La lettura di Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile – il libro di Massimiliano Verga (Mondadori, 2012) che viene presentato per la prima volta in pubblico a Milano [se ne legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.] – è durissima e sconvolge anche chi, come me, conosce abbastanza da vicino la disabilità nelle sue situazioni più difficili ed evidenti.
Un padre che non concede quasi nulla alla speranza, che racconta il suo rapporto con un figlio che presenta una serie di deficit fisici, sensoriali e intellettivi. Un rapporto aspro, totalizzante, nel quale non c’è spazio quasi neppure per il normale sentimento paterno.
Pagina dopo pagina, in una scrittura tesa e scarna, efficace nella sua crudezza, Verga ti conduce di forza nell’abisso di una situazione difficile, se non impossibile, da gestire in termini di normalità di vita. Nel libro è tutto “troppo”. Apprestandomi a intervistare Verga, per conto del settimanale «Vita», temevo che si trattasse di uno sfogo, trasformato in fenomeno letterario e di mercato, in un periodo nel quale la disabilità è già oggetto in Italia di un attacco senza pari, a tutti i livelli, anche rispetto al tema del carico familiare, della gravità, del peso insostenibile di vite improduttive.
Temevo tutto questo, e ho riversato nelle mie domande, telefoniche, la mia distanza, la mia irritazione. Massimiliano Verga mi ha risposto con franchezza estrema, ammettendo i rischi, ma dimostrandomi, frase dopo frase, che il suo intendimento era esattamente l’opposto, quello cioè di squarciare un velo sul silenzio, sull’indifferenza, sul pietismo solidaristico che spesso si accompagna alla narrazione della disabilità.
È stato un dialogo forte, teso, che non posso dimenticare. Questo docente di Sociologia della Bicocca, che non conoscevo, mi stava rappresentando con esattezza e realismo una serie di problemi che noi, tutti i giorni, attraverso le associazioni e il lavoro di documentazione sui diritti, trasformiamo in parole diverse, più tecniche, non meno critiche – forse – ma sicuramente non così dirette e personali.
Da allora ci siamo sentiti spesso, è nata una curiosa amicizia, incardinata attorno alla capacità di entrare in rapida sintonia sulle cose, sulle idee, sulle battaglie da fare per tutelare tutti gli “Zigulì” che vivono in un Paese pieno di leggi ottime, quanto inapplicate. Ci ha avvicinato anche la comune fede calcistica, ma anche questa, a dire il vero, è assai problematica e irta di sofferenze.
In questi mesi il libro ha avuto un successo consistente, tenendo conto anche delle difficoltà che il tema incontra sempre, sugli scaffali delle librerie, zeppe di “pseudo bestseller” e di firme improbabili.
Come spesso accade, il passaparola dei lettori, il fortissimo e appuntito dibattito nei blog, le riflessioni dei genitori, delle persone con disabilità, di chi nulla sapeva o voleva sapere di situazioni esistenziali come questa, hanno favorito la diffusione di un’opera insolita e scomoda. La tivù ha fatto il resto, con molte occasioni di interviste, più o meno azzeccate, più o meno coerenti con lo spirito e le aspettative dell’autore.
Mi stupisce la contemporaneità con il successo travolgente del film Quasi amici, del quale ho già avuto occasione di scrivere anche su queste pagine [se ne legga cliccando qui, N.d.R.]. Tutt’altra storia, tutt’altro registro stilistico, più leggero, ai limiti della comicità. Eppure altrettanto fuori dagli schemi “politicamente corretti” che troppo spesso ci allontanano dalla comprensione di tutti.
In qualche modo anche Zigulì costringe i benpensanti a essere un po’ meno benpensanti. E a mettersi in gioco, a rimboccarsi le maniche. A pensare perfino: «Questo libro mi riguarda».
*Direttore responsabile di Superando.it. Testo elaborato in occasione della presentazione a Milano del 29 marzo del libro di Massimiliano Verga Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile (se ne legga nel nostro sito cliccando qui).
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