I diritti dei bambini con disabilità e abbandonati

Secondo dati ministeriali di qualche anno fa, erano più di 4.000, i bimbi e gli adolescenti con gravi disabilità (di varia natura), posti fuori dalla famiglia di origine. Ed è sui diritti di questi minori che - appoggiata anche dalla FISH - si sofferma Casa al Plurale, Associazione che riunisce e rappresenta le case famiglia per persone con disabilità a Roma e nel Lazio, in occasione del 20 novembre, Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza
Bimbo con grave disabilità in una casa famiglia
Un bimbo con grave disabilità in una casa famiglia

«In ospedale non un giorno in più del necessario: perché anche i bambini con gravi disabilità e in stato di abbandono hanno il diritto di vivere e di crescere in famiglia, amati e accuditi, e non in una corsia ospedaliera».
A ricordarlo e a ribadirlo è Casa al Plurale, Associazione che riunisce e rappresenta le case famiglia per persone con disabilità a Roma e nel Lazio, in occasione della Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che si celebrereà domani, 20 novembre, esattamente venticinque anni dopo l’approvazione, da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC), avvenuta appunto il 20 novembre del 1989 a New York. Tale Trattato è poi entrato in vigore il 2 settembre 1990 e l’Italia lo ha ratificato il 27 maggio 1991 con la Legge 176/91. Ad oggi esso è stato ratificato da 193 nazioni, cioè praticamente da quasi tutti i Paesi, e in tal senso è lo strumento internazionale più ratificato al mondo.

E del resto, accogliere bambini con disabilità gravi in una casa famiglia – dove l’affettività, l’intimità, le cure personalissime da parte di operatori professionali creano quell’“aria di casa” evidenziata anche dalle Convenzioni internazionali – è possibile e auspicabile: lo dimostra l’esperienza ventennale della Cooperativa L’Accoglienza ONLUS, una delle cinquantaquattro realtà di Casa al Plurale, che gestisce tre case famiglia socio-assistenzali per minori con disabilità e in stato di abbandono.
In oltre vent’anni di attività, infatti, a partire dall’esperienza di Casa Betania, L’Accoglienza ha ospitato diciannove minori affetti da grave disabilità e oggi ospita nelle sue tre case famiglia tredici bambini e ragazzi. Grazie al lavoro costante con gli Enti Pubblici preposti (Tribunale per i Minorenni, Servizi Sociali, Ufficio Tutele e ASL), è stato dunque possibile dare una casa a questi bambini e ragazzi, minori non riconosciuti alla nascita o con situazioni familiari molto fragili, che presentano patologie fisiche o mentali gravi e che spesso, una volta dimessi dall’ospedale, hanno un’aspettativa di vita molto bassa. Si tratta tuttavia di situazioni che possono essere gestite in un contesto familiare, senza la necessità di un’assistenza sanitaria continua: se quei minori avessero avuto la possibilità di una famiglia, a loro avrebbero provveduto i genitori.

«L’accoglienza in casa famiglia – sottolinea Paolo Mariotti, specialista in Neuropsichiatria Infantile e in Neurologia del Policlinico Universitario Gemelli di Roma – ovvero in una struttura residenziale simile a una qualsiasi casa, risulta essere, per la sua peculiarità, assimilabile a un’esperienza riabilitativa. E l’esperienza è rafforzata dal risvolto positivo che un ambiente familiare, tipico della casa famiglia, è in grado di esercitare sul processo educativo e psicologico del bambino con disagio da deprivazione affettiva in generale e, in particolare, sul bambino gravemente disabile».
Sulla scorta dei dati di un’indagine promossa nel 2010 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza, si può calcolare che i bambini e gli adolescenti con disabilità di varia natura, posti fuori dalla famiglia di origine, sarebbero circa 4.020 in Italia e 243 nel Lazio. E tuttavia, nel panorama nazionale esistono pochissime realtà in grado di accogliere minori con grave disabilità, come fa nel Lazio L’Accoglienza ONLUS: e così, a volte, questi bambini restano in ospedale per mesi e mesi, anche se potrebbero essere dimessi, con ripercussioni negative sia sugli stessi bambini sia sulle finanze pubbliche, dati i costi di ricovero ospedalieri molto più elevati rispetto a quelli delle case famiglia socio-assistenziali.
«Proponiamo – dichiara in tal senso Marco Bellavitis, responsabile dell’Accoglienza ONLUS e consigliere di Casa al Plurale – l’istituzione di un tavolo di lavoro con il coinvolgimento dei referenti istituzionali. Dopo oltre vent’anni di attività, desideriamo infatti promuovere, con l’adozione di un documento concertato con le ASL della Regione Lazio e l’Ufficio Tutele del Comune di Roma, una riflessione metodologica e scientifica che possa essere utile ad elaborare e ad integrare la normativa della Regione Lazio in materia, affinché il diritto dei bambini con disabilità a vivere in contesti familiari possa trovare sempre maggiore attuazione».

Si unisce a tale appello anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), tramite le parole di Dino Barlaam, presidente della FISH Lazio, che afferma: «La Strategia dell’Unione Europea sulla Disabilità 2010-2020 indica, fra le priorità da realizzare, la transizione dalle istituzioni segreganti in alloggi sociali all’interno della comunità, impegno fondamentale per avviare con forza strategie di inclusione effettiva nella società. I bambini hanno bisogno di attenzione adeguata in ambienti normali e le case famiglia possono rappresentare un momento di riconoscimento della loro dignità, per poter sperare in una famiglia e in una reale inclusione». (C.C. e M.M.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa Casa al Plurale (Carmela Cioffi e Marta Mancuso), ufficiostampa@casaalplurale.org.

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