Un anno fa, in una giornata freddissima, più di trecento persone, in rappresentanza di oltre ottanta organizzazioni (volontariato, utenti, operatori, cooperative), manifestavano davanti alla sede della Regione Marche contro i contenuti di due Delibere Regionali [Delibere di Giunta Regionale 1011/13 e 1195/13, N.d.R.]: con la logica delle economie di scala – fatte passare per servizi più “adeguati” – si sanciva il sostanziale ritorno delle grandi strutture (la riproposizione degli istituti: tante persone, con bisogni diversi, nella stessa struttura) e l’aumento dei costi a carico degli utenti e dei loro familiari [della manifestazione promossa ad Ancona il 29 novembre 2013 si legga ampiamente nel nostro giornale, N.d.R.].
La protesta di tantissime persone e organizzazioni, anche di livello nazionale, bloccò sostanzialmente quel processo, imponendo alla Regione di confrontarsi con chi avrebbe subito quelle scelte. Ma lo stop regionale è stato esclusivamente un escamotage e il Tavolo di Confronto che ne è seguito è servito soprattutto per placare gli animi e l’indignazione di tanti.
In una situazione nella quale è brillata l’assenza della politica, che “tanta comprensione” aveva dimostrato all’indomani della manifestazione del 26 novembre 2013 [si legga anche, a tal proposito, la recente lettera aperta inviata dalla Campagna “Trasparenza e diritti” al presidente della Regione Spacca e all’assessore Mezzolani, N.d.R.], oggi la Regione Marche torna all’attacco, mantenendo cioè il finto Tavolo di Confronto e contemporaneamente trattando e concludendo accordi con i gestori, tenendo fuori dalla partita gli utenti: 15.000 persone e i loro nuclei familiari, come se la questione dei servizi e della loro dignità e qualità fosse solo un problema di chi i servizi li eroga e non, soprattutto, delle persone cui sono destinati.
Così, mentre le organizzazioni che promuovono la Campagna Trasparenza e diritti e il CAT Marche (Comitato Associazioni Tutela) chiedono chiarimenti e risposte, la Regione non muta né approccio né impostazione e cerca di chiudere, furtivamente, un accordo con le rappresentanze degli erogatori.
Da tale quadro emerge, in particolare, la chiara intenzione di chiudere l’esperienza delle piccole comunità a dimensione familiare, a favore di grandi strutture da venti persone e più, preferibilmente accorpate con altre. In tal senso, la fine dell’esperienza delle piccole comunità, anche dal punto di vista nominale, è perseguita dalla Regione Marche con un’ostinazione e una durezza senza precedenti.
La Campagna Trasparenza e diritti e il CAT Marche si oppongono dunque con tutte le loro forze a questo miope disegno, volto – forse – al risparmio di qualche manciata di euro sul breve periodo, ma con pesantissime ricadute sulla qualità dei servizi e dunque sulla qualità di vita delle persone che li abitano.
Vivere in una piccola comunità a dimensione familiare, per l’Amministrazione Regionale è considerato un intollerabile privilegio che dev’essere estirpato con forza. Ci auguriamo quindi che i tanti soggetti, compresi i Comuni, che gestiscono molti di queste servizi, facciano sentire la loro voce e dicano chiaramente da quale parte stanno.