E torniamo di nuovo a parlare di persone ipovedenti e relative implicazioni, come promesso in precedenza.
Un paio di settimane fa avevamo scritto che cosa può fare un ipovedente per aiutarsi e aiutare le altre persone a capire. Ma una parte di lavoro, naturalmente, spetta anche ai cosiddetti “normovedenti”. Infatti, la comunicazione e la relazione sono un impegno a due, e quindi è il momento di prendere in considerazione cosa potete fare voi vedenti, per noi ipovedenti.
Potremmo proporvi, ad esempio, un piccolo test a risposta multipla, ma tranquilli, sarò io stessa a dare la risposta giusta (per noi) o, diciamo meglio, probabilmente giusta.
1. Siete in una stazione molto affollata, un ipovedente è davanti a voi, con il suo bastone bianco, fermo di fronte ad una scala. Cosa fate?
a) Vi precipitate ad aiutarlo, prendendolo per il braccio o per il bastone e accompagnandolo per la scala.
b) Cercate di ignorarlo ammutolendovi quando vi avvicinate. E se state con vostro figlio, cercate di zittirlo, quando vi chiede spiegazioni sul signore o signora con il bastone.
c) Vi avvicinate tranquillamente, vi presentate educatamente e chiedete alla persona in questione se ha bisogno di aiuto, per poi provvedere nelle modalità che vi vengono richieste.
Naturalmente la risposta giusta è la c). Non c’è nulla di peggio, infatti, per il cieco e l’ipovedente, di un estraneo che si precipita come una furia su di lui, prendendolo per un braccio o per il bastone, magari portandolo su una strada sbagliata. Potreste infatti equivocare sul tipo di aiuto, e magari di aiuto proprio non ne vuole perché sta semplicemente attuando una sosta. Una persona non è un “portapacchi”! Dovete quindi presentarvi, eventualmente chiedere e anche accettare la risposta, negativa o positiva. Del resto basta solo pensare a come vi comportereste voi, se un estraneo vi trattasse come un “pacco postale”.
Altrettanto sbagliata è la risposta b), sopratutto pensando all’eventuale richiesta di spiegazioni da parte di vostro figlio/a. Anzi, invitatelo/a a rivolgerci le domande direttamente, educatamente, e il suo desiderio di conoscere le diverse realtà, legittimo, sarà esaudito.
2. State conversando piacevolmente con un amico/a che vi ha appena confessato di essere ipovedente. Cosa vi viene in mente di dire subito dopo la sua dichiarazione?
a) Mi spiace sentirlo dire. Come è successo? C’è qualcosa che posso fare per te?
b) Ma in che senso? Ci vedi poco? E quanto poco?
c) Beh, dopotutto è meglio ipovedente che cieco, no?
Qui la risposta giusta è la a). Una confessione del genere, infatti, non si può ignorare e soprattutto se siete amici, è importante che mostriate interesse. Chiedere com’è successo permetterà all’altro di avere in mano la conversazione e di dirvi solo ciò che è pronto a dire; c’è chi si addentrerà in spiegazioni tecniche e chi scuoterà le spalle dando la colpa, che ne so, alla vecchiaia; però vi sentirà partecipi in questa esperienza che, inutile negarlo, ti cambia la vita.
Offrire aiuto – sempre lasciando all’altro la scelta della modalità – convincerà la persona che non vi allontanerete da lei a causa della disabilità visiva. A moltissimi di noi, infatti, è capitato almeno una volta di avere paura di perdere un amico a causa della disabilità visiva e quindi magari della necessità di un cambio di passo. Ovvio che un ipovedente grave può ancora andarsi a bere un Martini con gli amici, ma magari dovrete passarlo a prendere… Invece, la serata cinema potrà essere a volte sostituita da altro.
Sia la risposta b) che la c), invece, sono profondamente sbagliate. Molti ipovedenti non possono spiegarvi esattamente come vedono, dovreste essere al loro posto per saperlo. Inoltre si sentono giudicati e non compresi nel loro disagio, soprattutto se li paragonate ai ciechi assoluti. Non ci sono paragoni, non si può pensare che essere ipovedenti sia meno problematico (lasciate che a questo ci pensi l’INPS, che praticamente ci dà un’indennità di un decimo rispetto ai non vedenti, e per giunta senza accompagnamento). Pensarlo è da insensibili e fa sentire l’ipovedente come inesistente. evitatelo in tutti i modi.
3. Siete un medico, un impiegato, un funzionario pubblico. Dovete far firmare un modulo, invitare a una visita medica o a un altro atto pubblico una persona che vi confessa di essere ipovedente. Come vi comportate?
a) È ipovedente, non cieco. Mi comporto come con gli altri, porgendo il modulo da firmare, invitandolo a gesti a seguirmi, porgendo la lettera da leggere.
b) Se accompagnato, chiedo di fare tutto all’accompagnatore, al quale mi rivolgerò anche per sapere se la persona in questione può firmare. Se può farlo, lo farò aiutare dall’accompagnatore. Durante la visita, chiederò all’accompagnatore di entrare e a lui spiegherò tutto.
c) Se devo far firmare lettere o un modulo, spiego accuratamente alla persona ipovedente che cosa c’è scritto, se impossibilitata a leggere. La farò firmare con il mio aiuto, rivolgendomi a lui/lei direttamente, e se è una visita, accompagnerò la persona in questione rimanendole accanto. L’accompagnatore, anche qualora ci fosse, rimarrà fuori dallo studio, visto che io spiegherò al paziente in cosa consiste la visita o l’esame, e qualora fosse un’ecografia, cosa sto vedendo o non vedendo.
Qui è sin troppo chiaro: il comportamento corretto è c). Un ipovedente va trattato come tale, perché ignorare la sua disabilità lo metterà a disagio. Allo stesso modo, però, non dovete trattarlo come fosse invisibile. Un accompagnatore non è un sostituto, la lettera, il documento, dovete spiegarlo all’interessato, lasciarlo fuori è scorretto.
Mi è capitato personalmente di trovarmi davanti a medici che hanno scritto, nella loro relazioni, cose non pattuite con me ed è stato profondamente umiliante, oltreché di una scorrettezza incredibile. Con un vedente non lo farebbero mai, perché può controllare; con te se lo permettono, perché solo dopo, facendo leggere il testo da una terza persona, scopri quanto hanno scritto.
Cari medici, psicologi e quant’altro, dovete sentirvi obbligati a riferire al paziente quanto avete intenzione di inserire nella vostra valutazione, perdete dieci minuti in più e fatelo. La stessa cosa vale per funzionari pubblici, professori ecc. ecc.: il genitore ipovedente, il cittadino ipovedente ha il diritto di essere informato su ogni notifica che arriva alla sua attenzione, il tempo che adoperate per informarlo è un suo diritto.
4) Siete un accompagnatore. Dovete accompagnare un ipovedente a eseguire una serie di commissioni. Come vi comportate?
a) Lo seguo come un’ombra, prevenendo i suoi passi e prendendolo a braccetto. Parlo con gli impiegati e lo sostituisco in tutto e per tutto.
b) Decido io in quali condizioni intervenire o meno, senza chiederlo a colui che sto aiutando. Dopotutto sono un vedente, e so meglio di lui dove potrebbe incontrare difficoltà.
c) Concordo con la persona che sto accompagnando le modalità di aiuto; se reputo ci sia un pericolo che non ha notato glielo faccio presente; evito di sostituirmi a lui nel parlare con impiegati e medici; rispetto la sua privacy.
Nemmeno qui ci sarebbe bisogno di dire che è c) il comportamento corretto. Eppure càpita parecchie volte che accompagnatori volenterosi, amici e parenti cadano nel comportamento a) o b), sia nei confronti dei ciechi che degli ipovedenti. Basta però sempre ricordarsi che davanti si ha una persona in grado di interagire con noi e che in caso di dubbi, basta chiedere, perché “nessun nasce imparato”, come si suol dire. Se quindi si è inesperti, basta essere comunicativi e non ritenersi superiori all’altro, perché abbiamo dei decimi di vista in più.
Bene, vi siete divertiti a fare questo test? Forse penserete che quattro domande siano poche: ebbene, leggete con attenzione e ci individuerete tutte le situazioni in cui potete trovarvi di fronte a noi.
Costruire un mondo per tutti è facile se la collaborazione avviene ad ogni livello e grado. Che siate un commesso o un notaio, il risultato è ottimale solo se ci conosciamo a vicenda, e ci veniamo incontro nelle nostre esigenze individuali. Per un mondo migliore, infatti, un mondo per tutti, è sempre importante sostituire quel tutti con ognuno di noi.