C’è anche la firma di ricercatori italiani – Renzo Guerrini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze, nonché ordinario dell’Università di Firenze e Carla Marini, coordinatrice del Day Hospital di Neurologia sempre al Meyer -, nel più grande studio collaborativo sinora mai realizzato al mondo, per identificare le cause genetiche delle epilessie infantili gravi i cui risultati sono stati pubblicati in questi giorni in versione online dall’«American Journal of Human Genetics» e usciranno sulla rivista il prossimo 2 ottobre.
In sostanza, il team internazionale di ricercatori ha trovato nuovi geni, alcuni dei quali – è il caso ad esempio di Dynamin 1 -, coinvolti nella funzione della sinapsi, ovvero la struttura principale del sistema nervoso che consente la comunicazione tra i neuroni [cellule del tessuto nervoso, N.d.R.].
Gli studiosi hanno analizzato le informazioni genetiche di 356 pazienti con encefalopatie epilettiche (gravi forme di epilessie con esordio precoce) e dei loro genitori sani. Nella loro analisi, i gruppi hanno cercato esattamente i geni che avevano acquisito nuove mutazioni nei bambini con epilessie gravi rispetto al DNA dei genitori. In totale, sono state identificate 429 nuove variazioni del DNA che nel 12% dei bambini sono state considerate mutazioni inequivocabilmente causa di epilessia. Oltre poi a diversi geni già noti essere implicati nelle epilessie infantili, il team di ricerca ha identificato mutazioni in geni con funzione connesse alle sinapsi, tra i quali appunto, come detto in precedenza, un ruolo essenziale lo ha Dynamin 1.
«Speriamo – dichiara Renzo Guerrini – che l’identificazione del ruolo di questi geni nelle epilessie possa fornire più informazioni sui meccanismi alla base della malattia e dare spunto per trattamenti innovativi. Lo studio pubblicato in questi giorni è il risultato di un approccio molto innovativo allo studio delle epilessie, in particolare di quelle forme che, pur avendo caratteristiche simili, sono dovute a cause genetiche differenti».
«In passato – prosegue -, abbiamo dovuto sottoporre i pazienti a lunghi iter diagnostici composti da molteplici test e indagini, disponendo di poche possibilità di confrontare i dati delle singole persone con serie molto ampie di individui portatori di problemi simili. Con le nuove tecnologie, siamo invece in grado di arrivare a una risposta in modo molto più veloce e di confrontare i dati di sequenziamento del DNA di ogni paziente con quelli prodotti in ampie popolazioni di soggetti con le stesse caratteristiche, identificando i meccanismi comuni che ne sono alla base. Ciò è possibile grazie ai progressi della bioinformatica e all’attivazione di network internazionali, in cui i dati vengono confrontati. Questo studio, infatti, deriva da una forte collaborazione fra ricercatori europei, statunitensi e australiani e un approccio del genere si tradurrà sicuramente in una migliore cura dei pazienti».
«La combinazione dei dati provenienti da tre grandi consorzi internazionali di ricerca – sottolinea dal canto suo Carla Marini – è una strategia vincente per svelare il background genetico di gravi epilessie presenti nell’infanzia. Le collaborazioni sono il modo migliore per affrontare questi disturbi che singolarmente sono rari, anche se – considerati nel loro insieme – sono, purtroppo, piuttosto frequenti».
Le epilessie – lo ricordiamo – sono tra i più comuni disturbi del sistema nervoso centrale e colpiscono fino a 50 milioni di pazienti in tutto il mondo. Circa un terzo delle epilessie cosiddette “farmacoresistenti” è associato ad altre disabilità, come la compromissione delle funzioni intellettive e l’autismo.
In molti pazienti con epilessie gravi – forme particolarmente devastanti nei bambini – nessuna causa viene identificata, ma vi è un’evidenza crescente che i fattori genetici sono spesso coinvolti.
Per quanto riguarda infine lo studio di cui si parla nella presente nota, esso, come accennato da Carla Marini, è stato realizzato da tre consorzi internazionali, tra cui Epi4K, finanziato dall’americano NIH (National Institutes of Health) e gli europei EPGP e EuroEPINOMICS, che comprendono ricercatori provenienti da oltre venti Paesi. (Roberta Rezoalli)
Nel nostro Paese sono impegnate da molto tempo nella lotta all’epilessia l’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e la LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia).
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Roberta Rezoalli (r.rezoalli@gmail.com).
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