarsi esponendo il cartello qui a fianco riprodotto.
Apriti cielo! Un immancabile utente di Facebook ha espresso la sua indignazione che il social network ha rilanciato, fino ad amplificare a dismisura l’eco del “misfatto”, grazie ad agenzie di stampa, quotidiani, blog, ONLUS assortite e via via diffondendo.
I soliti opinionisti (a cui non viene mai chiesto nulla, ma ai quali, ahinoi, prudono sempre le corde vocali) si sono buttati a pesce sulla vicenda a colpi di «insopportabile e violenta discriminazione», «gesto meschino», «gravissimo episodio», «necessità di fare piena luce», «responsabilità da chiarire», «denuncia al MIUR» e via via minacciando.
Col senno di poi – oppure, come direbbero in Maremma, “a babbo morto” – anche per me sarebbe stato estremamente facile cantare a squarciagola nel coro degli affossatori, ma – come forse sa chi mi segue su queste pagine, come umile gestore della rubrica intitolata A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia) – è sempre grande la volontà di nuotare controcorrente, pena l’annegamento nella melassa della mediocrità. E quindi, nonostante la mia disabilità, l’essere ateo fin nel profondo delle mie fibre e l’avere effettuato sensibilizzazione nelle scuole materne (per altro con immeritati seppur ottimi risultati), mi ritrovo a commentare questa presunta storiaccia così come fece a suo tempo, absit iniuria verbis, Pier Paolo Pasolini con la rivolta di Valle Giulia. Sì, avete capito bene: difendendo l’indifendibile, cioè le suore del 2013 come i celerini del ’68!
Parafrasando quindi il nostro ineguagliabile intellettuale («Mi dispiace. La polemica contro/le suorine andava fatta nella prima metà/del secolo passato. Siete in ritardo, cari…»), mi schiero con le religiose-canarine contro la “critica-bazooka”.
A questo punto però, possono sorgere delle legittime domande: perché tradire il mondo dei disabili, il mio mondo? Perché, novello bastian contrario, indossare lo scomodo abito “da infame”? Semplice, non è il caso di andare a cercare la risposta in Yahoo Answers. Basterà seguire il mio ragionamento.
Pur non dimenticando il loro errore, provate a vedere le cose dalla parte delle “criminali” ischitane. Ascoltiamo così le parole della stessa Madre Superiora: «Non volevamo si ripetesse quanto è avvenuto l’anno scorso. Alla “Giornata dei disabili” si creò un certo trambusto: i bambini piccoli, vedendo i disabili, si misero a piangere e gli stessi disabili si sentirono a disagio per quanto accaduto. Poi abbiamo avuto anche il rimprovero dei genitori dei piccoli per quello che era successo. Per evitare tutto questo abbiamo sganciato l’evento dall’attività dell’asilo, ma dovevo essere più riflessiva e meno ingenua. Mi sento male per quello che è capitato. Non è da me, perché sono tutti figli miei, sia i piccoli dell’asilo che i disabili».
Innanzitutto – rarità assoluta, specie pensando all’italico agone politico – suor Eddasi assume inequivocabilmente, e per intero, la responsabilità di quanto è avvenuto (e ciò la rende già simpatica, oltre che apprezzabile). Se poi dei bambini si mettono a piangere scorgendo i segni esteriori della disabilità (dramma dell’anno precedente all’origine di questa chiusura), chi vogliamo accusare: le “ancelle del Signore” o i genitori negligenti? E poi la cosiddetta “società avanzata”, oltre a rifornire di touch screen i suoi “schiavetti”, cosa aspetta a terminare l’opera di emancipazione dei disabili, armonizzandoli nel contesto degli “abili”? (per chi ancora non lo sapesse, i calendari attuali riportano la data del 2014 e non del 1014!…). Infatti, ancora oggi, tanti “normodotati”, trovandosi di fronte a una cigolante carrozzina o a un imprevisto filino di bava o alla parola “inclusione”, appaiono a dir poco confusi e comunque incapaci di adottare uno straccio di strategia decente.
Infine – e sfondo una porta aperta, lo so – gli attuali gestori della comunicazione sono perfettamente in grado di martirizzare un drappello di religiose e allo stesso tempo di vomitare le notizie più spaventevoli sui disabili. Infatti, dignità morale e indipendenza dal mercato pubblicitario sono “sciocchezzuole” molto lontane dalle reali preoccupazioni dei troll dell’informazione.
Sparare sulla Croce (Rossa) non è divertente e non fa neppure ridere. Ciò nonostante, ripensando alla puzza sotto al naso dei tanti pseudopaladini della disabilità, mi si lasci accorrere in aiuto delle suorine peccatrici, difendendole dal linciaggio ed esortandole a continuare serenamente la loro missione, magari prestando un po’ più di attenzione al fruscio prodotto dalle ruote delle carrozzine in arrivo.