Il 5 maggio scorso [se ne legga l’ampia presentazione nel nostro giornale, N.d.R.] si è celebrata la Giornata Europea della Vita Indipendente, promossa dall’ENIL (European Networtk on Independent Living), in collaborazione con l’EDF (European Disability Forum) e l’EFC (European Foundation Centre), coincisa con il lancio della campagna denominata Stop ai tagli sulle persone con disabilità, allo scopo di «sensibilizzare la collettività sul superamento dell’assistenzialismo» e soprattutto «per fugare lo spettro del ritorno all’istituzionalizzazione, che la crisi economica e i conseguenti tagli alle risorse per i progetti di Vita Indipendente potrebbero riproporre, violando l’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità».
In tutta Europa, dunque, sono state organizzate azioni simultanee e varie iniziative. Per il nostro Paese, l’evento centrale, intitolato La Vita Indipendente delle persone con disabilità: le richieste all’Europa, si è avuto a Roma, presso il Palazzo della Regione Lazio, a cura dell’AVI di Roma (Agenzia per la Vita Indipendente), della FISH Lazio (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e dell’ECAD (Ebraismo Culture Arti Drammatiche).
Ad aprire la giornata è stato Dino Barlaam, presidente della FISH Lazio, che ha focalizzato l’attenzione sulla necessità di lavorare insieme con le Istituzioni perché non siano sempre i più deboli a pagare, perché i Fondi Europei abbiano dei vincoli di destinazione e di riparto ben definiti, perché siano finalmente abbattute quelle barriere strutturali e mentali che impediscono ancora nel 2014 una reale inclusione sociale.
Su tutto una parola-concetto, che dovrà sempre più diventare “obbligatoria”: empowerment, termine inteso come «potere di essere, di decidere, di affermare se stessi e i propri diritti, come acquisizione di quella autostima e consapevolezza dei propri mezzi, necessari a gestire autonomamente la propria vita, ma anche – per le famiglie con una persona con disabilità, soprattutto intellettiva -, come strumento per uscire dall’isolamento».
È intervenuta poi Erica Battaglia, presidente della Commissione Politiche Sociali e della Salute di Roma Capitale che, con determinazione e coerenza (solo pochi giorni fa era intervenuta a un confronto sul riordino delle Consulte Municipali a Roma), ha individuato come l’emergenza di una nuova progettazione per la disabilità, e nella fattispecie per la città di Roma, debba passare per almeno cinque punti fondamentali, vale a dire:
1. L’elaborazione di un nuovo Piano Regolatore Sociale cittadino, da attuare con i Municipi, attraverso un tavolo di progettazione cui siano sedute tutte le Associazioni di settore, superando ottuse divisioni. Il tutto finalizzato anche alla “qualità” del personale dei Municipi, che dev’essere formato, e all’aumento del numero degli assistenti sociali presenti negli stessi, assolutamente insufficiente e inadeguato.
2. Mettere mano alla Delibera di Giunta Comunale 355/12 sull’assistenza domiciliare, prevedendo una redistribuzione delle risorse e soprattutto la revisione di quella scheda di valutazione del bisogno di fatto penalizzante per la disabilità grave e per chi vive in famiglia. Una Delibera che per il mondo della disabilità si è rivelata disastrosa e a solo vantaggio degli agenti coinvolti economicamente e politicamente.
3. Lavorare per e sulla Legge 68/99 [“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, N.d.R.], e quindi prevedere percorsi di avviamento al lavoro, che non siano i tirocini formativi “a fondo perduto”.
4. Prevedere i necessari interventi sulla mobilità.
5. Riordinare e rafforzare la Consulta Cittadina e le Consulte Municipali, restituendo loro il ruolo effettivo per cui devono essere realtà di confronto con la politica, una realtà che dev’essere unita perché, se diviso, il mondo della disabilità è ancora più debole. E la politica ha bisogno di confrontarsi con le Associazioni, perché, per stessa ammissione di Battaglia, «il mondo della disabilità è più avanti della politica», ma quest’ultima «ha bisogno di interlocutori che parlino per la disabilità tutta e non per risolvere il problema dei singoli».
In collegamento poi da Bruxelles, Peter Lambreghts, del Direttivo di ENIL Europa, ha esplicitato le richieste del movimento europeo delle persone con disabilità, mentre Giampiero Griffo, rappresentante del FID (Forum Italiano Disabilità) presso il Forum Europeo della Disabilità, ha illustrato l’opportunità data dai Fondi Strutturali Europei 2014-2020, sottolineando l’importanza che essi siano accessibili senza discriminazioni. Ricordando poi che «la Vita Indipendente non è un bisogno ma un diritto», Griffo ha auspicato che i Fondi Europei vadano in questa direzione e che «si realizzi presto il Programma d’Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità, che di fatto per ora è solo un progetto».
Successivamente, Rita Visini, assessore alle Politiche Sociali della Regione Lazio, ha ribadito l’importanza del coinvolgimento delle parti sociali «con funzione educante». Ha presentato quindi lo stato dell’arte dei lavori in Regione: per l’inclusione sociale le risorse dei Fondi Strutturali Europei sono state aumentate al 27% (prima erano ferme al 20%); la revisione della Legge 328/00, ovvero della Legge Quadro sul Welfare, è approdata in aula, dove si stanno discutendo gli emendamenti presentati dalle parti sociali. Si sta inoltre lavorando per istituire un Osservatorio Regionale sulla Disabilità, come laboratorio per individuare quali siano i problemi reali, pur non essendo ancora stato individuato dove e in che contesto inserirlo (sociale, sanitario, socio-sanitario?).
L’urgenza è quella di programmare basandosi sulle effettive esigenze dei territori, lavorando quindi sulle azioni di sistema, fino ai Piani di Zona: sono – o meglio, dovrebbero essere – i Distretti i veri conoscitori delle criticità ed è assurdo che ve ne siano alcuni che negli anni scorsi non abbiano utilizzato milioni di Fondi Europei a loro destinati. Adesso ci sono 132 milioni per i Piani di Zona sui quali i Distretti possono già programmare. Bisognerà dunque vigilare che sia fatto, ma non per singoli progetti non ripetibili e soprattutto individualistici.
In videocollegamento da Torino, Germano Tosi, presidente di ENIL Italia, ha evidenziato come i progetti individualizzati di Vita Indipendente in Italia siano e debbano essere cosa diversa dalla mera assistenza indiretta, mentre Giampiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, ha riferito in merito al protocollo d’intesa firmato con la Questura di Roma, che prevede l’utilizzo dei beni sequestrati alla criminalità prima della confisca definitiva, auspicando un forum con il Terzo Settore, per capire insieme come, a cosa e a chi destinare tali beni, all’interno di un circuito di riutilizzo sociale per la disabilità.
E ancora, Furio Panizzi, consigliere dell’Ordine Regionale del Lazio degli Assistenti Sociali, ha analizzato i punti deboli dell’assistenza, sottolineando la necessità di un cambio di paradigma per ovviare alla casualità dell’abitare in quel territorio piuttosto che in un altro. «L’esigibilità di un diritto – ha dichiarato – deve essere tale ovunque e per tutti e un progetto di Vita Indipendente deve basarsi su un piano personalizzato, un Piano di Zona e dei LIVEAS (Livelli Essenziali di Assistenza Sociale) ben definiti. In tal modo, anche il lavoro degli assistenti sociali potrà essere valorizzato».
Infine, Silvia Cutrera, presidente dell’AVI di Roma, si è soffermata sull’articolo 19 della Convenzione ONU (Vita Indipendente ed inclusione nella società) e sul significato che ha una Vita Indipendente per le persone con disabilità.
Bene. Questa la cronaca di una giornata in cui come al solito le Istituzioni si sono schierate dalla parte della disabilità, inneggiando al “Nulla su di Voi, senza di Voi” e rimarcando il ruolo fondamentale di un fronte unito della Disabilità, con la D maiuscola, che non frammenti le richieste e le istanze, rischiando di vanificare quel poco che si fa – o si tenta di fare -, impegnandosi, infine, a modificare, rivedere, ridistribuire.
Poi, però, la realtà ci manifesta altro: le testimonianze di vita di persone con disabilità che ogni giorno devono affrontare le barriere strutturali e mentali che ancora nel 2014 impediscono di fatto quell’inclusività sociale brandita come vessillo.
Si pensi alle testimonianze lette con pathos dagli attori Olimpia Ferrara e Massimiliano Cutrera, fra un intervento e l’altro dell’incontro: il dover “mendicare” la sopravvivenza, in uno stato di semiabbandono; l’attesa “beckettiana” della certezza del bonifico dell’assistenza indiretta; il non poter scegliere da chi farsi lavare; la denuncia di tirocini lavorativi che sanno di presa in giro; il dover combattere ogni giorno con una società falsamente inclusiva, dove anche l’attraversare una strada può rivelarsi un’ impresa; l’amarezza del non riuscirsi a spiegare perché si sia sempre pronti «a finanziare la morte […] a discapito della vita!!!».
Ancora oggi, a distanza di quattordici anni, vi è un articolo della citata Legge Quadro 328/00 assolutamente disatteso, l’articolo 14 che prevede «il progetto individuale per la persona disabile». Ancora oggi si è costretti a difendere dei diritti, spesso visti come dei bisogni, dei privilegi, dei “regali”. Ancora oggi c’è chi è costretto ad umilianti visite di revisione all’INPS, per difendere il proprio status.
Ben venga, quindi, la determinazione e la “rabbia“ (mi si passi il termine, nell’accezione migliore) di giovani Consiglieri Comunali che vogliono fare “indipendentemente da”: l’importante, però, è passare dalle parole ai fatti, quelli concreti, tangibili, fruibili. E la Convenzione ONU spiana la strada al diritto a vivere indipendentemente dalla Disabilità, a non essere relegati nell’assistenzialismo, anticamera di quell’istituzionalizzazione tanto combattuta nel passato, che adesso si ripresenta come uno spettro per tante, troppe persone e famiglie.
Allora è ora di finirla con i particolarismi, con le divisioni, con i privilegi di pochi che indeboliscono ancora di più il mondo della Disabilità. Si chiede al mondo di includere le diversità e poi sono le stesse diversità a diversificarsi, in una guerra fra poveri che non porta da nessuna parte se non a disorientare le Istituzioni, a disperdere risorse e a sprecare tempo prezioso: insieme, dunque, per poter vivere una vita indipendente dalla Disabilità!