Giovanna Vignola, perugina, consigliera dell’Associazione Acondroplasia-Insieme per crescere, e affetta lei stessa da acondroplasia, la malattia genetica comunemente più nota col nome di “nanismo”, è balzata agli onori della cronaca dopo l’assegnazione del Premio Oscar come Miglior Film in Lingua Straniera alla Grande bellezza di Paolo Sorrentino, nel quale interpreta il ruolo di “Dadina”, direttrice del giornale per il quale lavora il protagonista. In suo onore, su Facebook, è nato anche un Fans Club.
Nel film, Giovanna, lei è l’unica attrice non professionista. Com’è arrivata sul set della Grande bellezza?
«Ci sono arrivata attraverso la ricerca di persone acondroplasiche fatta dalla produzione cinematografica della Indigo Film».
Com’è avvenuta la scelta e qual è stata la sua prima reazione?
«Quando Paolo Sorrentino mi ha incontrata, si è accorto che di fronte aveva colei che riteneva adatta per interpretare il personaggio di “Dadina”. Così mi ha scelta, senza nemmeno farmi fare un provino. Soltanto dopo l’uscita del film nelle sale cinematografiche, ho saputo che erano stati effettuati altri provini per quella parte. Sulle prime, stupita e intimorita, ho risposto: “Io non voglio fare questa cosa!”. Poi ho riflettuto…».
Che cosa, dunque, l’ha convinta ad accettare?
«“Dadina”, nel film, è la direttrice del giornale dove lavora il protagonista Jep Gambardella [interpretato da Toni Servillo, N.d.R.]. Sorrentino mi ha garantito che non avrei interpretato un ruolo buffo e grottesco e dopo aver letto il copione, ho capito che, attraverso quel ruolo, potevo riscattare la dignità di tutte le persone con acondroplasia e disabilità. E ho pensato anche che potevo recitare con la forza e l’energia dei bambini e delle famiglie dell’Associazione di cui faccio parte. Sono loro che mi hanno convinta, con la loro testimonianza di vita».
Che cos’hanno in comune Elide Lettieri, alias “Dadina”, e Giovanna Vignola?
«La caparbietà e la grinta nell’affrontare la vita e l’affetto per le amicizie sincere e vere».
«Sono una nana. Perché non si dovrebbe dire? È sempre la prima e ultima cosa che tutti dicono di me». Quanto è stato difficile recitare questa battuta e quanto è stato “educativo” per lei riuscirci?
«La parola “nano” è stata un mio tabù. Grazie a Paolo Sorrentino sono riuscita ad abbattere questo muro e l’ho fatto per testimoniare che è possibile abbattere anche altri ostacoli».
Un bilancio di questa esperienza da Oscar?
«Positivo, soprattutto per l’Associazione che rappresento: abbiamo acquisito visibilità nel mondo».
Com’è stata la sua vita?
«L’infanzia a Salsomaggiore Terme (Parma) è stato il più bel periodo della mia vita, che ricordo con piacere e soddisfazione. Il più difficile e faticoso è stato quello dell’adolescenza».
Ad oggi, si ritiene una donna soddisfatta?
«Soddisfatta per avere contribuito alla crescita dei bambini dell’Associazione Acondroplasia-Insieme per crescere».
Ma quali sono le attività dell’Associazione che più le stanno a cuore?
«Portare la nostra testimonianza nelle scuole e ai medici generici, perché ancora non ci conoscono. Fornire informazioni alle famiglie e promuovere iniziative atte a unire le forze, per affrontare le problematiche che la malattia comporta».
Siete sostenuti a livello istituzionale?
«Un contributo importante per la formazione viene fornito da UNIAMO-FIMR, la Federazione Italiana delle Malattie Rare. Alcuni centri ospedalieri italiani, poi, propongono degli interventi chirurgici adatti per l’allungamento degli arti inferiori e superiori».
Giovanna, che cos’è per lei la bellezza?
«La bellezza è la vita, qualunque essa sia. La “grande bellezza”, invece, è la purezza di animo».