Due falsi ciechi scoperti da Gdf. Nel crotonese guidavano e usavano telefono touch screen: si intitolava così l’articolo uscito nei giorni scorsi sull’ANSA, che ha suscitato tutta la mia indignazione e nel quale appunto si parlava della scoperta, da parte della Guardia di Finanza, di due “falsi ciechi” nel Crotonese (se ne può vedere anche un video).
Ebbene, a quel punto ho deciso che era ora di dire basta! Basta con l’ignoranza, basta con la falsa informazione che fa sensazionalismo, basta con quegli atteggiamenti da medioevo che, alla fine, discriminano sempre noi ciechi e ipovedenti.
Quello che mi ha fatto imbufalire non è la scoperta di quei “falsi ciechi” che guidano l’auto (per questo spero vivamente che siano puniti e che con loro siano torchiati anche i medici che ne hanno riconosciuto l’invalidità), ma il fatto che alla fine dell’articolo, e del video, si dica che «…utilizzavano un telefono touch screen», cosicché accadrà che vedendoci adoperare i nostri iPhone o i nostri dispositivi Android, ci additeranno come falsi ciechi… e questo proprio non va bene, oltre a non essere nemmeno corretto.
Lorsignori devono infatti sapere che ormai da almeno cinque anni noi possiamo utilizzare telefoni come quelli sopra menzionati, vale a dire l’iPhone, prodotto da Apple, che integra al proprio interno uno screen reader, il quale legge ciò che compare sullo schermo e ci permette, toccando il display, di sapere cosa c’è scritto sotto al nostro dito.
Anche i telefoni Android integrano TalkBack, uno screen reader che fa la stessa cosa, permettendoci così di poter utilizzare uno di questi telefoni, anche se privi della vista o se vediamo poco.
«Ah sì, dai, i comandi vocali al tuo telefono…», mi sono sentito spesso dire da vedenti con cui mi sono rapportato… Eh no, cari miei, uno screen reader è un sistema ben più complesso. Screen reader, infatti, significa letteralmente “lettore di schermo”, e non fa altro che tradurre a voce, dirci con una voce elettronica ciò che compare sullo schermo. Oltre a questo, riconosce delle particolari gesture [per “gesture” si intende una combinazione di movimenti e click del dispositivo di puntamento, normalmente il mouse, che vengono riconosciuti da un software come comandi specifici, N.d.R.], dei comandi attraverso i quali noi possiamo impartire ordini al dispositivo. Questi comandi, ad esempio, ci consentono di aprire applicazioni, scorrere liste, farci leggere un messaggio o un documento o una pagina internet dall’inizio alla fine… e mi fermo qui per non farla troppo complicata per chi le cose è abituato a vederle. Per noi, infatti, le informazioni vengono esposte in maniera sequenziale. Non ci accorgiamo, cioè, se un elemento stia a sinistra sulla pagina internet, oppure a destra; per noi fa lo stesso. Quell’elemento viene prima, oppure dopo qualcos’altro e quindi, su siti che non conosciamo, siamo costretti a farci una sorta di mappa mentale di che cosa vien prima e di che cosa c’è dopo, per permetterci poi di andare, ad esempio, ad aprire il link giusto.
Ma perché sto parlando di dispositivi? Perché non ci sono solo i telefoni. Infatti, allo stesso modo possiamo utilizzare i tablet (sempre di casa Apple vi è l’iPad), e nel mondo Android vi sono svariati modelli di questi dispositivi, non per ultimi i computer, che non governiamo toccando lo schermo, ma lavorando con lo screen reader, attraverso comandi speciali da tastiera.
I computer, tanto per la cronaca, li utilizziamo da svariati anni. Per quanto mi riguarda, ho cominciato nel 1994 al corso di programmatore elettronico non vedente tenuto dall’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza di Bologna. Ma se io ho cominciato nel ’94, altri ciechi lo facevano già da qualche anno e questo lo dico perché, con due calcoli, sono più di vent’anni che siamo in grado di utilizzare un computer, con tutto quel che ne consegue: dal redigere documenti a navigare in internet, dall’inviare email all’accedere ai social network, che in questi ultimi anni vanno molto di moda.
Con il perfezionamento delle tecnologie, e con l’avvento degli iPhone – che per la cronaca non sono i primi telefoni che abbiamo iniziato a usare, sempre con l’aiuto dello screen reader – abbiamo incominciato a utilizzare anche programmi che, ad esempio, ci aiutano nella vita quotidiana, e a interagire con amici vedenti (e non), tramite Facebook, Twitter e programmi di messaggistica come WhatsApp.
Ci sono numerosissimi programmi che ci aiutano nel quotidiano. A cominciare dagli OCR (Optical Character Recognition) ovvero, riconoscimento ottico dei caratteri. Infatti, con l’aiuto della videocamera a bordo di questi telefoni, e con l’applicazione giusta, inquadrando un foglio di carta possiamo farci leggere in molti casi, ma non in tutti, ciò che vi è scritto sopra. Restano fuori da questo piccolo “miracolo” le scritte a mano, per esempio, o di bassa qualità, o fatte con caratteri non facilmente riconoscibili, ma si tratta pur sempre di un grande aiuto.
E ancora, sempre sfruttando la videocamera, vi sono applicazioni che consentono di rilevare la luce, per verificare, ad esempio, che qualche visitatore accorso in casa mia non mi abbia lasciato qualche luce accesa. Proseguendo poi con altri programmi di navigazione satellitare che, guidandoci a voce, sono una vera manna dal cielo per percorrere strade in luoghi per lo più a noi sconosciuti o, molto più banalmente, per sapere a quale stazione del treno mi sono fermato… A tal proposito, Luca Ciaffoni, un italiano, è stato invitato da Apple qualche anno fa a presentare ufficialmente il suo ottimo lavoro. Un programma in grado di darci informazioni rispetto a un luogo di nostro interesse, dove si trova rispetto a noi ed a quale distanza.
Oltre alle cose più “banali”, come le email, la navigazione in internet, possiamo utilizzare questi gioielli tecnologici anche per leggere libri. Con l’avvento degli ebook, infatti, possiamo acquistare un libro di nostro interesse e farcelo leggere dalla suddetta vocina elettronica.
Ma come si fa a inquadrare un foglio di carta per farne la foto? Beh, per questo ci sono dei “trucchetti”. Se sei ipovedente puoi aiutarti col residuo visivo. Non vedi quel che c’è scritto sul foglio, ma il foglio in sé sì. Basta quindi allontanare il telefono di una ventina di centimetri e scattare la foto. Se invece sei non vedente, beh, la foto la fai alla cieca, seguendo pressappoco lo stesso principio, cercando di mantenere il telefono centrato rispetto al foglio e allontanandolo di una spanna da esso. Poi si fa la foto e il programma di riconoscimento farà il resto.
Vi sono al vaglio altre applicazioni che consentiranno l’individuazione, ad esempio di strisce pedonali che – lo speriamo tutti – dovrebbero renderci meno angosciosi gli attraversamenti di strade trafficate.
Come è giusto, dunque, che si sappia di chi froda lo Stato, come i cosiddetti “falsi ciechi”, così è giusto che si sappia che un cieco non è “un animale chiuso nella gabbia di casa sua” e basta. Un cieco è una persona, ed essendo una persona, come chiunque ha una sua vita privata, relazioni, interessi, ambizioni. E se gliene si dà la possibilità, si scopre che è anche in grado di lavorare. Certo, con i dovuti accorgimenti. Non si può infatti pretendere di mettere un cieco all’archivio fotografico di un giornale, come è successo a mia moglie qualche anno fa…
Le limitazioni ci sono, ma non rendiamole insuperabili, impossibili, diffondendo la falsa concezione che un cieco che usa un telefono touch screen stia frodando lo Stato!
Noi cerchiamo – con le possibilità che abbiamo, e con tanta caparbietà – di affrontare tutte le situazioni, e chi ha la fortuna di avere due occhi che funzionano bene si deve rendere conto della fatica che facciamo, ma è una fatica che noi superiamo. È infatti la voglia di vivere a darci lo stimolo per affrontare tutto quanto, non perché siamo dei “superman”, ma semplicemente perché le tecnologie del giorno d’oggi ci consentono di fare qualcosa in più per la nostra autonomia, rispetto al passato.
Questa dovrebbe essere un’informazione corretta da divulgare, cosicché, magari, passando di fianco a qualcuno ci si possa sentire gratificare dalle parole «ma che bravo!», anziché dalle parole «ma quello ci vede…».
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