L’ANGSA e il “dopo di noi”

di Liana Baroni*
«Noi che abbiamo lo stesso problema - scrive tra l’altro Liana Baroni, presidente dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), convocata in audizione alla Camera nei giorni scorsi, in merito ai Disegni di Legge sul cosiddetto “dopo di noi” - dobbiamo avere un rispetto reciproco, che permetta di valorizzare le diverse possibilità delle quali ognuno di noi dispone, per lavorare in modo complementare su tutti gli aspetti che riguardano bambini e adulti con autismo»
Giovane adulto con autismo
Giovane persona adulta con autismo

Nei giorni scorsi l’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) è stata chiamata in Audizione dal Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, in merito ai cinque Disegni di Legge sul cosiddetto “dopo di noi”, presentati dai Deputati.
Credo che l’ANGSA sia l’unica organizzazione in Italia a poter vantare un’“anzianità di servizio” specifica sull’autismo, tale da poter parlare sull’argomento sviscerandone tutti gli aspetti, grazie a quel patrimonio di esperienze e di conoscenze accumulate in tanti anni in cui è stata particolarmente impegnata nel dare informazione, formazione e cultura sulla materia.
In occasione dell’Audizione abbiamo presentato un documento [se ne veda in calce il testo pressoché integrale, N.d.R.], dal quale emerge chiaramente la nostra posizione sull’argomento; qui, però, vorrei aggiungere qualche ulteriore considerazione per maggiore chiarezza.

L’ANGSA tutela e rappresenta persone con autismo di tutte le età, ma parlando di “dopo di noi”, ci si riferisce espressamente a persone adulte, giovani e meno giovani, che oggi o sono internate in istituzioni troppo spesso impreparate ad accoglierle o in grande maggioranza rimangono all’interno delle loro famiglie, spesso isolate, persone autistiche in una famiglia divenuta essa stessa “autistica” per poterle assistere.
Mi sembra che la società sia in debito verso queste persone, che non hanno mai avuto da bambini alcun trattamento, nonostante l’ANGSA indicasse già da allora gli approcci più efficaci: il minimo che possiamo fare oggi per loro è trovare un “dopo di noi” adatto ai loro bisogni, che sono diventati tanti e tanto gravi; prova ne sia che ora tali adulti vengono spesso respinti dalle residenze esistenti di tipo generalista, perché il costo giornaliero per la loro assistenza è superiore alla media e i gestori delle strutture preferiscono persone con disabilità più “collaborative” e meno gravi: d’altronde la domanda è molto superiore all’offerta e c’è da scegliere!
Qui parliamo invece di persone che hanno bisogno di una residenza ideata per le loro necessità, di un’abilitazione di tipo educativo che molte esperienze ci dicono essere efficace in parecchi casi – anche se iniziata da adulti – e di assistenza sanitaria continua e specializzata, adeguata per non collaboranti, in quanto fornita a persone che non sono in grado di manifestare correttamente neppure il dolore da cui sono afflitti: ad esempio, il dolore di una carie dentale non viene comunicato, ma manifestato con “comportamenti problema”, per nulla indicativi dell’esistenza e della localizzazione del male, per cui si supplisce con psicofarmaci o se ne aumenta la dose.

Guardando però con occhio prospettico, e pensando all’eterogeità della sindrome e alle forme ad alto funzionamento [Asperger, N.d.R.] o agli adulti di domani – che oggi stanno seguendo percorsi di tipo educativo atti ad aumentare il livello di autonomia e di socializzazione, secondo la Linea Guida n. 21 [“Trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e adolescenti”, N.d.R.] dell’Istituto Superiore di Sanità – si possono prevedere soluzioni innovative di vita in comunità o di permanenza nella casa di origine, e al proposito non si può dimenticare che molti nostri associati , a nome dell’ANGSA o di strumenti appositamente creati, come Fondazioni, Cooperative ecc., hanno realizzato sul proprio territorio esperienze di residenzialità o semiresidenzialità che sono un vero modello per chi intenda cimentarsi in una simile impresa.
Cito per tutti la residenza della Fondazione Marino per l’Autismo a Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), ideata e realizzata dall’ingegner Giovanni Marino, che è stato presidente nazionale dell’ANGSA prima di me: proprio in questi giorni essa ha inaugurato un ristorante di solidarietà, dove tutti possono mangiare gratuitamente il cibo che viene recuperato, preparato e servito dai dieci ragazzi della comunità, dimostrando come una struttura sociosanitaria ad elevata integrazione possa essere né ospedalizzante, né segregante, ma proprio perché vi sono stati attuati interventi educativi appropriati, essa può consentire ai ragazzi con autismo di divenire più autonomi, di diminuire drasticamente i loro “comportamenti problema” e di integrarsi nel territorio, diventando un’importante risorsa per la società.

In tante Regioni, le componenti dell’ANGSA hanno cominciato da tempo a preparare il passaggio al “dopo di noi”, mediante progetti innovativi e realizzazioni di interventi che sono volti ad aumentare le autonomie e le abilità, a migliorare il comportamento, affinché il futuro inserimento in una residenza non sia vissuto drammaticamente, ma sia preparato, organizzato e realizzato anche con l’aiuto delle famiglie, così come avviene per  tutti i giovani che prima o poi escono di casa. Non sempre tanto impegno, tante iniziative, sono conosciute e valorizzate come meriterebbero dai mass-media.
L’autismo, e il problema delle terapie, dei gravi comportamenti, della solitudine o l’angoscia del “dopo di noi” costituiscono un argomento “troppo serio”, che solitamente viene rimosso – come tutte le notizie dolorose – in un periodo già caratterizzato da una pesante crisi economica e sociale.
Chi aiuta la nostra causa con azioni mediatiche, pur con strumenti inconsueti per noi “operatori” del settore, risveglia l’interesse sul nostro problema e impedisce che esso sia dimenticato. L’opinione pubblica e la politica hanno infatti bisogno di essere scosse, per trovare le risorse necessarie e per cambiare la cultura sull’argomento, migliorando l’accettazione delle persone così diverse, da parte della società.
Dobbiamo distinguere però l’azione mediatica dai contenuti che vogliamo e dobbiamo dare alle nostre realizzazioni; queste ultime, allora, devono derivare dal patrimonio delle esperienze realizzate da noi e da altri Paesi, che l’ANGSA si preoccupa di diffondere con i mezzi di comunicazione che ci sono dati: convegni, forum, e soprattutto il «Bollettino dell’ANGSA», che esce ininterrottamente dal 1988, sempre all’insegna della serietà e della qualità dei contributi.
Non abbiamo mai illuso i genitori su improbabili guarigioni, anche a costo di vederne alcuni allontanarsi per “seguire le sirene”. Allo stesso modo, però, lavoriamo strenuamente perché tutti abbiano rispettati i loro diritti alla salute, all’educazione, all’inserimento nella società e nel lavoro e a una vita da vivere con dignità.

Noi che abbiamo lo stesso problema, che crediamo in un approccio all’autismo come espresso nella citata Linea Guida n. 21 dell’Istituto Superiore di Sanità, dobbiamo avere un rispetto reciproco, che permetta di valorizzare le diverse possibilità delle quali ognuno di noi dispone, per lavorare in modo complementare su tutti gli aspetti che riguardano bambini e adulti con autismo. Il lavoro certo non manca e occorre tanta buona volontà per svolgere il nostro compito di comune accordo, perché in questo modo saremo tutti molto più efficaci.

Presidente dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici).

Intervento dell’ANGSA nell’Audizione alla Commissione Affari Sociali della Camera – 23 settembre 2014

ANGSA ONLUS è la Federazione che si occupa specificamente di persone con autismo da trent’anni, unica in Italia che possa vantare questa “anzianità di servizio”. ANGSA è presente in ogni Regione e federa al suo interno oltre 40 Associazioni regionali e provinciali.
Questa specificità di impegno, di interesse e di esperienze, e il grande patrimonio culturale di conoscenze sull’argomento, che negli anni abbiamo accumulato, ci abilitano a presentare queste considerazioni sulle proposte di legge in merito al “dopo di noi” che ora è in discussione alla Commissione Affari Sociali della Camera.

Non intendiamo arrogarci la rappresentanza delle persone che, pur con diverse disabilità gravi, sono in grado di autorappresentarsi, in quanto la nostra Federazione è prevalentemente composta di genitori, parenti e tutori di coloro che non sono capaci di difendere i propri diritti. Queste persone dovrebbero teoricamente essere protette, nell’attuale sistema giuridico, da tutela, e la figura dell’amministratore di sostegno, con le opportune modifiche, potrebbe essere adattata per loro, tenendo conto della loro limitatissima autonomia decisionale.
L’autismo è uno dei disturbi pervasivi dello sviluppo psicologico che determina disabilità sociale e “comportamenti problema” talmente gravi da compromettere l’equilibrio familiare, spesso accompagnati da ritardo cognitivo. Non è da confondersi con altre sindromi pure comprese nello spettro autistico dalla classificazione F84 dell’ICD 10, come ad esempio la sindrome di Asperger, che non comporta ritardo cognitivo e disturbi del linguaggio, per la quale esiste un’associazione specifica.

ANGSA tutela persone con autismo di tutte le età, ma in questa sede si deve considerare quelle adulte, le cui famiglie non sono più in grado di tenerle a casa. Queste, che non hanno avuto adeguata educazione speciale, come indicata dalla Linea Guida n. 21 dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), presentano esigenze talmente elevate in termini di quantità e qualità di personale, che vengono spesso rifiutate dalle attuali residenze per disabili mentali gravi, in quanto il loro costo è superiore alla media.
Le persone adulte con autismo sono internate in istituzioni troppo spesso impreparate ad accoglierle. L’abilitazione proposta dalla Linea Guida n. 21 dell’ISS e dalle Linee di Indirizzo della Conferenza Unificata del 22 novembre 2012, consentirebbe, se applicata fin da piccolissimi, un’evoluzione migliore dell’autonomia e del comportamento, riducendo la necessità del ricorso agli psicofarmaci che oggi sono privilegiati rispetto ai trattamenti educativi speciali.

Ad oggi i giovani e adulti con autismo tra i venti e i cinquanta anni, che non hanno avuto da bambini gli interventi efficaci di cui avrebbero avuto diritto, sono ancora prevalentemente presso le loro famiglie, nonostante la gravità dei loro bisogni. Nei prossimi trent’anni la loro domanda di residenzialità “dopo di noi” è destinata a crescere notevolmente, a fronte di una carenza già oggi presente. A questi in particolare si riferiscono le Linee di Indirizzo della Conferenza Unificata del 22 novembre 2012, che testualmente recitano alla pagina n. 5, terzo capoverso:
«Potenziamento delle strutture residenziali per le persone con DPS in età adulta, finalizzate alla acquisizione di una maggiore autonomia e/o al sollievo della famiglia».
Stesso concetto viene ripetuto negli Obiettivi ed azioni nella stessa pagina e in quella successiva:
«comma e) Previsione all’interno dell’offerta regionale, di idonee soluzioni residenziali e semiresidenziali anche mediante la riqualificazione dei posti esistenti, garantendo requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi improntati a logiche non istituzionalizzanti (ad esempio prevedendo che il numero dei posti per struttura sia limitato) considerando che si tratta di prestazioni ad alta integrazione sociosanitaria e prestando particolare attenzione al paziente adolescente ed adulto ed alle situazioni che presentino necessità riabilitativo-terapeutiche temporanee mirate».

I Disegni di Legge all’esame della Commissione costituiscono un’ottima occasione per avviare questi processi di adeguamento delle strutture secondo le Linee di Indirizzo citate.
Questo è dovuto alle carenze culturali e formative che hanno provocato un grave ritardo del nostro Paese rispetto alla maggioranza dei Paesi evoluti. Se i bambini con autismo di venti-quaranta anni fa fossero stati adeguatamente e tempestivamente educati ed abilitati, gli attuali giovani e adulti con autismo avrebbero una minore disabilità e bisogni meno intensi e graverebbero molto meno sulla famiglia e sulla società, obbligate ad impiegare moltissime risorse umane ed economiche: il costo della vita di una persona con autismo si stima superiore a tre milioni di euro. Anche per questo auspichiamo un iter veloce per l’approvazione dei Disegni di Legge presenti in Senato sull’autismo.

Abbiamo esaminato i Disegni di Legge sul “dopo di noi” oggi in discussione e concordiamo sulla necessità che tale iter venga accelerato al massimo, poiché la domanda di ricovero in favore delle persone con autismo che non sono state adeguatamente abilitate è già oggi molto superiore all’offerta. Se non si provvederà urgentemente al miglioramento dei servizi secondo la Linea Guida n. 21 dell’ISS, in futuro il problema sarà ancora più grave, dato che il riconoscimento del numero dei casi di autismo è in continuo aumento. In USA ha già raggiunto la frequenza di un caso su 68 bambini di otto anni, secondo i dati del CDC [Center Disease Control, N.d.R.] di Atlanta riferiti al 2010, in aumento del 30% rispetto al 2008 (a tale aumento concorre la maggiore specializzazione nella diagnosi, che è in grado di diagnosticare anche disturbi dello spettro autistico meno gravi).
Le persone con autismo hanno bisogno della continuità dell’educazione speciale di tipo abilitativo e di un’assistenza sanitaria specializzata, per tutta la vita, fin da bambini, fornite con intensità e frequenza elevate, insieme a valutazioni sanitarie in occasione della diagnosi e dei successivi assessment [valutazioni, N.d.R.]. La specificità e la professionalità degli interventi non accrescono i costi, ma aumentano l’efficacia delle risorse impiegate.

I casi a cui ci si riferisce in questa sede esigono anche l’assistenza sanitaria continua e specializzata, adeguata per non collaboranti, in quanto fornita a persone che non sono in grado di manifestare correttamente neppure il dolore da cui sono afflitti: ad esempio il dolore di una carie dentale non viene comunicato, ma viene manifestato con “comportamenti problema”, per nulla indicativi dell’esistenza e della localizzazione del male. Generalmente alla scarsa conoscenza delle difficoltà comunicative del dolore delle persone con autismo si supplisce con psicofarmaci, per cui un comune mal di denti può essere sedato invece che curato.
La somministrazione di psicofarmaci, quando necessaria, avviene in un contesto di scarsissime conoscenze farmacologiche, per cui si esige una specializzazione elevatissima ed un’attenzione continua agli effetti secondari ed agli effetti paradosso, frequentissimi in questi casi.

La progettazione delle residenze e del loro arredamento deve tenere conto dei “comportamenti problema” di queste persone, che possono essere aggressive e violente verso se stesse, verso altre persone o verso cose. L’arredamento deve favorire la concentrazione e potenziare tutte le altre capacità di queste persone molto particolari, come dimostra l’esperienza quarantennale della strategia TEACCH [Treatment and Education of Autistic and Related Communication Handicapped Children, N.d.R.], adottata per la prima volta nel North Carolina. Il personale addetto all’abilitazione deve avere una specializzazione di tipo educativo-comportamentale, così come indicato nella Linea Guida n. 21 dell’ISS e nelle Linee di Indirizzo citate.
La promiscuità di diverse sindromi di disabilità mentale nella stessa residenza può essere una soluzione accettabile, soltanto se vi sia sempre accanto alla persona con autismo un operatore specializzato nel trattarlo. Per contenere correttamente le crisi di aggressività in Gran Bretagna occorre un’apposita specializzazione, attualmente inesistente in Italia, come anche le recenti cronache (Grottammare; si veda un video al proposito) dimostrano.
Per questi motivi le residenze da 8 posti, volute dalle associazioni che ci hanno preceduto, costituiscono un buon compromesso, purché in queste si risponda alla necessità di fornire un’abilitazione continua ed un’assistenza medica adeguata. Altre soluzioni come la permanenza nella casa di origine o nelle case famiglia potranno valere in particolare per gli adulti di domani, che oggi stanno seguendo percorsi di tipo educativo atti ad aumentare il livello di autonomia e di socializzazione.

Pochissime in Italia sono le soluzioni che rispondono ai requisiti necessari per le specificità delle persone con autismo: la Fondazione Marino di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), Cascina Rossago di Pavia sono i primi esempi da citare. Si tratta di residenze sociosanitarie ad elevata integrazione, che si sono dimostrate efficaci in trattamenti a lungo termine ed anche in trattamenti più intensivi per recuperare i casi critici: nella Fondazione Marino si trovano in organico direzione sanitaria, psicologi, tecnici della riabilitazione psichiatrica, come è generalmente previsto dai regolamenti di accreditamento regionali.
La dimensione di dieci posti letto sembra essere una soluzione ottimale per queste persone con autismo, consentendo di uscire dalla residenza per lunghi periodi della giornata, in attività varie. Al proposito dobbiamo riscontrare con rammarico che in altre località, nell’ottica dei tagli al bilancio della sanità, sono state eliminate le uscite quotidiane nei Centri Diurni delle persone in residenza, proprio per ridurre le spese supplementari dovute all’uscita in un centro occupazionale della persona con autismo.
[…]
In conclusione ANGSA sostiene fermamente le iniziative legislative volte a dare una risposta al “dopo di noi”, problema gravissimo oggi e ancora in forte crescita nel futuro prossimo.
Occorre favorire le iniziative che le famiglie e le loro associazioni possono intraprendere per assicurare al proprio caro una vita più dignitosa, mettendo a disposizione le loro eventuali risorse patrimoniali, replicando le pochissime esperienze positive sorte a tutt’oggi oppure escogitando soluzioni innovative migliorative, nel rispetto delle Linee di Indirizzo della Conferenza Unificata del 22 novembre 2012.

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