Perché il Piano delle Malattie Rare è un’occasione mancata

di Claudio Buttarelli*
«Sono numerose - secondo Claudio Buttarelli, presidente del MIR (Movimento Italiano dei Malati Rari) - le criticità del Piano Nazionale Malattie Rare 2013-2016, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, un Piano rilasciato con troppa fretta, dopo lunghi anni di gestazione, e che di fatto rimane sostanzialmente privo di obiettivi concreti da raggiungere, di responsabili certi che li garantiscano, e che soprattutto è “orfano” di risorse economiche»

Medico fotografato di spalle, mentre si allontana in un corridoio di ospedaleIl 16 ottobre scorso la Conferenza Stato-Regioni ha dato il proprio via libera al Piano Nazionale Malattie Rare 2013-2016. Lo schema di accordo, sottoposto al vaglio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stato approvato con l’indicazione che «a quanto previsto dal Piano si provveda con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» (Nota n. 75034 del 24 settembre scorso del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato).
Ora dunque il Piano – con grande ritardo rispetto alle Raccomandazioni della Consiglio dell’Unione Europea, che ne prevedevano l’adozione «preferibilmente entro la fine del 2013» -, e soprattutto senza fondi a disposizione, come precisato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, passerà alle singole Regioni che, con provvedimenti specifici, dovranno recepirne i contenuti.

Ma che faranno ora le Regioni, in considerazione dei tagli alla spesa ai quali sono oggi chiamate dalla Legge di Stabilità? A parere del MIR (Movimento Italiano Malati Rari) la risposta è semplice: ben poco. Quello che succederà, infatti, sarà solo un acuirsi delle differenze di trattamento dei Malati Rari tra una Regione e l’altra, con evidente penalizzazione di coloro che vivono in territori dove l’assistenza non viene garantita allo stesso livello, e soprattutto di quei Malati Rari che, in attesa dell’aggiornamento dei LEA [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.], continueranno ad essere gli ormai tristemente noti “malati invisibili”.
Dopo un lungo lavoro di analisi prima della bozza e poi della versione definitiva del Piano, esprimiamo dunque la nostra profonda delusione e insoddisfazione, identificando quella del 16 ottobre come un’occasione mancata per quasi due milioni di Malati Rari che vivono in Italia. Delusione e insoddisfazione espresse non solo perché nel lungo processo di approvazione del Piano e nonostante i ripetuti inviti, non è stata concessa al MIR alcuna occasione di confronto né con il Ministero, né con le altre realtà associative dei Malati Rari, ma soprattutto perché il testo approvato presenta a nostro avviso gravi e importanti lacune. Ci saremmo aspettati, infatti, che questo ampio documento potesse essere finalmente “maturo” alla luce di quasi quindici anni di incontri, convegni, seminari, tavole rotonde e giornate celebrative delle Malattie Rare, che potesse avere corpo e sostanza e che – nonostante il ritardo – potesse riportare l’Italia e gli italiani al pari con gli altri Paesi europei, ma purtroppo non possiamo che prendere atto dell’ennesima dichiarazione di validi intenti e nulla di più.
Il nuovo Piano, infatti, è ricchissimo di buone intenzioni – per altro tutte condivise -, ma completamente privo di impegni “definiti”, sia nei tempi di realizzazione, sia nell’individuazione dei responsabili e delle risorse da allocare per il raggiungimento degli obiettivi.

In particolare, a nostro avviso, i punti di criticità del Piano sono riassumibili in sette macrotemi, qui di seguito elencati:
1. Totale mancanza di indicazioni chiare su tempi, risorse e responsabili del raggiungimento degli obiettivi che il Piano si pone. Infatti (punto 3, pagina 34), tutto viene in maniera piuttosto aleatoria delegato a un «Comitato Nazionale» che dovrà indicare le priorità di impegno delle risorse (che non ci sono) e svolgere attività di monitoraggio dei risultati, senza però individuare i responsabili dei singoli obiettivi e i tempi per il loro raggiungimento.

2. Non vengono stabiliti dei criteri certi di identificazione dei soggetti coinvolti, né tanto meno definiti dei criteri di valutazione dell’operato dei singoli soggetti componenti il citato «Comitato Nazionale», quale organo per altro preposto ad attività di strategia e monitoraggio del Piano.
Insomma, non indicando chi “controlla i controllori” e soprattutto non chiarendo in base a quali criteri avverrà l’identificazione dei soggetti che dovranno far parte del Comitato e, in rappresentanza di questi, quali dovranno essere per ciascuno i requisiti in termini di competenze o rappresentatività, si lascia spazio al dubbio che questo possa essere l’ennesimo tavolo composto da soggetti autoreferenziati del quale in questi termini si poteva fare certamente a meno. Ad avvalorare quanto sopra, è sufficiente ricordare che lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze, nella già citata nota prodotta il 24 settembre scorso, ritenendo l’istituzione del tavolo non in linea con l’attuale normativa, ha stabilito che per i suoi componenti non sia previsto alcun compenso, indennità, gettone di presenza o rimborso spese di partecipazione.

3. Il Piano approvato rimane di fatto “orfano” di interventi a sostegno delle famiglie e ciò in palese contrasto con la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 2009, che invitava gli Stati Membri ad adottare Piani Nazionali «nell’ambito dei sistemi sanitari e sociali dei singoli Paesi». Per altro, nella versione finale del Piano è stata piuttosto goffamente eliminata la frase: «L’area degli interventi sociali non è oggetto del presente Piano, centrato sugli aspetti sanitari dell’assistenza e dovrà essere affrontata in sedi diverse e attraverso provvedimenti di diversa natura», presente invece nella versione in bozza. Tale affermazione aveva provocato una vera e propria levata di scudi da parte delle Associazioni dei pazienti, ma per lo meno ammetteva esplicitamente uno dei limiti di questo piano. Chi ha provveduto invece alla redazione del testo finale ha pensato di porvi rimedio, inserendo una generica previsione di «attenzione al rispetto del diritto all’educazione e alla formazione, al lavoro e alla partecipazione sociale» (punto 3.5, pagina 37), che denota una totale mancanza di cultura e rispetto del welfare.

4. Il Piano, pur facendo riferimento al contesto europeo, non è nei fatti armonizzato con gli altri Piani Nazionali per le Malattie Rare: sarebbe infatti stato sufficiente analizzarli, per comprendere che quelli sono dei veri e propri “piani di azione”, mentre quello approvato lo scorso 16 ottobre è un mero “piano di intenti”, dove si evidenziano obiettivi generali e di principio, ma dove ci si dimentica di esplicitare quali saranno le azioni concrete attraverso cui raggiungerli. Anche per questo l’identificazione di generici e non misurabili indicatori di monitoraggio previsti rispetto ai singoli obiettivi del Piano non risultano sufficienti per misurarne l’effettivo grado di raggiungimento. A tal proposito sarebbe stato sufficiente prendere ad esempio il Piano Tedesco, dove per ognuna delle cinquantadue proposte di azione nel triennio di validità vengono definiti: dettaglio della singola proposta, responsabili del raggiungimento della stessa e tempi di realizzazione. La Germania, un documento come quello che oggi è stato approvato in Italia, lo aveva già adottato nel 2009!

5. Nel Piano non viene affrontato il problema della regionalizzazione sanitaria, che oggi ha portato a gravi situazioni di disparità tra pazienti residenti in Regioni differenti, più o meno virtuose. Per questo la generica previsione (punto 3.1, pagina 35) di volere «rafforzare ulteriormente gli strumenti di coordinamento e di integrazione […] per minimizzare le differenze nell’offerta dei servizi e nella loro accessibilità» è utile solo a manifestare un’intenzione e non certo a risolvere un problema, per il quale, a nostro avviso, risultava più utile identificare una strategia fondata sul diritto di uguaglianza dei cittadini rispetto all’accesso alle cure.

6. All’interno del Piano (punto 3.10, pagina 42) ci si pone come obiettivo quello di aumentare il numero dei farmaci orfani disponibili in commercio, ma, in maniera miope, non si prevede alcuna misura di incentivazione per le case farmaceutiche a produrli, né tanto meno si ritiene analogamente utile intervenire in favore di quelle aziende che, sviluppando tecnologie utili alla prevenzione delle Malattie Rare, ne consentono attività di screening e diagnosi precoce per un numero sempre più vasto di patologie.

7. Nonostante se ne parli ormai da diversi anni, nel Piano manca anche qualsiasi riferimento al possibile avvio di un progetto pilota per l’introduzione della cosiddetta “Cartella Clinica Elettronica del Malato Raro”, già prevista all’interno del Piano Francese. Tale Cartella potrebbe rappresentare uno strumento molto utile soprattutto in occasione dei diversi interventi di Pronto Soccorso ai quali i Malati Rari sono spesso costretti, il più delle volte in condizione di salute tali da non consentire loro né di comunicare la patologia della quale soffrono, né i potenziali rischi legati a trattamenti di triage inappropriati per particolari Malattie Rare.
Inoltre, crediamo che questo strumento contribuirebbe in modo significativo a un corretto censimento della popolazione dei Malati Rari in Italia su base Orpha Code e, questa sì, sarebbe un’iniziativa che andrebbe nella direzione dell’armonizzazione del nostro sistema agli standard degli altri Paesi europei.

Per il MIR, dunque, sono diversi e numerosi i punti critici di questo Piano Nazionale Malattie Rare (solo sanitario e non anche di azione), rilasciato con troppa fretta, dopo lunghi anni di gestazione, con modifiche dell’ultimo momento frutto evidente di compromessi tra le parti. Un Piano che di fatto rimane sostanzialmente privo di obiettivi concreti da raggiungere, di responsabili certi che devono garantirli, ma soprattutto “orfano” di risorse economiche.
E così i Malati Rari, quelli “visibili” (Decreto Ministeriale 279/01) e quelli “invisibili”, continuano ad aspettare risposte. Dal canto nostro li aspetteremo l’8 novembre a Roma (Piazza Numa Pompilio, ore 10), per l’evento denominato Via Crucis dei Malati Rari, un percorso cittadino per le via della Capitale, a riflettere insieme su criticità e lacune metodologiche di questo Piano Nazionale per le Malattie Rare.

Presidente del MIR (Movimento Italiano dei Malati Rari).

Il MIR (Movimento Italiano dei Malati Rari), è un’Associazione di Promozione Sociale costituita alla fine del 2012 su iniziativa di un gruppo di rare persone che hanno deciso di adoperarsi in favore delle persone rare. Esso si prefigge di aggregare tutte le persone, malati e non, che abbiano a cuore le problematiche di coloro che sono affetti da una Patologia Rara, allo scopo di dar voce alle loro istanze affinché possano riappropriarsi del ruolo di protagonisti della propria vita, di “cittadini attivi”, ma soprattutto di “risorse” della nostra società.
In sostanza il MIR si adopera per far sì che tutte le persone con Malattie Rare – così come previsto dal dettato costituzionale – ovunque risiedano e indipendentemente dalla loro patologia, possano usufruire dello stesso livello di prestazioni diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali previste dal Servizio Sanitario Nazionale per tutti i pazienti non rari.

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