Verrà presentato venerdì 6 settembre, a Tamassia di Isola della Scala, in provincia di Verona (Villa Guarienti Baja, ore 20), il nuovo libro di Valentina Bazzani, intitolato Quattro ruote e tacco 12. La vita come possibilità. All’evento interverranno gli storici Valentina Cesco e Carlo Baja Guarienti.
Ventisette anni, veronese, giornalista e Socia della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Verona da una decina d’anni, Valentina non è una sorpresa, ma una piacevolissima conferma. All’età di 16 anni, infatti, con il libro Una vita diversa, aveva già scelto la sua strada, la strada della scrittura, e oggi, laureata in Giornalismo e iscritta all’Ordine dei Giornalisti, collabora intensamente con alcune testate locali, occupandosi di musica e spettacoli, associazioni di volontariato e disabilità. Per Valentina, la scrittura è «una passione quasi viscerale, emozione allo stato puro».
Abbiamo avuto il piacere di incontrare questa persona squisita, per avere alcune anticipazioni sul suo nuovo lavoro, e per apprezzare e condividere le sue emozioni, in vista dell’importante giorno della presentazione, ormai imminente.
Di cosa tratterà il nuovo libro e come è nata l’idea di un titolo così provocatorio, quanto ironico?
«Quattro ruote e tacco 12 raccoglie frames di vita quotidiana di una giornalista su una sedia a rotelle, che racconta avventure, peripezie e aneddoti a cui assiste. Non mancano riflessioni sul senso della sofferenza, sull’Amore, sull’Amicizia e su una società che molto spesso discrimina chi considera “diverso”. Il tono varia dal serio all’ironico, dal profondo al provocatorio, in uno spazio intercalato da pensieri poetici, scritti sull’onda di un’emozione. Nella seconda parte del volume, poi, ci sono anche articoli e interviste che ho avuto l’opportunità di realizzare in questi anni.
Il titolo è volutamente provocatorio e se da una parte rimanda alla mia situazione, dall’altra apre le porte alla femminilità, prendendo come simbolo appunto il tacco 12. Sono certa, infatti, che il look sia un aspetto molto importante per una donna, che possa aiutare a migliorare la propria autostima e le relazioni. Certo, la femminilità non dev’essere ricondotta solamente all’aspetto fisico, ma comprende anche la componente psicologica, spirituale ed emozionale della persona. Molto spesso, quando una donna è su una sedia rotelle, viene definita disabile, prima che donna. È tempo di cambiare prospettiva!».
Cosa intendi con la seconda parte del titolo, La vita come possibilità? È una sfida che intendi lanciare alla società in cui viviamo oggi?
«Più che una sfida, come dicevo, il mio obiettivo è proprio quello di stimolare un cambiamento significativo di prospettiva. Siamo spesso abituati a vedere quello che ci manca, senza considerare quello che comunque abbiamo. Nella sofferenza, la persona è chiamata a mettere in pratica la sua capacità più grande: il cosiddetto “valore di atteggiamento”. La sofferenza non rappresenta una possibilità qualsiasi, ma l’occasione per conferire pienezza al senso più profondo della vita.
Ognuno di noi, indipendentemente dalla situazione in cui si trova a vivere, ha comunque delle potenzialità e delle risorse importanti da sfruttare. La vita ci offre diverse opportunità, sta a noi saperle cogliere! Certo, dobbiamo essere i primi a uscire dal vortice di vittimismo che molto spesso ci tiene imprigionati. Le barriere architettoniche non mancano e quelle culturali sono ancora molto pesanti, ma nel corso di questi anni molto è stato fatto ed è possibile vivere normalmente anche nelle difficoltà».
Spiegaci le analogie e le differenze tra questo libro e il tuo primo lavoro, Una vita diversa, tra i quali è trascorso veramente tanto tempo.
«Una vita diversa è stata un’esperienza bellissima che mi ha permesso di conoscere veramente tante persone. Ha avuto un successo al di sopra delle mie aspettative, anche se, riguardando quelle pagine, mi rendo conto che le cose sono cambiate molto. A quell’epoca avevo 16 anni ed ero una ragazzina fragile, introversa e timida. Si trattava di una sorta di diario nato quasi per gioco, scritto in un momento in cui avevo bisogno di sfogare le mie emozioni. Ora ho 27 anni e il percorso e le esperienze che ho potuto fare in questi anni mi hanno cambiata completamente. Ora sono più ottimista e innamorata della vita. Il filo conduttore comune, invece, potrebbe essere un canovaccio autobiografico che lega i vari contenuti».
Raccontaci, infine, le emozioni e gli stati d’animo che stai vivendo con l’avvicinarsi del lancio del libro, completato nientemeno che dalla prefazione di un artista importante come Giovanni Allevi.
«Per me scrivere è emozione allo stato puro, è un bisogno che ho, è una passione quasi viscerale che grazie al mio percorso universitario e lavorativo, è diventata anche un vero e proprio lavoro e questo libro, sviluppatosi negli anni, ripercorre praticamente le tappe più importanti della mia vita. Sono quindi felice, commossa ed entusiasta che il maestro Giovanni Allevi ne abbia scritto la prefazione. Ci siamo conosciuti in occasione della maratona televisiva di Telethon 2010 e dopo quell’occasione, per una serie di coincidenze ed esperienze lavorative, ho avuto l’opportunità di intervistarlo più volte. Mi sento molto in sintonia con lui, che attraverso il suo ultimo lavoro Sunrise, realizza e comunica un risveglio, una nuova possibilità, una rinascita, dopo un periodo difficile».
Un bell’esempio per tutti, quindi, quello di Valentina Bazzani, per il suo modo di essere, estroverso e autoironico, per la sua competenza in materia, ma soprattutto per la sua voglia di vita che ogni giorno manifesta attraverso l’impegno e anche con il suo ruolo di scrittrice.