Sono trascorsi poco più di cinque anni dal terremoto di Haiti, quando cioè il 12 gennaio 2010 la terra del Paese caraibico tremò, uccidendo più di 200.000 persone, lasciando oltre 1 milione e mezzo di dispersi e più di 2,3 milioni di senzatetto.
La storia insegna che queste catastrofi acuiscono la fragilità delle persone con disabilità, le quali vedono peggiorare la loro situazione perché i modelli di intervento in caso di calamità non sono inclusivi. La ricerca di valide risposte per il soccorso delle persone con disabilità nelle emergenze è ancora un problema irrisolto, spesso anche negli Stati avanzati, e a maggior ragione in quelli in Via di Sviluppo. In seguito a un sisma, inoltre, tante persone subiscono danni fisici permanenti, si ritrovano a convivere con qualche forma di disabilità e devono ripensare la loro quotidianità daccapo, in un contesto ambientale e sociale distrutto.
La strada percorsa ad Haiti dal 2010 ad oggi può essere un esempio da riproporre altrove, per l’impegno profuso dagli operatori umanitari, ma principalmente perché le persone con disabilità hanno un ruolo diretto e attivo nella ricostruzione.
Tutto prende le mosse da CBM (insieme per fare di più), organizzazione non governativa (ONG) riconosciuta come associazione professionale e partner dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che attraverso undici sezioni nazionali, tra cui quella italiana, ogni anno aiuta 25 milioni di persone con disabilità nei Paesi più poveri del mondo.
Presente da oltre trent’anni ad Haiti, con progetti volti a migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità, CBM ha dapprima partecipato all’immediata fase di post-emergenza, successiva al terremoto del 2010, assistendo la popolazione (a beneficiare delle cure mediche del personale di CBM sono stati 126.000 haitiani), pianificando poi una serie di interventi a lungo termine, per potenziare i servizi sanitari e impegnandosi anche in materia di accessibilità affinché la ricostruzione degli edifici segua criteri che li rendano fruibili a tutti, coinvolgendo i disabili del luogo e lavorando a stretto contatto con le organizzazioni di persone con disabilità.
«Da più di trent’anni, e ancor più dopo il sisma, lavoriamo ad Haiti con un obiettivo: realizzare progetti per sostenere la popolazione nella creazione di una società che includa e non escluda le persone con disabilità», afferma Massimo Maggio, direttore di CBM Italia. Un obiettivo ambizioso in parte già raggiunto. Sono stati infatti costruiti 125 rifugi accessibili e i principali edifici pubblici riedificati hanno ingressi adeguati per le persone con difficoltà motorie. Inoltre, le attività di sensibilizzazione ed educazione sul tema dell’accessibilità hanno coinvolto professionisti dell’edilizia e oggi, in una scuola professionale per muratori, lavora in modo permanente un team composto da dieci membri con disabilità, incaricati di verificare il rispetto degli standard di fruibilità.
E ancora, grazie a un finanziamento di CBM, presto si taglierà il nastro dell’Unità di Accessibilità, un punto di riferimento per il Governo e i partner nel campo delle costruzioni, che gestirà un centro di documentazione sull’abbattimento delle barriere architettoniche.
Questa bella storia di rinascita ha il volto delle oltre settanta persone che, in seguito al terremoto, vivono con lesioni al midollo spinale. Dopo il sisma, gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità avevano stimato per loro un’aspettativa di vita di dodici-diciotto mesi. Molte, però, hanno disatteso queste previsioni, dal momento che il coordinamento tra cure mediche e programmi di riabilitazione non solo ha garantito la sopravvivenza, ma ha permesso loro di conseguire importanti traguardi.
È il caso ad esempio di Wilguy, uno dei milioni di haitiani la cui vita è cambiata per sempre il 12 gennaio 2010. Quel giorno Wilguy, all’epoca ventenne, rimase sotto un edificio mentre andava a scuola nella capitale Port-au-Prince. Trascorse diciotto ore schiacciato dalle macerie, prima che i soccorritori riuscissero a liberarlo. Paralizzato dalla vita in giù, non pensava di farcela, ha perso la scuola ed è caduto in depressione.
Anche se gli anni successivi all’incidente lo hanno messo di fronte a prove difficili, Wilguy ha sperimentato successi inaspettati. Insieme ad altre persone con disabilità, infatti, è stato assistito da dieci fisioterapisti e quattordici tecnici di riabilitazione mandati da CBM in una decina di ospedali di Port-au-Prince e dintorni. In particolare, CBM Italia ha inviato due fisioterapisti con una lunga esperienza nei Paesi in Via di Sviluppo.
Per sette mesi, dunque, Wilguy ha seguito un programma residenziale di riabilitazione che lo ha reso di nuovo indipendente e autonomo. È tornato poi a Port-au-Prince dalla sua famiglia e si è reintegrato nella comunità d’origine. A casa ha ricevuto assistenza dalle cliniche mobili del St. Boniface Hospital di Fond-des-Blancs, un gruppo di specialisti che mensilmente effettua controlli, consegna farmaci, aiuta a rendere accessibili le abitazioni e si occupa della manutenzione dei dispositivi medici presso il domicilio delle persone colpite da lesioni spinali.
Wilguy sta riprendendo in mano la sua vita, si è diplomato con il massimo dei voti al liceo e adesso frequenta il college, dove studia comunicazione. «I miei sogni sono molto molto grandi – dice – spero un giorno di diventare giornalista».
Questa è solo una delle tante storie di haitiani con disabilità che si stanno rimboccando le maniche per creare una società più inclusiva nel loro Paese. Per questo Wilguy si è recato all’Ambasciata degli Stati Uniti, dove ha incontrato Tom Adams, coordinatore del Dipartimento di Stato ad Haiti, al quale ha portato la sua straordinaria testimonianza di determinazione e ambizione: «Quando guardo le mie gambe, quando guardo le mie mani, so che c’è una grande differenza, ma la accetto. Accetto la vita che ho e concentro tutta la mia energia sul futuro».
«Dopo il terremoto – dichiara Alexis Joseph, esperto di accessibilità di CBM che lavora ad Haiti – è diventato più evidente che senza la partecipazione delle persone con disabilità nei progetti di ricostruzione, l’attuazione dei princìpi di accessibilità è spesso solo parziale o inesistente. Per questo CBM e i suoi partner sono impegnati nel costruire con piuttosto che costruire per le persone con disabilità».
Nulla su di Noi senza di Noi, insomma, funziona alla grande anche quando un evento imprevedibile e incontrollabile sconvolge un’intera nazione.