L’International Progressive MS Alliance (PMSA) è un’iniziativa internazionale che connette le risorse e gli esperti di tutto il mondo per trovare risposte e sviluppare soluzioni che pongano fine alla sclerosi multipla progressiva, condizione cronica che interrompe il flusso di informazioni all’interno del cervello e del corpo, progredendo nel tempo e privando via via le persone che ne sono affette di visione, capacità cognitive, mobilità, capacità di lavorare e indipendenza personale.
Attualmente si stima che circa un milione di persone nel mondo convivano con una forma di sclerosi multipla progressiva (su 2 milioni e 300.000 di casi totali).
L’obiettivo dell’Alleanza è quello appunto di accelerare lo sviluppo di nuovi trattamenti per questa forma della malattia, finanziando la ricerca migliore, ovunque esista. La PMSA è gestita dalle Associazioni di persone con sclerosi multipla di Stati Uniti, Canada, Italia e Regno Unito, e dalla MSIF, la Federazione Internazionale per la Sclerosi Multipla, ampliando le proprie risorse tramite il sostegno finanziario di queste e altre organizzazioni, come le Associazioni di Danimarca e Spagna.
Ebbene, nei giorni scorsi, durante l’ECTRIMS Congress di Boston (di questo importante appuntamento internazionale si legga anche la nostra presentazione), la PMSA ha assegnato il suo primo bando a ventidue progetti di ricerca di scienziati provenienti da nove Paesi di tutto il mondo (su circa duecento proposte di ricerca totali), tra cui anche l’Italia, con un team dell’Università di Verona.
«La risposta della comunità scientifica internazionale al nostro primo invito a presentare progetti di ricerca innovativi – sottolinea Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) – è stata eccezionale. Per la prima volta, infatti, le Associazioni che si occupano di sclerosi multipla in tutto il mondo si sono unite, senza considerare i confini geografici, al fine di trovare al più presto risposte per le persone con forme progressive della malattia».
Entrando nel dettaglio dei primi progetti finanziati, va detto trattarsi di studi pilota a breve termine, per iniziare a riempire le lacune sulle conoscenze e sulle infrastrutture in questo àmbito, per identificare e testare potenziali trattamenti, comprendere i meccanismi che portano alla degenerazione dei neuroni, costruire banche dati e biobanche, approfondire una migliore comprensione dell’imaging a lungo termine della genetica e degli esiti (outcome) associati alla sclerosi multipla progressiva. Tali studi pilota hanno una durata di uno o due anni.
«Portando attenzione sulla sclerosi multipla – ha commentato a Boston Alan Thompson, presidente del Comitato Scientifico Direttivo dell’International Progressive MS Alliance e decano dell’University College di Londra -, convocando i leader accademici e industriali, e offrendo una nuova fonte di sovvenzioni per i ricercatori di tutto il mondo, ci proponiamo di accelerare i risultati con il maggior impatto e di cambiare la vita delle persone che vivono con la sclerosi multipla progressiva».
Per quanto riguarda infine il progetto italiano scelto tra i ventidue del bando, si tratta, come detto, di un lavoro promosso all’Università di Verona e coordinato dal neurologo Massimiliano Calabrese, con il titolo di Can the degree of meningeal inflammation and cortical pathology be used to stratify early progressive Ms patients? (“Il grado di infiammazione meningea e il danno corticale può essere utilizzato per definire il rischio dei pazienti di entrare nella fase progressiva della malattia?”).
Il gruppo di ricerca è composto da Salvatore Monaco, direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Verona, Maria Donata Benedetti, responsabile del locale Centro Sclerosi Multipla e da Alberto Gajofatto, ricercatore di Neurologia. Il team lavora in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e in particolare con Roberta Magliozzi e Francesco Facchiano, oltreché con il Reparto di Neuropatologia dell’Imperial College di Londra, diretto da Richard Reynolds.
In sostanza, tale stuidio mira a individuare precocemente quali siano i pazienti colpiti da sclerosi multipla destinati a entrare rapidamente nella fase progressiva della malattia, un momento critico che determina la perdita di efficacia delle terapie e un conseguente accumulo di disabilità che non si riesce ad arrestare. Ad oggi, infatti, è possibile diagnosticare questa fase della malattia solo quando si è già manifestata o, al più, immediatamente prima che si manifesti, e comunque quando oramai è spesso troppo tardi per intervenire. Proprio per questo risulta determinante riuscire a comprendere il prima possibile quali siano i pazienti che hanno una maggiore probabilità di evolvere velocemente verso la fase progressiva, in modo tale da poterli indirizzare, sin dall’inizio, alle terapie più efficaci tra quelle disponibili. (B.E. e S.B.)
Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.
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