Caro Presidente Mattarella, le diamo il benvenuto, anche se purtroppo è il benvenuto alla testa di un Paese in grave difficoltà, forse come mai prima d’ora dal dopoguerra. Un Paese che lotta con coraggio, ma che arranca, che paga sulla pelle dei propri cittadini anni di politica fumosa e malcostume.
Le parole del suo discorso d’insediamento aprono uno spiraglio di speranza, in particolare per tutte quelle persone e famiglie che in questi anni di diffusa crisi economica si sono viste sottrarre diritti e servizi indispensabili, proprio da chi avrebbe dovuto garantirli.
Famiglie che ogni giorno si fanno carico delle difficoltà della disabilità, ancor più pesanti a causa delle mancanze delle Istituzioni e di chi avrebbe il dovere di assicurar loro sostegno e un percorso di integrazione sociale.
Lei si è dichiarato «garante della Costituzione» e ne ha specificato il significato concreto: «Garantire la Costituzione […] Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità». Di questo vogliamo ringraziarla, di non avere cioè dimenticato le persone con disabilità, come troppo spesso accade, di avere usato parole rispettose della loro dignità: non “disabili” o “handicappati” o “ritardati”, ma in primo luogo “persone”.
Caro Presidente, le chiediamo ora di dare un seguito alle sue parole. Le chiediamo di garantire i diritti di “tutte” le persone nel nostro Paese, anche, e forse soprattutto, di chi non è in grado di rivendicarli e di combattere per ottenerli.
Le auguriamo un settennato ricco di soddisfazioni e di conquiste civili per il nostro Paese e per gli italiani tutti. Benvenuto Presidente!
Caro Presidente, dia un seguito a quelle parole
«Caro Presidente Mattarella – scrivono dalla Fondazione Trentina per l’Autismo – la ringraziamo di non avere dimenticato le persone con disabilità – come troppo spesso accade – nel suo discorso di insediamento, usando parole rispettose della loro dignità. Ora le chiediamo di dare un seguito alle sue parole, garantendo i diritti di “tutte” le persone nel nostro Paese, anche, e forse soprattutto, di chi non è in grado di rivendicarli e di combattere per ottenerli»