L’arte accessibile è una di quelle questioni di cui non si sa ben che fare. Parlarne sì, ci piace, è utile, “che mondo sarebbe senza l’arte” (e la Nutella?), sì, però “non è un’urgenza”, i temi pregnanti sono altri, spazio rubato all’informazione che conta…
A chi scrive, però, piace, “non mette i brufoli” e mica si può vivere di solo pane e denunce – o animali, sesso e sentimento, tutti argomenti che tirano…
Al Castello di Rivoli, quaranta minuti in macchina da Torino e tariffe agevolate in taxi, dal capoluogo o dall’aeroporto, si occupano dell’argomento da anni. L’aspetto singolare è che lo fanno in un castello, che fra le cose inaccessibili che vengono in mente è certamente quella in cima all’elenco. Diciamo che sono stati fortunati a trovare un castello non troppo inospitale e bravi a mettere le rampe al punto giusto. Vero anche che il maniero sta in cima a una collina e non abbarbicato su per le Alpi.
La struttura si distingue come elemento fortificato lungo la Via Francigena già nell’XI Secolo e nel Medioevo diventa residenza di prestigio fra quelle sabaude. Nella seconda metà del Cinquecento viene ristrutturata e ampliata per accogliere la quadreria del regnante di turno, Carlo Emanuele I, nato nella residenza sembrerebbe alla presenza nientepopodimeno che di Nostradamus.
Nei secoli successivi il castello viene ulteriormente rimaneggiato e diventa residenza reale savoiarda. Nell’Ottocento è vittima di declino e passa nelle mani del Comune. Ci vorrà il XX Secolo perché riprenda splendore, con l’apertura, nel 1984, del Museo d’Arte Contemporanea.
Qui la storia è di casa, insomma. L’attuale esposizione conta opere dei maggiori artisti italiani del nostro tempo (per le persone con problemi visivi, ci sono visite guidate di gruppo gratuite, prenotandosi allo 011 9565293). Merito del Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli-Museo d’Arte Contemporanea, che è attivo appunto dal 1984 e che ha come fine la conoscenza dell’arte e della cultura contemporanea, facendo un sacco di belle cose, anche in collaborazione con l’Istituto dei Sordi di Torino e l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).
Nel 2010, ad esempio, è grazie al Dipartimento che è stato pubblicato il primo Dizionario di Arte Contemporanea in Lingua dei Segni, che nel 2011 è arrivato al MOMA, il Museo d’Arte Moderna di New York, punto d’approdo dell’eccellenza in fatto di arte e design.
Al castello, inoltre, chi non lo può vedere, ma anche chi vede benissimo, può toccarlo, tastando i numerosi plastici che ne riproducono gli spazi.
In questo panorama brulicante di sperimentazione, è partita, all’inizio di giugno la Summer School, una serie di eventi per giovani, adulti, famiglie, operatori, studenti, insegnanti ed educatori, con una parola d’ordine: la contaminazione tra arte, teatro, danza, musica, storytelling e scrittura creativa (cliccando qui si accede al programma). E a settembre ci saranno due giornate, l’11 e il 12 (ore 10-17), dal titolo Cultura per tutti: dalla teoria alla pratica.
Saranno due giornate di formazione in un seminario che coinvolgerà direttamente il pubblico, dove ai contributi teorici provenienti dal mondo accademico si affiancheranno le presentazioni di esperienze concrete da analizzare come “casi studio”. Si esploreranno diverse possibilità di avvicinamento all’arte contemporanea per tutti, a partire dalla prima giornata, che si intitolerà Progettare musei ed eventi per tutti (la seconda, invece, Sordità e beni culturali: dal progetto al percorso) (per le iscrizioni cliccare qui).
Io ci sarò, alla prima giornata, perché ci credo. Che mondo sarebbe, infatti, senza fiducia?
Testo apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Ma che bel castello…”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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