Inaugurata qualche mese fa con un titolo quanto mai significativo – A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia) – questa rubrica non possiede una specifica cadenza ed è dedicata alla comicità più o meno involontaria di cui, come tutte le altre faccende umane, è impregnato anche il mondo della disabilità.
Proveremo quindi a sorridere (ripeto: “sorridere”) insieme, anche sulle situazioni più scabrose. Da “disabile professionista”, mi verrebbe da chiosare: «Tutto su di noi, con noi»! (G.M.)
Non starò a tediare i Lettori sulla cosiddetta “invidiabile genuinità dei bambini”. Tuttavia, prendendo come testa d’ariete il caso di un padre disabile, ne approfitto vigliaccamente per forgiare questa spontaneità a mio uso e consumo, in modo da poter sostenere quello che mi pare e piace, togliendomi pure qualche sassolino dalle scarpe.
Malgrado ciò, e nonostante una lunga e tuttora costante frequentazione del mondo infantile, mi è difficile riprodurre, da adulto, quel candore così semplice e puro. Ci provo lo stesso, confidando nel senso dell’umorismo dei Lettori oppure, se questo non bastasse, affidandomi alla clemenza della Corte.
«Tema: Il mio papà
Svolgimento
Il mio papà si chiama Michele e io invece sono il suo Topino. Lui è bello, a gli occhi neri e la barba corta come i capelli che però un po’ gli mancano. È alto, cicciottello e sta seduto tutto il giorno perché è un uomo a rotelle, con la disabilità nelle gambe, mentre mia mamma cammina normale anche se, dice lui, ha la lingua troppo lunga e parla-parla-parla di continuo.
Papà lavora ha casa come pensionato e però fatica tutto il giorno leggendo libri noiosi senza figure e non so come fa. Sta tanto attaccato al piccì e mamma lo cazzia. Gioca cogli amici a scacchi bianchi e neri, fuma sigari puzzoni e sente le schitarrate dei Led Zeppelin o quella musica dei violini che mi fa dormire. Qualche volta cucina la carbonara insieme a me e per scherzo diciamo a mamma che è più buona della sua e lei fa finta di arrabbiarsi. Alla sera papà vede i telegiornali e dice tante parolacce quando ci sono i politici come Renzo, il grillo e Silvio (che se a Catechismo don Piero le avrebbe sentite si metterebbe subito le mani nei capelli urlando in latino). A proposito, lui non va mai in chiesa perché tanto lassù non c’è nessuno e quando don Piero l’ho incontra per strada lo sgrida. Guarda tutte le partite di rubby alla tivù, però le smette subito per farmi vedere i miei cartoni preferiti o farmi vincere a tennis con la wii.
La paga da disabile non gli basta mai e io lo so perché me lo dice sempre quando lo supplico di comprarmi la maglia di Ballottelli. E poi va avanti con mamma: “Purtroppo bisogna fare dei sacrifici fino a quando Renzo non darà un colpo a ’sto benedetto Terzo Settore!”. Io ancora non o capito cosa mi rappresenta questo Terzo Settore, ma credo che sia una bella roba dove nessuno si ap-profit.
Il mio papà s’incavola pure con quella bovara dell’assistente sociale che non capisce nulla, con lo stato dell’Italia che lo tratta come Pantalone (forse un suo amico che non conosco), con i buroccrati (che sono specie di grandi animali tipo i dinosauri), con i lazzaroni dell’Asle e anche con lo zio Pino quando dice diversamente abile. Pure quella volta che nell’assemblea del condomminio il signor De Filippi l’ha chiamato portatore di handicap anno dovuto telefonare ai carabinieri per renderlo calmo. Un’altra cosa che lo manda in bestia sono le barriere antitettoniche (credo si scrive così) tipo gli scalini e quei zozzoni che gli mettono l’auto nel suo posto sotto casa.
Comunque papà non è sempre imbufalito. Con me è molto buono, sopratutto se prendo bei voti a scuola. Poi mi fa dei giochi tipo salire dietro la carrozzina e fare delle corse in salotto e mamma grida di no ma poi, non potendo giocare a palla, si mette a ridere e ci lascia tranquilli (tranne Macchianera che miagola e col pelo dritto dritto scappa sotto al divano).
Ogni mese il mio papà va all’ospedale dai dottori costosi e torna facendo di no con la testa. Alle volte è tanto stanco e mi da le coccole lo stesso e io quando è andato a letto e non vede, gli prendo il cuscino della carrozzina e lo schiaccio contro la guancia per sentire il suo calore.
Per fortuna papà non mi fa tante prediche (praticamente solo quando faccio grossi casini) e finisce per prendermi la testa tra le mani e mi dice, calmo, ricordati figliolo che la vita è una cosa seria e prima devi pensare e poi aggire. Sarà.
Papà vuole tanto bene anche a mamma e ogni tanto la bacia di nascosto ma io li ho visti e so che mi anno fatto così. La mamma dice alle amiche che papà ha nel cervello quello che non ha nelle gambe e gli vuole davvero tanto bene anche lei.
Io volevo un fratellino più piccolo da poterlo educare io, ma i miei genitori mi hanno detto che già cera stato il rischio con me e io non insisto perché ogni tanto mi scappa tipo una carognata a scuola ma forse non centra niente.
Il mio compagno Gigi mi prende in giro e dice che o il papà tagliato a metà. Io una volta gli ho dato un pugno, lui piangeva e un po’ mi ha dispiaciuto. Allora gli ho chiesto scusa e la bidella mi a detto che sembra il libro cuore (che non so proprio cosa è).
Il mio papà, oltre a comprarmi le figurine, mi accarezza e dice che sarò il bastone della sua vecchiaia. Boh. Io lo voglio agliutare ma non mi basta spingergli la carrozzina e legargli le scarpe da ginnastica. Per questo quando sarò grande diventerò uno scenziato famoso che Ensteine mi farà una pippa e scoprirò la medicina per farlo correre e saltare.
Arturo Di Sabile».