Ci sono due Massimo Vettoretti. Uno è una persona attiva, dinamica, impegnata nel sociale, il cui problema magari è di essere un po’ sovrappeso. L’altro è un fannullone per forza. Va al lavoro tutti i giorni, ma il lavoro non c’è, o meglio non c’è più.
Massimo non ci vede, è il presidente della Sezione di Treviso dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti). In questo ruolo è sempre pronto a battersi per i diritti di cittadinanza delle persone con disabilità. Come lavoratore dipendente è arrivato al paradosso di denunciare la propria forzata inattività. Assunto come centralinista alla Motorizzazione Civile di Treviso nel 2007, come “categoria protetta”, ha svolto questa mansione senza problemi per tre anni. Poi il centralino è stato sostituito da una segreteria telefonica con risponditore automatico. Fine del lavoro, ma non del posto di lavoro.
I ciechi, si sa, fino a qualche tempo fa venivano identificati in due possibili tipi di lavoro: o centralinisti o massoterapisti. Poche storie. E poco importa se una persona che non ci vede oggi è in grado di svolgere qualsiasi mansione, a patto di averne le competenze e gli ausili tecnologici necessari. Il mondo delle aziende, pubbliche e private, sembra non vedere. E dunque Massimo, dal 2010, in pratica scalda la sedia. Per un po’ ha compilato la rassegna stampa, poi neppure quella perché per realizzarla doveva portarsi da casa il proprio computer, visto che a suo dire la Motorizzazione non gliene ha fornito uno adeguato alle sue esigenze.
«Il Gazzettino» di Venezia ha raccontato nei giorni scorsi la sua storia e ha raccolto il suo sfogo. Ora, nella sua pagina Facebook piovono i commenti e cresce la solidarietà, anche se si legge di un’irritazione del datore di lavoro, la Motorizzazione Civile, che non fa certo una bella figura in questa storia. Già, perché Massimo, in poche parole, ha detto che non ci sta più a sentirsi in colpa per lo stipendio che percepisce regolarmente ogni mese, 1.150 euro. E adesso anche Mario Barbuto, presidente nazionale dell’UICI, ha preso carta e penna scrivendo alla Motorizzazione di Treviso una lettera con parole molto dure: «Questo scempio intollerabile, questo spreco di risorse, questo insulto alla dignità del lavoratore, va sanato quanto prima, soprattutto perché non riguarda soltanto Massimo, ma purtroppo molte altre persone che sono costrette a vivere la propria giornata lavorativa e il proprio ruolo professionale nelle sue stesse condizioni, subendo tutta l’umiliazione derivante da uno stato di inoperosità permanente. I ciechi e gli ipovedenti italiani sono in grado di lavorare quanto gli altri e come gli altri. A buon diritto, dunque, chiediamo per tutti loro un trattamento rispettoso della dignità personale e della professionalità acquisita in anni di sacrificio e di impegno».
Il punto è anche questo: quanti in Italia sono nella medesima situazione di Massimo Vettoretti (non solo non vedenti, ma persone assunte come invalide) e vengono di fatto utilizzati poco e male? Il lavoro è prima di tutto dignità e rispetto.