È ormai un vero “classico” la questione del Nomenclatore Tariffario delle Protesi e degli Ausili, ma un “classico” per niente amato e che induce a una nostalgia indesiderata.
Varato con l’ormai “preistorico” Decreto Ministeriale 332/99, con l’intento di essere aggiornato ogni tre anni al massimo, contiene la classificazione di quello che il sistema sanitario concede in termini di ausili e affini. E già qui c’è una prima curiosità “all’italiana”: mentre infatti il Nomenclatore attendeva il suo legittimo aggiornamento, accompagnato da proclami, battaglie e tentativi disattesi, la definizione stessa di ausilio si è modificata, adeguandosi ai nuovi criteri proposti dall’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, fissata nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il mondo è andato avanti, l’approccio alla disabilità è variato e i prodotti messi a disposizione delle persone con disabilità dallo sviluppo tecnologico sono aumentati, rimanendo chiusi fuori da una catalogazione obsoleta ancora in uso.
Recentemente, in un’audizione al Senato, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha illustrato l’imminente varo del nuovo Nomenclatore. Ci sono molte novità, alcune polemiche e il dubbio ricorrente: sarà la volta buona?
Quella del Nomenclatore è una storia che vede gli esperti, le associazioni e tutti quelli che seguono le sorti del legiferare sui diritti della persona con disabilità nel nostro Paese impegnati in una campagna che si protrae per sfinimento. Una “guerra di trincea” con l’obiettivo di ampliare la gamma dei prodotti classificati, per consentire a tutti di accedere alla miglior disponibilità di presìdi che il mercato propone, eliminando quelli superati dal tempo, ovvero razionalizzando l’offerta. Ma il verbo aggiornare da noi va a braccetto col verbo rifare. E il verbo rifare con quello attendere. Che sinora ha finito per coincidere con l’avverbio invano. E così nulla è cambiato da quel ’99.
Il Nomenclatore è ripartito in tre elenchi, uno «delle prestazioni sanitarie protesiche», un altro «degli ausili tecnici di serie» e un terzo «degli apparecchi acquistati direttamente dalle aziende USL e da assegnarsi in uso agli invalidi».
Il primo concerne i dispositivi costruiti su misura e quelli di serie la cui applicazione richiede modifiche eseguite da un tecnico abilitato; il secondo riguarda i dispositivi di serie la cui applicazione o consegna non richiede l’intervento del tecnico; il terzo contiene gli apparecchi acquistati direttamente dalle Aziende Sanitarie Locali. Tutto ciò che non rientra in questa classificazione è concesso in via eccezionale solo per persone con gravissima disabilità oppure solo se si tratta di un dispositivo che può essere ricondotto al più affine contenuto nel Nomenclatore, ma erogando una copertura delle spese non superiore al citato affine.
Nel 1999 non c’erano piedi a restituzione di energia, sofisticati sollevatori mobili e fissi, protesi acustiche digitali, comunicatori a sintesi vocale e mille altre diavolerie utilissime a ridurre la condizione di disabilità che oggi ci sono. Tutti ausili che il ministro della Salute Lorenzin assicura che saranno contemplati nella nuova catalogazione.
Nell’ottica della razionalizzazione, spariranno le carrozzine ad autospinta sulle ruote anteriori, le motocarrozzine a tre ruote, le calzature di rivestimento per protesi… Un bel balzo verso la “democrazia dell’ausilio”, che diventa un presidio più largamente accessibile.
Le novità sono state illustrate dalla Lorenzin nella citata audizione in Senato del 4 febbraio scorso, durante la quale è stato assicurato anche un aggiornamento «continuo e sistematico» del Nomenclatore. E tuttavia le agognate novità non hanno ottenuto consensi da plebiscito.
Il nuovo Nomenclatore prevede infatti che gli ausili di serie forniti dalle ASL siano acquistati mediante bandi per cui il Ministero si impegna a fornire alle Regioni «strumenti affinché le gare d’appalto siano fatte in maniera ragionata, cioè non siano la gara al minimo prezzo, ma favoriscano il massimo della personalizzazione». Questo, però, non rassicura chi in tale metodo vede il rischio di non arrivare ad avere l’ausilio più appropriato.
Ed è così che Marco Gentili, copresidente dell’Associazione Luca Coscioni ha preparato una petizione rivolta al Presidente del Consiglio e al Ministro della Salute, dove auspica l’applicazione di un modello europeo costituito da un repertorio «di tutti i modelli fornibili con costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale, in modo tale che la scelta possa essere chiara e condivisa tra prescrittore e assistito».
Per saperne di più, interpello Renzo Andrich, che reputo uno dei maggiori esperti di ausili e anch’egli auspica un repertorio degli stessi, rimandando alla Position Paper europea pubblicata nel 2012 dall’AAATE, l’Association for the Advancement of Assistive Technology in Europe, ovvero la Società Scientifica Europea sulle Tecnologie Assistive, che consiglia un modello medico solo per i presìdi che presentano un rischio clinico e un modello sociale per gli ausili che non lo presentano.
Tuttavia lo stesso Andrich sostiene che «la priorità assoluta in questo momento è che il nuovo Nomenclatore venga varato al più presto. Ogni pur ben intenzionata iniziativa di miglioramento, infatti, se dovesse portare a uno slittamento di tempi, sarebbe assolutamente deleteria in questo momento. Potremmo dire a ragione che “il meglio è nemico del bene” e anche che la storia rischia di ripetersi: nel 2008, infatti, un nuovo Nomenclatore stava per vedere la luce, ma all’ultimo momento fu frenato da funzionari regionali con la buona intenzione di tarare alcune imperfezioni. Arrivò così in extremis sul tavolo del Ministro e fu firmato nel momento in cui cadeva il Governo, cosicché il testo non entrò mai in vigore, perché ritirato dal Governo successivo per ulteriori chiarimenti».
La “guerra di posizione” continua. Una buona legge sembra un obiettivo inconquistabile. E nelle fila della “truppa” serpeggia un pensiero: piuttosto di niente che sia meglio piuttosto?