«Finzione! Finzione! – Ma che finzione! Realtà, realtà, signori, realtà». Sono sicuro – conoscendo il suo senso dell’ironia -, che Luca Razzauti riderà di gusto, in cuor suo, leggendo l’ossimoro del titolo e questo incipit pirandelliano. Già, perché entrambi sono l’occasione per scrollarsi di dosso in anticipo gli attacchi al traguardo da lui raggiunto, che i “crociati” dell’equivalenza tra assenza di comunicazione vocale e ritardo mentale si sentiranno in dovere di scagliare, non appena avranno sentore che un altro “diversamente comunicante” ha avuto accesso ai gradini formali del sapere.
Luca, infatti, è uno dei tanti studenti, privi di un’efficace “parola parlata”, che si avvalgono della CFA (Comunicazione Facilitata Alfabetica), per manifestare la ricchezza emotiva e intellettuale del proprio mondo interiore e delle proprie conoscenze. Affetto da sindrome dell’X fragile (nota anche come sindrome di Martin-Bell), un’alterazione genetica del cromosoma X, che comporta difficoltà di movimento delle articolazioni, disturbi del carattere e ridotta capacità di utilizzo della “parola parlata”, ha avuto la possibilità di dimostrare a sé e agli altri di essere una persona pensante, proprio mediante questa tecnica comunicativa.
L’Università di Pisa, presso la quale Luca ha compiuto il proprio percorso di studi (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Corso di Laurea in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione), non si è limitata a premiare con il massimo dei voti l’ottima preparazione culturale raggiunta da Luca – documentata tra l’altro dalla media altissima dei suoi esami -, ma ha anche voluto sottolineare la particolarità dell’evento, con la presenza tra il pubblico, in sede di discussione della tesi, di Paolo Mancarella, docente di Informatica, Delegato per la Disabilità e Pro Rettore per la Didattica e di due psicologi del Centro di Ascolto per l’Inclusione (USID – Unità di Servizi per l’Integrazione degli Studenti con Disabilità).
Come si vede, dunque, quando le persone esercitano con competenza e senso di responsabilità il proprio ruolo, anche in Italia le cose funzionano e si raggiungono livelli di eccellenza.
Certo, chi avesse assistito all’esame di laurea non avrebbe udito le risposte di Luca, ma avrebbe visto un “dialogo” molto particolare, con docenti attenti ai contenuti del suo lavoro e curiosi di leggere quanto egli andava scrivendo sul suo computer.
E ritorniamo allora allo spunto pirandelliano: «“Finzione! Finzione!”, urleranno quelli che scambiano la scienza per certezza, ingabbiati nelle loro tautologie; “non è lui che scrive ma il suo cosiddetto facilitatore”. Come faccio a dimostrarlo? È semplice: se non parla non pensa e se non pensa non può scrivere, ergo “Finzione!”».
Noi che da anni studiamo questa tecnica – così strana rispetto al senso comune – di cui combattiamo deformazioni e cattive applicazioni e di cui siamo ben consapevoli di avere scoperto per ora solo la punta dell’iceberg, rispondiamo: «Ma che finzione! Realtà, realtà, signori, realtà», aggiungendo, però, che non abbiamo fugato tutti i nostri dubbi, ché questo è scienza sul serio: dubbio, ricerca, sperimentazione, critica dei risultati.
Esistono prove statistiche inconfutabili circa la paternità dei messaggi scritti, ma non sappiamo quali siano i meccanismi sottostanti che fanno funzionare la CFA. Abbiamo una serie di ipotesi da verificare, ma ciò non toglie, tuttavia, che nel frattempo facciamo di tutto per rompere il muro di silenzio e isolamento che grava su tante persone affette da sindromi tali che rendono loro impossibile la normale interazione sociale, fondata sulla comunicazione vocale.
L’Università di Pisa ha capito che l’inclusione si fa anche così, permettendo cioè alle persone l’uso degli strumenti di cui abbisognano, senza aspettare il via libera delle Commissioni incaricate di fissare “confortanti” Linee Guida, che alla fine scontentano proprio il lavoro onesto svolto sul campo da chi effettivamente opera con le persone disabili.
E allora accogliamo con soddisfazione e gioia la laurea di Luca, primo studente con X fragile a laurearsi a Pisa – e forse in Italia – avvalendosi della CFA.
La sua tesi, il cui focus verte sul film di Mauro Bolognini La Viaccia, spazia tra letteratura, pittura, scenografia, costumi e musica, dimostrando una gamma di letture e interessi varia e approfondita. Ciò che colpisce, però, o almeno che ha colpito me leggendola, è l’autoconsapevolezza delle motivazioni che lo hanno spinto a questa scelta: «Io sono toscano – scrive – e sento molto le mie radici, credo sia per questo che mi sento rassicurato nel poter vedere attraverso il filtro di altre persone, che hanno avuto esperienze diverse dalle mie, in epoche diverse, un filo conduttore, unificante, dato dalla costanza dei luoghi, scampoli di rasserenante certezza nel mare delle precarietà dell’esistenza [corsivo di chi scrive]».
Benissimo, Luca, continua così perché la tua è una testimonianza preziosa per tutti coloro che ancora credono che una società civile e umana sia possibile. Vai perciò avanti con la tua bellissima squadra, quella «in cui – come scrivi tu – esistono solo titolari, dove tutti sono necessari, nella quale non sono previste le panchine per le riserve».