C’è Lulù, che ha ridato ad Alessandra la voglia di uscire anche quando non ne ha voglia e prepara il bucato in lavatrice. Poi c’è Iana, che prima aiuta Enzo in casa e poi lo aiuta ad aiutare chi cerca non solo compagnia, ma anche supporto. E c’è Dafne, che per Alessia non è solo il braccio, visto che «se dimentico qualcosa lo ricorda lei». Ancora ecco Happy, Angel, Onda e chissà quanti altri.
Per la legge non esistono, fanno solo compagnia. Ma i cani da assistenza o da supporto non sono solo per chi ha una disabilità sensoriale – in particolare per chi non vede -, ma anche per chi è in carrozzina con una disabilità fisica. Eppure non sono riconosciuti. «Mi capita continuamente di dover andare in luoghi in cui però non fanno entrare Lulù. E io rimango fuori con lei»: Alessandra è voce dei sempre più che sono in carrozzina e hanno un cane che non solo è amico, ma aiuto.
“Lulù e il bucato in lavatrice” non è solo un modo di dire: il bucato, infatti, lo prende lei dalla cesta e lo infila nella macchina per lavare. Alessandra Santandrea ha scoperto la sua piccola meticcia rispondendo a un annuncio nel 2007, qualche anno dopo l’incidente nel settembre del 2002 e la rottura della spina dorsale, a mezzo fra para e tetraplegia. «A casa mi apre e chiude la porta, raccoglie quello che cade, apre i cassetti, chiama mio marito se ho bisogno, cerca quello che non trovo, fa mille cose che non posso più fare. Se in strada c’è una salita, mi spinge, se c’è un ostacolo di cui non posso accorgermi non muovendo il busto me lo segnala».
Alessandra non solo è uscita di nuovo di casa («Dopo l’incidente, mi svegliavo e stavo a letto o in giardino, Lulù mi ha responsabilizzato: alle sette sono fuori con lei»), ma ha iniziato a fare sport: è l’unica in Italia a partecipare a gare di Obedience, una disciplina che si svolge come altre con uomo e animale. «Sono molto brave – dice Marina Casciani dell’Associazione ChiaraMilla, con la quale Alessandra ha scritto il libro La sedia di Lulù (Itaca, 2011), che racconta la sua esperienza e i cui proventi servono per il Progetto Abili a 4 zampe, per formare cani da supporto persone con disabilità -, ma non possono andare oltre la Classe 2: nei percorsi con salite sull’erba Alessandra non può essere spinta e così non può farli. Ora fa anche da istruttrice e per questo abbiamo adeguato le nostre strutture».
Chi pensa dunque che i cani abbiano un ruolo di “assistenza” solo per i ciechi basta che guardi alle storie di chi si trova in carrozzina e vive meglio grazie all’aiuto di un animale. Lo sanno bene all’Unità Spinale di Niguarda a Milano, sempre avanti rispetto a tante strutture in Italia, per esempio nell’importanza dello sport quale elemento primario per il recupero.
Non solo. Enzo Panelli, poco più di vent’anni fa, ha avuto un incidente in moto: paraplegico. È passato da Niguarda. Oggi è istruttore di cani fantastici, che non solo aiutano nella fisioterapia, ma nella vita di tutti i giorni. Ormai da quasi sei anni Iana, in casa e fuori, è molto più che una compagnia: «Senza non potrei fare molte cose, sa anche come prendere e portarmi una Coca se ho sete. Con lei vado a fare la spesa, a teatro, al ristorante».
Enzo vorrebbe partecipare ai Campionati Europei di Paragility [disciplina che vede in coppia una persona con disabilità e un cane misurarsi su un percorso a ostacoli, N.d.R.] ed è una delle anime di Dog4life, programma che istruisce cani per assistenza (in Italia vi sono diverse associazioni, come U-dog, nel Padovano, grazie al quale Alessia ha incontrato Dafne: «Non è solo amica e compagna, ma un ausilio nella vita»), ed è stato il primo istruttore in carrozzina. Sa quanto è importante avere a fianco un animale che aiuta perché lo ha vissuto in prima persona. «Alla base – dice – c’è la felicità: quella del cane, che dev’essere sereno come la persona che è con lui».
E non solo cani: negli Stati Uniti vi sono anche i pony, quelli di piccola taglia, che aiutano. Là anche per loro si cerca di ottenere lo status di animali da assistenza. È questo lo scoglio da superare ancora. «La figura del cane assistente per disabili fisici – spiega Enzo – non è riconosciuta a livello giuridico e quindi non ha diritti».
Se dunque un cane guida per non vedenti ha giustamente la possibilità di entrare ovunque e le spese che si sostengono per lui possono essere scaricate, per una persona in carrozzina, invece, l’animale è considerato ancora soltanto una compagnia. «Occorrerebbe integrare la legge che già esiste e istituire una commissione per la valutazione», spiega Marina Casciani.
Come spesso accade, basterebbe poco. Ma chissà ancora quanto passerà. Lulù, Iana e Dafne non sanno nulla di tutto questo, ma sono così importanti. Questo lo sanno, però. E sono lì, con Alessandra, Enzo e Alessia, senza chiedere nulla in cambio, se non affetto e amore. Come solo un cane sa fare.