Una mattina Anthony si sveglia. Ha quattro anni, ma è stanco: quell’apparecchio all’orecchio, piccolo purchessia, non lo vuole più. Blue ear, orecchio blu, così lo chiama, perché il colore è quello. È sordo quasi completamente, bilaterale. «Non lo metto!». Mamma ci prova, ma la risposta è sempre la stessa. C’è un perché: «Anche i supereroi non lo hanno». Sono quelli che lui ama, lì negli Stati Uniti, quelli della Marvel. In fondo, chi non ha letto l’Uomo Ragno, Devil, i Fantastici Quattro, il “mitico” Thor?
Mamma Christina, stremata, gioca l’ultima carta. Scrive alla casa editrice: «Non potete inserire un supereroe con una protesi acustica?». Alla Marvel si guardano: «Perché no?». Nasce così Blue Ear, perché quel nome creato da Anthony non è male. Lui vede l’albo. Il giorno dopo si alza e mette l’apparecchio all’orecchio. In fondo, lo fanno anche i supereroi.
Oggi Blue Ear non è più solo. C’è una ragazza ad affiancarlo, supereroina e, come lui, con una disabilità uditiva. Si chiama Sapheara, non ha un apparecchio acustico esterno come Blue Ear, ma un impianto cocleare. Lottano contro il male in un albo di Ironman, l’uomo di ferro, altro supereroe che qualche problema lo vive, visto che ha una malformazione cardiaca.
La Marvel non è nuova a personaggi che lanciano un messaggio sociale: Devil è una persona cieca, che ha sviluppato straordinariamente gli altri sensi; Thor, figlio del dio Odino delle antiche religioni celtiche, nella vita normale è un medico che si aiuta con un bastone per camminare; il professor Xavier, capo degli X-Men, è uno scienziato che si muove grazie a una carrozzina e ha sviluppato eccezionali poteri della mente. E si potrebbe andare avanti.
Ne fa una bella analisi Antonio Tripodi in un interessante articolo intitolato La Diversità degli Eroi: «Il tema della disabilità – scrive – è intimamente connaturato con la nuova visione dell’eroe che Stan Lee [il creatore dei supereroi Marvel, N.d.R.] vuole fornire. Gli eroi marveliani, anche se possiedono capacità incredibili, si devono confrontare con la vita di tutti i giorni, coi suoi problemi e banalità. Tale leit motiv, che nasce dall’esigenza di agevolare il processo di identificazione dei lettori con i propri beniamini, è anche condizione per un diverso approccio nella realizzazione del mondo fumettistico. La sofferenza non nasce più esclusivamente dal dolore fisico o da eventi di portata cosmica, ma dalle piccole umiliazioni che riserva la vita di tutti i giorni: le prevaricazioni dei compagni di scuola per Peter Parker – Uomo Ragno, l’impossibilità di accettare il proprio corpo ne La Cosa dei Fantastici Quattro, le difficoltà sociali della vita del cieco Murdock – Devil».
E sul rapporto tra fumetti e disabilità, ha recentemente scritto, su queste stesse pagine, anche Simone Fanti.
Riguardo alla sordità, Marvel all’inizio inserì una protesi acustica anche in Occhio di Falco, altro supereroe che perse l’80 per cento dell’udito. Sapheara mostra anche quanto l’arcipelago della sordità sia ampio, come si è scritto spesso anche su queste pagine.
Grazie alla collaborazione con il New York’s Children’s Hearing Institute, l’albo di Sapheara viene distribuito a 150.000 studenti dell’area di New York ai quali la supereroina Marvel mostra come le difficoltà uditive si possano affrontare in modi diversi. Per ora appare in un solo albo, ma l’identificazione con un personaggio che fa sognare è un aiuto importante per i piccoli con disabilità di qualunque tipo, in questo caso particolare, bimbe e bimbi sordi e ipoacusici. In attesa che altre case editrici di fumetti sappiano seguire la stessa strada.