«Rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità»: con queste parole ha esordito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La sua è stata una dichiarazione, oserei dire, rivoluzionaria per i disabili italiani, abituati a terminologie ben più “infelici” e non certo ad essere citati dalla più alta carica dello Stato in un discorso d’insediamento a Camere riunite.
Quando l’ho sentita, il mio pensiero è andato a Giuseppe Garibaldi. Cosa c’entra? Semplice, l’“Eroe dei Due Mondi” trascorse i suoi ultimi anni in carrozzina, a causa dell’artrite reumatoide e dei postumi della ferita subìta in Aspromonte, mantenendo intatti il coraggio e la voglia di vivere.
È una pagina storica rimossa. Sappiamo infatti tutto di lui, le battaglie, gli ideali, il carattere, perfino la sua passione per le donne è stata oggetto di dibattito, ma un silenzio incomprensibile ha nascosto la disabilità che lo accompagnò, quasi fosse un demerito che ne intaccherebbe l’immagine.
Eppure il diretto interessato non fece nulla per celare i suoi problemi di mobilità. Anzi, li guardò in faccia e li affrontò con saggia intelligenza, superandoli con inventiva. Non si fossilizzò sulla condizione, ma rimosse gli ostacoli che lo limitavano; insomma, rese concreto il messaggio del presidente Mattarella prima che in Italia esistesse una Costituzione a sancire – almeno sulla carta – la piena inclusione senza discriminazioni.
Lo spirito mai arreso del grande condottiero è palpabile sull’Isola di Caprera, il buen retiro nel verde dell’Arcipelago della Maddalena, in Sardegna, dove trovò l’atmosfera ideale per trascorrere ventisei anni della sua straordinaria esistenza. Forse percepì una similitudine tra il temperamento personale e la roccia granitica del luogo, comprendendo nella quiete della vegetazione mediterranea di potersi dedicare a una quotidianità frugale, assaporando la tranquillità necessaria per riflettere sugli eventi che stavano cambiando il volto della nazione.
Nel 1855 acquistò metà dell’isola e l’anno dopo cominciò la costruzione della “Casa Bianca”, che attualmente costituisce il fulcro del museo storico denominato “Compendio Garibaldino”. Un edificio semplice in muratura, privo di ornamenti, con un tetto a terrazza da cui si domina l’intero arcipelago. Nello stile ricorda le abitazioni di Montevideo (Uruguay) e di altre città sudamericane dove Garibaldi aveva combattuto per la libertà dei popoli, con una sostanziale differenza. A Caprera, infatti, l’“Eroe dei Due Mondi” pianificò con pratica lungimiranza ogni intervento necessario per abbattere le barriere architettoniche, man mano che la sua immobilità aumentava. Era un “disabile moderno”, che voleva mantenere il più a lungo possibile l’autonomia.
Intorno all’abitazione, i sentieri hanno una comoda pavimentazione a lastroni e perfino la stalla è accessibile. Quest’ultima era un posto particolarmente caro al Generale, perché gli permetteva di coltivare l’amore per gli animali. Non volle separarsene quando diventò disabile, anche perché nella stalla era posta la lapide mortuaria della carissima cavalla Marsala che con lui era sbarcata in Sicilia.
Nella “Casa Bianca” bandì i gradini e volle comode rampe d’accesso. Le porte sono larghe per consentire agevoli spostamenti con la sedia a rotelle, quella sedia a rotelle donata dal Comune di Milano nel 1880 che oggi troneggia nell’atrio e accoglie i visitatori.
Tutto l’edificio è disseminato di ausili, si può dire che sia una sorta di “museo ortopedico-archeologico”. Nello studio-salotto, ad esempio, è collocato uno scrittoio-leggio-paralume, sorta di poltrona in pelle con schienale reclinabile superaccessoriata, donata dalla Regina Margherita di Savoia che nel 1877 gli fece visita e volle con questo regalo alleviargli i disagi della disabilità. Per l’epoca doveva essere il non plus ultra degli ausili!
In principio lo studio fungeva da camera da letto, ma la vicinanza con la cisterna d’acqua della casa rendeva la stanza troppo umida per l’artrite di Garibaldi, che scelse di spostarsi nella camera attigua. Lì si trova il letto ortopedico sul quale trascorse molte ore e che rese più sopportabile l’immobilità degli ultimi tempi.
Pochi giorni prima di morire volle essere trasportato in un’altra camera, quella dove la famiglia era solita riunirsi. Nella stanza l’orologio e il grande calendario si sono fermati all’ora e al giorno della sua scomparsa: le 18:20 del 2 giugno 1882.
Di fronte al camino, una carrozzina con scrittoio, dono di amici. In un angolo, l’armadietto dei medicinali e sul lato opposto un tavolino per leggere e scrivere stando a letto e un reggilenzuolo per isolare la gamba ferita.
Gli ausili sparsi nella casa consegnano l’immagine di un uomo progressivamente provato nel fisico, ma non certo immobile nella mente. Gli scrittoi e i leggii dovevano essere per lui particolarmente preziosi. Seduto sulla sedia a rotelle o sul letto della grande “Casa Bianca”, aggiornò le sue memorie, scrisse tre romanzi e compose versi in italiano e francese.
Aveva scelto di stabilirsi a Caprera per riposare lontano dai campi di battaglia, ma un uomo d’azione come lui non poteva star fermo neppure nel riposo. L’eco delle sue imprese non si spegneva ed emissari dei movimenti indipendentisti gli facevano visita per ricevere esortazioni e consigli. Mantenne rapporti epistolari con i patrioti italiani e continuò a seguire da protagonista la vita politica del Paese.
Aperto alla scienza, all’inconsueto e a tutto ciò che odorava di nuovo, fin dai primi tempi sull’isola studiò libri di agronomia e riuscì a razionalizzare la produzione agricola della sua fattoria, piegando la natura arida di Caprera. Diventò un punto di riferimento per la piccola comunità locale e tale rimase fino alla scomparsa.
La disabilità nulla gli impedì se non di camminare. Giuseppe Garibaldi non era imbarazzato dalla sua condizione, è la società di oggi a provare disagio. A scuola si studia l’eroe forte e valoroso in sella al cavallo, mantello al vento e spada sguainata che va incontro al suo destino. Ebbene, la disabilità fu parte essenziale del destino di Garibaldi. Riconsegnare alla storia questo aspetto celato della verità sarebbe uno splendido ed emozionante insegnamento per le nuove generazioni, perché porta un messaggio umano attualissimo, fatto di dignità e di libertà.
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