A Calcutta c’è una casa con i muri gialli. Il colore vivace spicca nel caotico viavai della contraddittoria megalopoli. Capitale dello Stato del Bengala Occidentale, Calcutta è il maggior centro industriale dell’India, con un polo di imprese operanti nel settore dell’alta tecnologia che risulta surreale se paragonato alle condizioni degradanti in cui versa la maggior parte dei suoi 14 milioni di abitanti (dati del 2011, United Nations Population Division, World Economic Forum).
L’edificio giallo si chiama Casa Pangea ed è il “luogo delle donne”. Non donne “qualunque”, ma donne con disabilità, quasi tutte provenienti da famiglie poverissime, vittime di ignoranza e superstizione che le condannano a un’esistenza di isolamento e soprusi.
È dal 2007 che la Fondazione Pangea ONLUS lavora negli slum di Calcutta [i quartieri più degradati, N.d.R.], al fianco di bambine, ragazze e donne con disabilità, per contrastare l’emarginazione e l’oppressione. Lo fa per le donne insieme alle donne, generando prima di tutto in loro una trasformazione che le renda consapevoli dei propri diritti inalienabili e delle proprie potenzialità.
L’inferiorità femminile in India, infatti, è ancora una drammatica realtà, connaturata e persistente soprattutto nelle fasce più povere della popolazione. Per la cultura tradizionale, la nascita di una figlia è considerata di per sé una sfortuna, l’aborto selettivo continua a mietere vittime malgrado la legge lo proibisca e il Governo abbia lanciato una campagna informativa denominata Salva tua figlia, educa tua figlia.
Secondo il giornale britannico «The Lancet», sono fino a 12 milioni le bambine indiane mai nate tra il 1980 e il 2010 e quando la nuova nata è disabile, la famiglia prova un senso di vergogna tale da nascondere la piccola, per evitare l’onta sociale. Gli anni passano, la solitudine si somma a privazioni e umiliazioni, spesso arrivano violenze fisiche e sessuali, subìte in silenzio nell’indifferenza generale. Una “vita” senza futuro che riguarda circa 11 milioni e 800 mila donne e bambine con disabilità, vale a dire il 44% delle persone con disabilità del Paese. Solo nell’area metropolitana di Calcutta ne risiedono più di 700.000, nello Stato del Bengala Occidentale sono oltre 2 milioni. I dati risalgono al censimento del 2010, oggi risultano quindi sottostimati e danno un’idea solo parziale della reale portata del problema.
Lo staff di Pangea sostiene un articolato programma di empowerment [crescita dell’autoconsapevolezza, N.d.R.] sociale ed economico per donne e bambine con diversi tipi e gradi di disabilità, sia fisiche che mentali.
Si comincia parlando di diritti umani, dignità e rispetto, concetti sconosciuti negli slum. Le donne con disabilità vengono chiamate a stare insieme per conoscersi, allacciare relazioni e confrontarsi. Nel tempo sono sorti solidi gruppi di amiche desiderose di partecipare alla vita sociale e lavorativa del Paese, perché ora, finalmente, si percepiscono come persone portatrici di capacità, aspirazioni e desideri. Questi gruppi, a loro volta, sono riuniti in una Federazione per il riconoscimento delle donne con disabilità, che sensibilizza comunità, istituzioni e famiglie.
Anche le relazioni genitoriali sentono il peso dei preconcetti e della povertà. Una figlia con disabilità non viene curata, non frequenta la scuola. E poi a scuola bisogna arrivarci, impresa tutt’altro che semplice. Le famiglie non possono comprare libri e quaderni, né ausili per consentire alle figlie di muoversi. Una protesi per una bambina in fase di crescita può costare oltre dieci volte il guadagno giornaliero di una famiglia dello slum, stesso discorso per una sedia a rotelle.
La campagna di scolarizzazione Back to School Calcutta è soltanto l’ultima iniziativa di Pangea dedicata all’istruzione. L’impegno si fonda sulla vicinanza ai nuclei familiari, vengono forniti ausili e materiale scolastico, si fa comprendere ai genitori che la scuola è la prima arma di difesa contro la sopraffazione perché insegna la dignità.
Fino ad oggi oltre 160 bimbe con disabilità hanno potuto sedersi sui banchi e studiare, solo nel 2014 sono state 25. Viene garantito anche sostegno alle disabilità più gravi, quelle che non permettono alle bambine di sentire e parlare. Per loro Casa Pangea a Calcutta è diventata una “scuola nella scuola”, dove imparano il linguaggio dei segni da personale qualificato.
Queste piccole donne, dunque, si riscattano da una vita di stenti, ma hanno questa possibilità anche le donne adulte. Ogni giorno, infatti, a Casa Pangea arrivano sorridendo avvolte nei loro sari colorati. Alcune sono accompagnate, tante giungono da sole. Una grande conquista, ora non temono più lo sguardo degli altri, hanno acquisito autonomia grazie a presìdi ortopedici e assistenza sanitaria.
Lo scorso anno i fondi messi a disposizione da Pangea hanno regalato a 63 donne e bambine gli ausili necessari, 21 sono state accompagnate in ospedale e hanno iniziato un percorso di terapie mediche, 74 hanno ottenuto l’abbonamento gratuito ai trasporti pubblici. 192 sono state inoltre affiancate nell’espletamento delle pratiche burocratiche, per ottenere le agevolazioni statali per le persone con disabilità.
Nel 2014, la capillare opera di informazione negli slum di Calcutta e nei villaggi dell’area rurale di Subhi, ha portato 605 nuove donne con disabilità ad unirsi al programma di Pangea. Ora anche loro possono partecipare agli incontri mensili dei gruppi di auto-aiuto, nei quali si discute di discriminazione, violenza di genere e sviluppo della leadership femminile, apprendendo come contrastare e superare le disparità.
Dal momento, poi, che l’emancipazione prende le mosse dall’indipendenza economica, durante il tempo è stata avviata una serie di corsi professionali in diversi settori. Lo scorso anno cucito, ricamo ed estetica sono state le “materie di studio” per 24 ragazze. Quelle tra loro che hanno seguìto le lezioni di sartoria continuano a frequentare il piccolo laboratorio di Casa Pangea. Realizzano e vendono uniformi per la scuola, vestiti, vestaglie, copriletti e hanno intrapreso una collaborazione con un commerciante del quartiere.
“Armate” di fiducia, autostima e professionalità, tante si sono messe in proprio e hanno aperto piccole attività per mantenersi e aiutare la famiglia. In tal senso, Pangea incoraggia l’accesso al microcredito, per mezzo di un fondo appositamente creato dall’Associazione. Con piccoli prestiti, ciascuno di circa 5.000 rupie (più o meno 80 euro), alcune donne con disabilità hanno avviato laboratori di ricamo, altre riparano scarpe, altre ancora vendono prodotti alimentari al mercato o all’uscita delle scuole, mettendo così a frutto i corsi di cucina degli anni scorsi.
I gruppi di risparmio e credito (attualmente 20 a Calcutta e 17 a Subhi, ognuno costituito da circa 10 donne) sono una novità introdotta nel 2013 per spiegare la gestione dei guadagni, le operazioni per aprire un conto in banca, i vantaggi di “fare gruppo” per accantonare piccole somme di denaro da far circolare tra le componenti in forma di prestiti.
Attualmente il lavoro di Fondazione Pangea coinvolge 7.107 donne con disabilità, ma l’India non è ancora “un Paese per donne”, soprattutto se con disabilità. Abbattere gli stereotipi è un cammino lungo e complesso, una sfida da vincere partendo dalle dirette interessate che facciano fronte comune, per dare voce e visibilità al loro diritto a una vita fatta di rispetto.
La rete di solidarietà e collaborazione costruita dagli operatori di Fondazione Pangea è una goccia nel mare delle necessità, ma la volontà delle donne indiane con disabilità continua ad aggiungere gocce di speranza.