Sono sempre Lone, il compagno a quattro ruote di Rosa e oggi scrivo perché è passata la bellezza di quasi tre mesi da quando sono nato…
Certo, noi non nasciamo quando usciamo dalla fabbrica, belli fiammanti, ma quando una “compagna umana ci adotta”, posando le sue mani su di noi la prima volta. Io quindi sono nato a metà aprile, quando Rosa mi ha toccato e provato nel suo giardino la prima volta, quando le nostre due emozioni si sono fuse, sentendo l’erba fresca e profumata che sembrava aspettarci. Allora ho acquisito la mia personalità e ho cominciato la mia strada, e come gli umani, festeggio anch’io il passaggio del tempo!
Stavolta voglio farlo parlando della mia visione del mondo degli uomini, che non è scontato sia uguale alla vostra. Per chi usa la macchina, infatti, o anche per chi esce a piedi per una commissione, il mondo degli altri spesso si riduce ad estranei che ci ostacolano mentre siamo in ritardo, che stanno davanti o dietro a noi in fila e via discorrendo.
Le macchine, in questo, non possono aiutarvi: sono le vostre “serve”, non le vostre compagne. Che poi non è colpa loro, ma vostra: vi rinchiudete in esse e date loro una destinazione, senza neppure ascoltarle, senza godervi il viaggio e, soprattutto, senza pensare che il viaggio potrebbe essere bello anche se fine a se stesso.
E i due “compagni”, uomo e macchina, non possono comunicare con altre macchine o altri uomini: pareti vi dividono, pareti vere, di vetro, e pareti che vi siete costruiti da soli, come gli stereo a tutto volume o i telefonini in viva voce che squillano sempre.
Ma per me, per Rosa, non è così. Prima di tutto, noi andiamo piano, ma proprio piano, alla velocità del passo o della marcia, quando siamo al massimo. Questo ci lascia il tempo di ascoltare intorno a noi, di ascoltare gli altri, anche i loro discorsi, in modo diverso.
E non passiamo inosservati: la gente ci ferma, vuole parlare con noi… Salutano, parlano della loro vita, anche dei loro problemi e se sono mamme, possono insegnare qualcosa ai loro figli.
Quando usciamo, partiamo dalla premessa che nessuno ci è estraneo, tra quanti incontreremo. Non sempre usciamo con una meta, così se ci ferma qualcuno che ha bisogno di parlare, non dovremo sempre dirgli che abbiamo fretta, che ci aspettano in un posto o in un altro.
È un privilegio incontrare una ex prof di matematica che racconta dei primi computer, o una mamma che si lamenta con noi dell’incuria dei marciapiedi, condividendo il disagio di passare accanto alla spazzatura che non è stata ancora raccolta.
Ma è anche un privilegio scherzare con un bambino, che esalta la mia bellezza, ma chiede a Rosa perché non cammina con le sue gambe, soprattutto quando sei nel parco.
È un mondo sommerso, un mondo senza separazione, quello che vediamo io e la mia compagna, e non parliamo poi di quando incontriamo un “collega”. Prima, di solito, siamo noi scooter a incrociare gli sguardi, anche se i due compagni umani si illudono di farlo loro. Ci squadriamo, ci salutiamo, ognuno ha la sua storia, raccontata da alcuni graffi o dall’assenza di essi, da una scocca più piccola che indica una scelta di leggerezza o da una maggiore robustezza, come nel mio caso, che indica un amore per terreni più accidentati. E i nostri compagni si salutano, sapendo di appartenere alla stessa comunità, nient’affatto triste, come si potrebbe pensare.
Chi sceglie noi, infatti, ha deciso di viversi la vita al meglio, di adattarsi alle sue variazioni senza farsene scoraggiare. Si sceglie un compagno a quattro ruote perché si vuole continuare a uscire, godersi il fresco della sera e le visite agli amici, la compagnia della gente, anche se per questo serviamo noi.
Di solito ci scelgono le donne, anche se molti uomini con qualche problema si fermano a guardarci. Un appello a loro: non siamo una “resa delle armi”, siamo un’opportunità in più. Le signore lo comprendono, anche voi dovreste farlo!
L’età varia, ma il cuore è lo stesso, è una compagnia di “cavalieri” e di “gaudenti”, che peccato non avere il femminile di questi due termini! Però è proprio così: ce ne andiamo in giro cercando di mostrare come la bellezza sia un valore lento, e che si può godere della strada anche senza un’autoradio a tutto volume.
Sorridendo agli altri, fermandoci a salutare e a spiegare, cercando e creando armonia dove possibile (a meno di non finire in un fosso o di essere bloccati da una macchina perché allora rimanere in armonia è difficile!…).
E per tutti, come per me, vale lo stesso motto: più che la meta, importante è il viaggio, la strada… Sperando che la rendano un po’ più comoda…
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