Sta facendo molto parlare la partecipazione della bella e brava Giusy Versace alla trasmissione di Raiuno Ballando con le stelle, di cui è certamente la protagonista principale.
Quello che incanta di più, guardandola a passo di danza in coppia con Raimondo Todaro, oltre al suo bellissimo sorriso, è sicuramente la grande forza di volontà che le permette di superare ogni limite.
Nella puntata di sabato 15, ad esempio, con le protesi elastiche volutamente sfoggiate assieme a un abito corto e tempestate di Swarovski, ha danzato un quickstep andando oltre i confini. L’abbiamo guardata con tanta ammirazione ed emozione in un’esibizione piena di talento, forza e coraggio, condita con un po’ di fashion.
«Mi piace l’idea, rivolta in particolare alle donne che vivono con disagio la loro disabilità, che anche con un’amputazione non si debba rinunciare ad essere fashion»: è un messaggio chiaro, quello di Giusy, che scuote gli animi e trasmette fiducia e coraggio alle persone che affrontano la disabilità con imbarazzo o disagio e, nello stesso tempo, agevola l’integrazione, attraverso un’attività fisica solitamente più adatta ai normodotati.
Grazie al talento e alla tenacia di atlete come Versace, possiamo infatti apprezzare certe esibizioni senza cadere nella commiserazione, come qualcuno ha tentato di fare durante la trasmissione, esprimendo il principio che, visto che è svantaggiata rispetto agli altri, avrebbe più possibilità di vincere, perché commuove ed emoziona di più, o perché le sue protesi le permettono di saltellare meglio.
Era un discorso, questo, già sentito con Oscar Pistorius, in tempi “non sospetti”, quando veniva accusato di migliorare le prestazioni di velocità attraverso protesi tecnicamente superiori.
Personalmente, però, non trovo alcun vantaggio nello svantaggio di Giusy: né di tipo meccanico, perché sappiamo che le protesi non sono comode, figuriamoci ballare con esse, cercando costantemente di usare la corretta “dose” di forza per dare il giusto slancio, e nemmeno di tipo psicologico; se si pensa infatti che commuovere o impressionare positivamente possa aiutare a vincere, beh, forse si è perso il vero significato di questa storia: promuovere l’integrità sportiva, che possa essere di stimolo per chi soffre ancora per la propria disabilità. E non cadere sempre nel pregiudizio.
Per quest’ultima riflessione, tra l’altro, ringrazio personalmente Giusy Versace per le belle parole che mi scrisse qualche anno fa, quando anche a me capitò di soffrire del pregiudizio degli altri.
Forza Giusy, stella che corre, balla e incanta, che ci aiuta a guardare oltre i confini, oltre i limiti, ma soprattutto senza nessun condizionamento.
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