Di inchieste sulla riabilitazione pediatrica, giornalisticamente parlando, ne sono state fatte tante, almeno nelle ultime decine di anni, e più in là di queste frazioni di secolo non va l’esperienza diretta di chi scrive.
Un buon esempio, però, di inchiesta giornalistica “morigerata”, cioè senza anatemi da verità assolute, compiacimenti pietistici o messaggi commerciali subliminali, può essere considerata quella contenuta in un articolo recentemente curato da Chiara Ludovisi per «SuperAbile Magazine», dedicato al noto “metodo Doman”*.
Il lato che a noi “famiglie con disabilità” è maggiormente piaciuto di quanto pubblicato in quel servizio è che la realizzatrice di esso ha fatto parlare principalmente le famiglie stesse, oltre a presentare i professionisti della metodica riabilitativa in oggetto e una giovane professionista dichiaratamente avversa alla metodica stessa.
Ognuno potrà trarre dalla lettura dell’articolo le conclusioni che riterrà meglio motivate. Per noi è motivo di orgoglio che il testo si concluda con le informazioni che la giornalista ci aveva chiesto come rappresentanti (se si può dire “istituzionali”) e che ha poi pubblicato senza troppi tagli. Grazie Chiara!
*Laureatosi in Fisioterapia presso l’Università della Pennsylvania nel 1940, Glenn Doman – scomparso nel 2013 – sviluppò insieme a Carl Delacato un approccio alla cura dei bambini con lesioni cerebrali, diventato poi noto come “metodo Doman”, quanto mai discusso da più parti. Se ne legga ampiamente, nel nostro giornale, un ampio approfondimento curato anch’esso da Giorgio Genta. Con gli Istituti per lo Sviluppo del Potenziale Umano, fondati a Philadelphia, Doman fece conoscere le proprie idee e i propri metodi, formando i genitori ad applicarli.