Si chiama I colori delle Emozioni. Inno alla vita… quando poesia, arte e musica si intrecciano armoniosamente, ed è un’antologia di pensieri e immagini realizzata qualche anno fa dall’AIM Rare di Firenze (Associazione Italiana contro le Miopatie Rare), per richiamare l’attenzione sulle problematiche legate appunto agli effetti delle miopatie rare, malattie neuromuscolari dell’apparato muscolo-scheletrico (se ne legga in calce una scheda).
«Il libro – spiega Caterina Campanelli , presidente di AIM Rare – contiene, pensieri, poesie, racconti e testimonianze di chi ha vissuto e vive questo grave disagio nel tentativo di superare l’impatto personale e sociale nei rapporti interpersonali. All’interno si trovano anche tantissime riproduzioni di disegni e quadri eseguiti dai pazienti affetti da queste patologie, nonché una vasta raccolta di immagini fotografiche che documentano l’articolata attività della nostra Associazione».
È ora stata realizzata una nuova edizione dell’opera, che verrà presentata oggi pomeriggio, venerdì 9 gennaio, a Firenze (Sala delle Collezioni di Palazzo Bastogi, Via Cavour, 18, ore 17), a quasi tredici anni dalla fondazione di AIM Rare, avvenuta appunto il 10 gennaio 2002.
Si tratta di un evento particolarmente caro al nostro giornale, dal momento che l’Associazione coglierà l’occasione anche per rendere omaggio al nostro direttore responsabile Franco Bomprezzi, scomparso nel dicembre scorso, che oltre ad avere firmato la Prefazione dei Colori delle Emozioni, aveva dato l’autorizzazione per inserirvi il suo testo intitolato Grazie Mamma, scritto dopo la morte della madre nel 2009 (li riprendiamo entrambi in calce).
«Vogliamo ricordare – sottolinea in tal senso Campanelli – una persona fantastica, un esempio più unico che raro, sia come Giornalista che come Uomo, la dimostrazione che nella vita non bisogna mai arrendersi».
Durante l’incontro, quindi, verrà letto proprio il citato testo dedicato da Bomprezzi alla madre, inserito nel capitolo del libro intitolato La Gratitudine. (Stefano Borgato)
Prefazione di Franco Bomprezzi al libro I colori delle Emozioni
«Una malattia rara, spesso rarissima, è prima di tutto una variabile del destino. È un’incognita, quasi sempre imprevista, molto spesso imprevedibile.
Mi colpiscono molto le belle testimonianze raccolte in questo libro. C’è sempre rispetto per la vita, e anche accettazione del destino. Accettazione non vuol dire rassegnazione, ma semplicemente presa d’atto che è andata così. E che dunque bisogna cogliere, dell’esistenza, ogni opportunità, ogni sfumatura. Ogni colore.
Le emozioni sono sicuramente dense di colore, e di ricordi. La memoria della vita è spesso la vita stessa. Ci appartiene e ci ristora, nei momenti difficili. Ci consente di raccontare, e dunque di coinvolgere altri, che condividono la nostra condizione, oppure che nulla sanno di una vita un po’ speciale.
È importante parlare, scrivere, descrivere. I genitori riescono a trovare parole dense di affetto e di sentimento quando parlano dei loro figli che hanno richiesto un’attenzione e una cura impreviste. I figli, chi vive su di sé la condizione di disabilità o gli esiti di una malattia, trovano attraverso il racconto la forza di affascinare, di coinvolgere.
La lettura di questo libro, dunque, è un percorso lieve e impegnativo al tempo stesso. Si può fare a piccole dosi, oppure tutto d’un fiato. L’importante è sapere che dietro ogni capitolo c’è una storia vera, una persona, un’esistenza.
La dignità, il rispetto, la bellezza di queste vite sono la premessa per i diritti di cittadinanza, di piena inclusione, di aspirazione alla normalità».
Grazie Mamma (testo di Franco Bomprezzi inserito nel libro I colori delle Emozioni)
«Devo cercare di essere oggettivo e sereno.
Non è facile parlare della mamma, visto che mi ha lasciato da pochi giorni per raggiungere mio padre in cielo. Si rischia di essere retorici, pieni di buoni sentimenti, scontati.
Ma queste righe gliele devo (le devo molto di più, per la verità); infatti se oggi posso scrivere liberamente un blog “senza barriere” è anche merito suo, di una donna speciale, coraggiosa, modernissima.
Quando sono nato, nel 1952, non esisteva l’ecografia prenatale, non si sapeva quasi nulla delle malattie genetiche. Sono uscito con tante fratture da far pensare che era meglio morire lì, nella clinica, piuttosto che sopravvivere deforme e fragile per sempre.
I miei genitori però, non hanno voluto; loro mi hanno accolto come si accoglie un figlio normale. Devo comunque enorme gratitudine anche a mio padre, ma nonostante questo, è lampante che il rapporto con mia mamma è stato più intenso, costante, decisivo.
Ricordo il suo sorriso quando ero un bimbo.
Non mi ha mai guardato senza dolcezza, senza un sorriso. Ecco perché non mi sono mai sentito una persona diversa, né ho avuto sensi di colpa, ma al contrario ho sviluppato, a discapito dell’evidenza di una disabilità fisica grave, i meccanismi dell’autostima, della normalità e della gioia di esistere.
Lei ha trattato il mio corpo con delicatezza e con amore; una donna così minuta, era l’unica che sapeva prendermi con tranquillità e sicurezza, ed io mi fidavo e mi affidavo soltanto a lei.
Ha nutrito la mia infanzia e la mia adolescenza di certezze, tenendo per sé il dolore, la paura e i sacrifici anche personali (dovette infatti interrompere l’insegnamento per lunghi anni).
Io sono dunque arrivato all’adolescenza non protetto in una palla di vetro, ma costruito correttamente per affrontare, seppure con le mie ossa fragili, una vita che non mi avrebbe fatto sconti.
Anche il rapporto con mio fratello, di due anni più grande, è stato impostato nei limiti del possibile, all’insegna della normalità e della parità di diritti e di doveri.
Entrambi fummo dotati di un’educazione sobria e “borghese”, di quella borghesia mai appariscente o ricca; ma quella borghesia che è stata per alcuni decenni una delle realtà sociali più positive del nostro Paese.
Mia mamma, insegnante di lettere, mi ha aiutato non poco a stimolare i miei istintivi interessi per lo studio e per la lettura; tanto che ben presto sono diventato onnivoro di libri, magari destinati a un’età un po’ maggiore della mia.
I miei genitori non hanno mai cercato a tutti i costi un mio recupero fisico impossibile, non mi hanno costretto ad esercizi fisici e riabilitativi che andassero a scapito del tempo da dedicare alla mia formazione scolastica.
Mi hanno accettato com’ero, un po’ speciale, con le ossa fragili e storte, con il naso lungo e con una parlantina inarrestabile e un po’ petulante.
Mia mamma ha costruito, senza saperlo (nel senso che nulla allora era stato teorizzato) una persona con disabilità capace di “vita indipendente”.
Il legame con lei è sempre rimasto fortissimo, ma io ho potuto decidere da solo quando e come emanciparmi dalla famiglia, costruire i miei affetti, le amicizie, il lavoro, la casa, l’indipendenza economica e pratica.
Ho vissuto normalmente perché ho avuto un imprinting perfetto. Un dono, anche culturale, che resta per sempre e che mi impegna a proseguire, anche adesso, che sto per compiere cinquantasette anni e che non ho più la possibilità di raccontare a lei, giorno dopo giorno, le mie conquiste e le mie delusioni, i miei dubbi e le mie certezze.
Sono stato un figlio fortunatissimo. Mia mamma si chiamava Rosalia Viola.
Ma per tutti era semplicemente Lia, la mia piccola grande mamma».
Le miopatie rare
Le miopatie rare sono malattie neuromuscolari che possono colpire i movimenti, la respirazione e tutto quello che si fa con le funzioni motrici. La sintomatologia di esse si caratterizza essenzialmente per un interessamento dell’apparato muscolo-scheletrico, con progressivo e spesso grave deficit di forza muscolare, causa di rilevante handicap motorio. I principali sintomi clinici sono costituiti da facile affaticabilità, ipostenia e ipotonia, ipo e pseudoipertrofia, crampi e contratture, fenomeno miotico, algie e dolorabilità muscolare.
Si tratta di malattie per la maggior parte di origine genetica, progressive e attualmente incurabili. Esse possono colpire i bambini, gli adolescenti o gli adulti e costituiscono una realtà spesso sommersa. La mancanza di conoscenze e la scarsa pubblicità in proposito aumentano poi le difficoltà dei malati e dei loro familiari.
L’incidenza delle singole forme di miopatie rare non è nota con esattezza: nel loro insieme sembrano rappresentare il 14% di tutti i casi a livello mondiale e solo l’1,3% di esse è curabile. Contrariamente infine a quello che si potrebbe credere, le malattie rare e le malattie genetiche possono riguardare tutti: esse infatti affliggono dal 4 al 6% della popolazione ossia circa 2 milioni di italiani e 25-30 milioni di europei. (a cura di AIM Rare)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@aimrare.org.
Articoli Correlati
- Che le persone siano sempre al centro di ogni percorso assistenziale «Vengano garantiti percorsi assistenziali in grado di permettere la diagnosi e la presa in carico delle patologie rare su tutto il territorio regionale e nazionale» e «Siano previsti livelli essenziali…
- Dalla ricerca scientifica alla vita dei pazienti Numerosi, come abbiamo riferito in questi giorni, sono gli eventi previsti in tutta Italia per la Seconda Giornata Mondiale delle Malattie Rare del 28 febbraio. Tra questi, degno di nota…
- Miopatie Rare: ricerca, ma anche ascolto, servizi, inclusione e solidarietà Ricerca, ma anche ascolto, servizi, inclusione e solidarietà: queste le “parole chiave” della Tavola Rotonda Nazionale di domani, 25 marzo, a Firenze, organizzata da AIM Rare (Associazione Italiana contro le…