Leggo ancora una volta il solito copione e mi rattristo. Nella bozza della Legge di Stabilità si prevede il taglio di 100 milioni di euro al Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze (da 350 a 250 milioni) e il congelamento del Fondo delle Politiche Sociali.
Le Associazioni, unite come non sempre avviene, non ci stanno e chiedono un incontro urgente. Vorrebbero Renzi presente, si trovano davanti due Sottosegretari, animati dalle migliori intenzioni, ma evidentemente non in grado di decidere un accidente. E si torna a parlare di mobilitazione necessaria. Quasi una forma di “fisioterapia di massa”, una ginnastica pericolosa, specie avvicinandosi la stagione invernale. Lo abbiamo visto e fatto tante volte. Con il risultato, spesso, di vincere la battaglia, sapendo che la guerra continuerà a svilupparsi in mille trincee, tra agguati, trabocchetti e altre diavolerie previdenziali e contabili.
Il mondo della disabilità non merita questo trattamento. Non lo ha mai meritato, anche quando è stato ripetutamente messo in un angolo con campagne furbe e detestabili che hanno inutilmente cercato di dimostrare l’indimostrabile, ossia che in Italia si spende troppo per chi non è produttivo.
«L’ISTAT – documenta il sito della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – certifica che in Italia la spesa sociale per la disabilità è inferiore di mezzo punto di PIL [Prodotto Interno Lordo, N.d.R.] rispetto alla media dell’Unione Europea. In Italia la spesa pro capite è di 423 euro l’anno: la media dell’Unione Europea è di 536. In Germania si spendono 277 euro in più, in Croazia 100. Il divario rispetto all’Unione Europea è di circa 8 miliardi di euro. Se osserviamo gli effetti pratici, ciò significa esclusione sociale, marginalità, impoverimento progressivo delle persone con disabilità e dei loro familiari che spesso sono gli unici caregiver [assistenti di cura, N.d.R.], in un’assenza di politiche certe e strutturate».
Caro Renzi, non tutte le donne con disabilità potranno mettere al mondo un bebè dal prossimo gennaio, anzi credo che in questa situazione saranno ben poche a poterselo permettere, perciò a loro quel bonus di 80 euro non fa né caldo né freddo.
Non tutte le persone con disabilità hanno un lavoro che permetta loro di accedere agli 80 euro di bonus in busta paga o al Trattamento di Fine Rapporto (TFR), per il semplice motivo che oltre due terzi sono strutturalmente disoccupati e dunque devono, necessariamente, avere accesso a servizi, a risorse, a progetti di vita indipendente, se non vogliono finire, come unica e ultima scelta, in una struttura protetta.
Pensavo sinceramente che indietro – almeno rispetto all’esiguo bilancio degli ultimi anni – fosse impossibile tornare, e invece, almeno in prima battuta, ci risiamo.
Almeno ci fosse un segnale di serietà e di trasparenza, una proposta di approfondimento e di riforma strutturale del complesso meccanismo procedurale che rende difficile costruire progetti concreti attorno alle persone, come vuole la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Niente di tutto questo, il Programma d’Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità, impegno ampio sottoscritto a suo tempo dal Governo, è fermo tra i buoni propositi, i tagli alle Regioni e ai Comuni sono l’unica certezza conclamata.
Parlare di delusione, al momento, è pure poco. Caro Renzi, c’è solo una cosa da fare. Tra un tweet e l’altro, durante la Leopolda o subito dopo, manda un segnale forte: «Mi sono sbagliato, sulla disabilità non si taglia #statesereni». Che comunque, a dirla tutta, sereni non stiamo di sicuro.