Redatto dai tecnici del Ministero degli Esteri, in collaborazione con la RIDS – la Rete Italiana Disabilità e Sviluppo, voluta nel 2011 dall’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), da DPI Italia (Disabled Peoples’ International), da EducAid e dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) -, oltreché con rappresentanti di Istituzioni, Enti Locali, organizzazioni non governative, imprese, mondo accademico e centri di ricerca, il Piano d’Azione sulla Disabilità della Cooperazione Italiana – cui avevamo dedicato a suo tempo un ampio approfondimento, dopo averne seguito via via l’evoluzione – era stato ufficialmente lanciato a Roma nell’ottobre del 2013.
Si tratta, lo ricordiamo, di un importante documento, che dà rilevanza alle Linee Guida per l’introduzione della tematica della disabilità nell’àmbito delle politiche e delle attività di Cooperazione Italiana, redatte sulla base della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. In altre parole, un testo che sancisce l’ingresso del principio dell’inclusione della disabilità in ogni fase di ideazione delle politiche e delle pratiche di sviluppo, contemplando azioni di promozione delle pari opportunità e soffermandosi in particolare sulle strategie generali, sulla progettazione inclusiva, sull’accessibilità e la fruibilità di ambienti, sui beni e i servizi, sugli aiuti umanitari e le situazioni di emergenza, sulla valorizzazione delle esperienze e delle competenze presenti nella società civile e nelle imprese.
Il Piano – come avevamo riferito a suo tempo – ha fatto a Bruxelles il suo “esordio” a livello internazionale, il 26 maggio scorso, presso il Comitato Economico e Sociale Europeo, dove è stato appunto presentato nel corso di un incontro, cui ha partecipato, tra gli altri, anche Giampiero Griffo, membro dell’Esecutivo Mondiale di DPI e in quell’occasione in rappresentanza della RIDS.
Ora, a distanza di qualche mese, come si stanno realizzando le azioni previste dal documento, alla luce anche delle fattive collaborazioni con altre Agenzie di Cooperazione, come quella tedesca e quella spagnola, oltreché con la rete delle Associazioni? Lo abbiamo chiesto a Giampaolo Cantini, direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo presso il Ministero degli Esteri, intervenuto anch’egli al tavolo di lavoro di Bruxelles. (L.S.)
Il Piano d’Azione sulla Disabilità della Cooperazione Italiana promuove una politica di inclusione, con strumenti di programmazione per l’accessibilità, politiche e strategie a favore di una nuova cultura di rispetto dei diritti delle persone con disabilità: in che modo si stanno sviluppando le iniziative previste dall’importante documento?
«Il Piano d’Azione, adottato nel luglio del 2013, mira a dare attuazione concreta alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e alle nostre Linee Guida sulla Disabilità del 2010. Da circa un anno sono attivi gruppi tecnici di lavoro sui settori Accessibilità, Emergenza, Educazione inclusiva, Revisione delle categorie OCSE-DAC [il DAC è il Comitato di Aiuto Pubblico dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, N.d.R.], Mappatura e analisi dei dati 2009-2013. I gruppi vedono la partecipazione della società civile e soprattutto della RIDS, la Rete Italiana Disabilità e Sviluppo, che ha attivamente collaborato alla redazione del Piano.
In particolare, è stata avviata l’attività di informazione e sensibilizzazione del personale della Cooperazione Italiana, che sarà estesa agli Enti esecutori di progetti finanziati dalla Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) alle Unità Tecniche Locali. In tal senso, è in fase di stesura un Codice Standard di Accessibilità per i progetti finanziati dalla DGCS stessa, che sarà redatto nel rispetto dell’articolo 9 [“Accessibilità”, N.d.R.] della Convenzione ONU. Stiamo inoltre elaborando una guida di riferimento che specifichi come l’approccio italiano sull’educazione inclusiva possa essere interpretato negli interventi di Cooperazione allo Sviluppo.
E ancora, il tema Disabilità e Aiuto Umanitario è stato inserito nel programma del Gruppo di Lavoro dell’Unione Europea sull’assistenza umanitaria (COHAFA) di cui l’Italia, com’è noto, esercita la presidenza per questo semestre. Si sta inoltre redigendo un Vademecum: Aiuti umanitari e disabilità, che diffonda e valorizzi la letteratura già presente in materia e le esperienze del “sistema Italia”, con l’intento di accrescere le competenze tecniche e le capacità di progettazione per la definizione più accurata dei bisogni e dei diritti delle persone con disabilità in situazioni di catastrofi. Infine, stiamo promuovendo l’istituzione di tavoli di lavoro con altre Agenzie di Cooperazione, per integrare le categorie OCSE-DAC con un riconoscimento della disabilità come categoria autonoma. L’idea di lavorare a una proposta condivisa di revisione delle categorie OCSE-DAC è stata bene accolta durante la giornata di lancio del Piano a livello europeo a Bruxelles il 26 maggio scorso.
Per quanto poi concerne il finanziamento di iniziative, nel settembre dello scorso anno la DGCS ha approvato sette progetti di altrettante organizzazioni non governative, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro, dedicati alla promozione dell’inclusione o alla riabilitazione in rapporto a diverse forme di disabilità, in Palestina, Albania, Ruanda, Sudan, Madagascar ed Etiopia. A questi si sono aggiunte nel 2014 nuove iniziative promosse sempre da organizzazioni non governative in Ecuador, Palestina, Sud Sudan e un programma di Informazione ed educazione allo sviluppo in Italia, per un totale di circa 3 milioni di euro. A tal proposito è importante ricordare che al tema della disabilità è attribuito un carattere prioritario nelle Linee Guida Triennali 2014-2016 della Cooperazione Italiana allo Sviluppo.
A testimonianza dell’impegno profuso dalla Cooperazione Italiana in tale settore, le attività del Piano d’Azione sono state inserite nel Programma d’Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità, elaborato dall’Osservatorio Nazionale per le Persone con Disabilità e approvato nel 2013 dal nostro Governo».
Le organizzazioni di persone con disabilità stanno chiedendo insistentemente alle Nazioni Unite di inserire la disabilità tra i punti prioritari nella prosecuzione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Development Millennium Goals – Beyond 2015). Qual è, su tale questione, la posizione assunta dall’Italia?
«La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ha stimolato una riflessione sul contributo della Cooperazione Internazionale al conseguimento degli obiettivi di rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità. La stessa Unione Europea ha ratificato la Convenzione e ha incluso il tema nella Strategia dell’Unione Europea sulla Disabilità 2010-2020. Dal canto loro, le Nazioni Unite hanno incluso le persone con disabilità come target importante degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Da parte italiana continuiamo a sottolineare, nelle sedi internazionali, l’importanza di includere esplicitamente il tema della disabilità negli Obiettivi di Sviluppo, al fine di garantire alle persone con disabilità il pieno ed eguale godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Al contempo promuoviamo azioni volte a garantire la partecipazione alla vita associata in modo equo, attuando il cosiddetto mainstreaming [promozione dell’integrazione, nella prospettiva della disabilità, in ogni fase delle politiche e delle pratiche dello sviluppo, N.d.R.] del tema disabilità, agendo concretamente sull’educazione, sulla povertà e sull’accesso alle cure mediche, al cibo e all’acqua. Collaboriamo inoltre con altre Agenzie di Cooperazione e con organizzazioni internazionali, per sostenere nei tavoli di lavoro – promossi nell’àmbito delle Nazioni Unite – le modalità di realizzazione dei diritti delle persone con disabilità, nel quadro dell’attuazione dell’Agenda Globale di Sviluppo (sulla base di quanto indicato anche nella Risoluzione ONU 64/131 del 3 febbraio 2010, approvata il 18 dicembre 2009 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite). E anche nel maggio scorso, durante il lancio europeo del Piano d’Azione a Bruxelles, abbiamo ribadito la necessità che la comunità internazionale concentri la propria attenzione sui diritti e sui valori, assicurando un ruolo di assoluto rilievo nel processo post-2015».
Ma a livello europeo, quali sono le principali iniziative in atto sull’argomento?
«Durante la conferenza di Bruxelles che ha coinciso con la presentazione del Piano d’Azione, è stato evidenziato il ruolo prioritario rivestito dalla disabilità negli interventi di cooperazione bilaterale. In particolare ci si è soffermati sulla necessità di assicurare il mainstreaming [si veda sopra, N.d.R.] della disabilità nelle iniziative finanziate dalla Cooperazione italiana e sull’importanza di promuovere una riflessione profonda su indicatori e segnali adeguati (markers) a cogliere la dimensione della disabilità nell’ambito delle categorie OCSE, nonché di porre in essere le attività di sensibilizzazione e formazione sulla tematica.
Sempre in quell’occasione, la Commissione Europea ha accolto la proposta di organizzare congiuntamente delle sessioni di training con gli Stati Membri sul tema della disabilità nello sviluppo, al fine di disporre di linee guida comuni, volte a orientare l’azione tanto delle reti nazionali che delle Delegazioni dell’Unione Europea sul terreno».
Ci sono prospettive concrete per costruire ulteriori collaborazioni con gli altri Stati membri dell’Unione?
«Sempre in maggio a Bruxelles, abbiamo registrato soprattutto l’interesse di Germania e Spagna a collaborare su questi temi, con una particolare consonanza di vedute. La Germania, infatti, ha redatto a sua volta un proprio Piano d’Azione e la Spagna ha espressamente fatto riferimento al percorso avviato dall’Italia, quale modello di riferimento per il lavoro che si sta svolgendo a Madrid, per un Piano nazionale che dovrebbe vedere la luce nel 2015».
Sono decisamente progetti ambiziosi, che però ci sembra debbano scontrarsi con una cultura ancora impreparata: qual è, a suo avviso, la spinta necessaria per abbattere le “barriere sociali”, oltreché quelle architettoniche e percettivo-sensoriali, che di fatto bloccano l’accesso all’integrazione?
«Credo che per porre in essere iniziative responsabili, concrete e sostenibili, non si possa prescindere da un’azione di informazione e sensibilizzazione. Il nostro Piano individua tale azione come prioritaria e il coinvolgimento della società civile – nelle iniziative della Cooperazione – rappresenta un elemento di forza propulsore. Indispensabile, infine, è la competenza delle organizzazioni non governative e di quelle di persone con disabilità, nella preparazione e nella realizzazione concreta delle azioni, attraverso un approccio di tipo partecipativo.
Vorrei aggiungere inoltre che il successo dell’azione della Cooperazione Italiana in questo campo è dovuto non solo a un approccio partecipativo, ma multidisciplinare, ciò che ha contraddistinto sin dal 2010 la nostra azione, con la presenza di rappresentanti istituzionali, di organizzazioni, della società civile, del mondo accademico, delle imprese e degli enti locali e soprattutto di persone con disabilità.
Abbattere le barriere sociali significa individuare azioni che rappresentano il frutto di un dibattito, di uno scambio di conoscenze e condivisione che la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del nostro Ministero degli Esteri porta avanti sia internamente, sia con le Commissioni per i Diritti Umani nei Paesi in cui opera, non proponendo modelli, ma ponendosi in una posizione di ascolto e confronto continuo».