Come abbiamo segnalato qualche settimana fa, l’11 febbraio scorso il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio si è pronunciato contro il Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) 159/13, vale a dire il Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), ciò che riguarda milioni di cittadini italiani, in quanto l’ISEE stesso viene richiesto per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate, ovvero a tutti i servizi o gli aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (ad esempio le prestazioni ai non autosufficienti, i servizi per la prima infanzia, le agevolazioni economiche sulle tasse universitarie, quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, le eventuali agevolazioni su tributi locali).
In sostanza, il TAR Lazio ha escluso dal computo dell’Indicatore della Situazione Reddituale (ISR) – una delle due componenti dell’ISEE – «i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche», ovvero tutte le pensioni, gli assegni, le indennità per minorazioni civili, gli assegni sociali, le indennità per invalidità sul lavoro, gli assegni di cura, i contributi vita indipendente e così via.
«Non sono ancora chiare tutte le conseguenze di quelle Sentenze – si legge in una nota della LEDHA, la Lega per i Diritti delle persone con Disabilità, che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) -, ma quello che è chiaro è che l’ISEE di oggi è diverso da quello di ieri. Per quanto poi riguarda la Lombardia, va rilevato che il 6 marzo scorso la Giunta Regionale ha approvato la Delibera X/3230 (Prime determinazioni per l’uniforme applicazione del DPCM 159/2013), insieme alla redazione degli atti regolamentari, il tutto concordato con l’ANCI Lombardia (Associazione Nazionale Comuni Italiani), un provvedimento atteso e richiesto dal mondo associativo lombardo, che sarà coinvolto nella fase di monitoraggio dell’applicazione».
«Avremmo preferito che anche l’approvazione di questo provvedimento fosse rinviata – dichiara Maria Villa Allegri, presidente della LEDHA – in attesa di comprendere quale sarà l’ISEE a cui dovremo fare riferimento, ma queste Linee guida sono comunque un provvedimento importante, perché ad esso le Associazioni delle persone e delle famiglie con disabilità affidano il compito di sanare quella situazione di trattamenti disomogenei e spesso iniqui di cui spesso sono vittime, in tema di partecipazione alla spesa dei servizi. Invitiamo comunque tutti i Comuni lombardi, prima di definire e approvare i nuovi regolamenti, a coinvolgere le Associazioni locali delle persone con disabilità circa la strada migliore da prendere».
A tal proposito, in un ampio documento presentato alla Regione dalla LEDHA e dall’ANFFAS Lombardia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) emergono sia i lati positivi che i dubbi sul merito di quanto scritto nel testo approvato dalla Giunta.
Rispetto ai lati positivi, vengono segnalati da una parte «l’attesa di una progressiva riduzione delle differenze dei regolamenti tra Comune e Comune, anche grazie all’indicazione di definire i regolamenti del “Nuovo ISEE”, almeno a livello di Ambito Sociale», dall’altra «la scelta di attivare un gruppo di lavoro composto da Regione Lombardia, Comuni, Sindacati e Associazioni, per monitorare l’applicazione del nuovo ISEE in Lombardia».
I dubbi e le preoccupazioni maggiori, invece, riguardano il cosiddetto “campo di applicazione del nuovo ISEE” e il mantenimento in capo ai Comuni della responsabilità della presa in carico. In particolare, come si legge sempre nel documento di LEDHA e ANFFAS Lombardia, «si ritiene, alla luce di un’attenta lettura del DPCM 159/13, come di precedenti pronunciamenti della Magistratura, che tutti i servizi oggi dedicati alle persone con disabilità, dall’assistenza domiciliare, ai servizi semiresidenziali e residenziali, debbano essere considerati “prestazioni agevolate di natura sociosanitaria” e non solo i CDD, le CSS e le RSD [rispettivamente Centri Diurni per Disabili, Comunità Socio Sanitarie per Persone con Disabilità e Residenze Sanitarie Assistenziali per Persone con Disabilità, N.d.R.], come le linee guida regionali possono far pensare. Per quanto poi concerne la responsabilità riguardo a specifiche funzioni amministrative di presa in carico proprie dei Comuni, si segnala come alcuni passaggi del documento potrebbero offrire il fianco a scelte e atteggiamenti di alcuni Enti Locali chiaramente improntati a venir meno a queste funzioni e a queste responsabilità».
Infine, altri punti di attenzione segnalati dal documento vertono «sull’esclusione da ogni richiesta di partecipazione alla spesa ai fruitori di servizi di carattere sanitario. Rispetto a tale elemento si accoglie positivamente la dichiarazione dell’assessore Maria Cristina Cantù [assessore alla Famiglia e alla Solidarietà Sociale della Regione Lombardia, N.d.R.], che ha preannunciato la soppressione del passaggio in questione, in occasione dell’adozione del provvedimento sulla semplificazione»; e ancora, «sulla necessità che le richieste di partecipazione alla spesa si mantengano dentro limiti ragionevoli e che non siano strumento di pareggio di bilancio degli Enti Locali»; infine, sul fatto che vi sia «un finanziamento adeguato da parte della Regione Lombardia dei servizi rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.
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