«Molti pazienti portatori di Malattie Rare riconosciute o no lamentano di essere dirottati su una pluralità di percorsi sovente non coordinati; molti scoprono, dopo un tortuoso iter diagnostico, di essere portatori di una pluralità di patologie, le cui eventuali connessioni non vengono rilevate; e ancora, molti, con patologie più o meno rare, più o meno riconosciute, evidenziano anche disordini nel sistema immunitario, raramente ricompresi in un quadro d’insieme. Insomma, l’attenzione non è centrata sul paziente in modo unitario, ma ci si focalizza su “pezzi” di patologia. Di qui iter diagnostici lunghi, costosi, che si perdono in pluralità di accertamenti spesso inconcludenti che finiscono per non coprire efficacemente l’esigenza di aiuto e di cura del paziente: ne discende il problema correlato di tanti malati che non pervengono ad una diagnosi il che comporta lievitazione dei costi per i pazienti e per il sistema. Queste considerazioni ci hanno indotto a ritenere che occorra cambiare registro».
Si apre così, sottolineando cioè alcuni elementi derivanti da un’esperienza associativa a diretto contatto con le persone affette da Malattie Rare e dalle loro famiglie, la nuova lettera inviata nelle scorse settimane al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, dai Comitati Diritti Non Regali per i Malati Rari e I Malati Invisibili, già protagonisti da qualche anno di iniziative analoghe – via via seguite anche dal nostro giornale – constatando, questa volta, che le varie ipotesi di aggiornamento dell’elenco delle Malattie Rare riconosciute – fermo ormai dal 2001 (Decreto Ministeriale 279/01) – vengono di volta in volta scartate, opponendo ad esse la scarsità di risorse.
«Esaminando l’elenco del 2001 – scrivono dunque i due Comitati nella loro lettera -, constatiamo che convivono due criteri: in molti casi vengono dettagliate le singole patologie, in altri si individuano gruppi di patologie. Noi riteniamo che occorra rivedere in toto detto elenco, procedendo dove possibile a un ampio raggruppamento di patologie (ad esempio Patologie rare del tubo neurale), che facciano capo, nella pratica diagnostico/terapeutica, a Centri di riferimento che si occupino dell’insieme delle patologie del gruppo: di quelle già individuate e di quelle via via emergenti. Del resto, anche la Classificazione ICD-10 [ultima versione dell’International Classification of Diseases, ovvero la “Classificazione Internazionale dei Disturbi e delle Malattie” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.] funziona per gruppi di patologie».
«In tal modo – prosegue la lettera – il problema dell’aggiornamento dell’elenco sarebbe in gran parte superato, poiché ogni nuova Malattia Rara individuata potrebbe essere automaticamente ascritta a un gruppo, utilizzando magari dei sottocodici. Questa strada sintetica ci sembra assai più efficace e diretta nell’incontrare i bisogni di tutela del paziente che non quella dell’ inseguire il gran numero di Patologie Rare che ogni giorno si presentano grazie al progresso della ricerca e della pratica clinica. Inseguimento, per altro, che non si è mai realizzato, per un insieme di ragioni anche di ordine economico e che, comunque abbozzato, finisce sempre per lasciare fuori un gran numero di patologie, configurando – come più volte denunciato – elenchi ad excludendum che negano a tanti pazienti il diritto alla salute fissato dall’articolo 32 della Costituzione. L’ottica che proponiamo è dunque quella di muoversi nella direzione di una “normalizzazione” delle Patologie Rare, assegnando loro protocolli, competenze, sinergie “normalmente” dedicate nei dipartimenti ospedalieri agli àmbiti di pertinenza. I Centri di riferimento dovrebbero dunque caratterizzarsi per lo studio, la diagnosi e la ricerca su un gruppo di patologie, accogliendo nel gruppo anche quelle emergenti in itinere, proprio come si è sempre fatto o si dovrebbe fare in ogni efficiente divisione d’ospedale. Inoltre, presso detti Centri, andrebbe potenziato il settore della ricerca in àmbito immunologico e genetico, vero trait d’union per molte patologie. Al momento, invece, ogni patologia riconosciuta ha un proprio “Centrino”, secondo una logica che non risponde a canoni scientifici, ma a criteri moltiplicatori di costi e di inefficienza, che ostacolano sinergie e correlazioni. Al limite, fuori dai gruppi individuati, potrebbero forse rimanere quelle patologie, diciamo “rarissime”, che presentano caratteri esclusivi, tali da richiedere, almeno in una prima fase, un approfondimento a sé stante».
«Restiamo persuasi – concludono i due Comitati, alla cui iniziativa aderiscono una serie di altre Associazioni e Gruppi – che le Malattie Rare vadano affrontate in continuità con le altre patologie, continuamente confrontate con quanto di volta in volta viene ritenuta la “normalità”, i cui confini, come quelli della rarità, si spostano e si sovrappongono quotidianamente, man mano che si passa dal versante dell’ oscurità e delle credenze a quello della conoscenza». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: dirittinonregaliperimalatirari@gmail.com; imalatiinvisibili@gmail.com.