Ho appreso dalla stampa locale delle polemiche riguardanti le barriere architettoniche sul marciapiede davanti alla Chiesa dei Frati Cappuccini e del vicino ingresso dell’Ospedale, a Conegliano in provincia di Treviso; leggo ora con sorpresa la notizia – anch’essa proveniente dalla città veneta – della tassazione sulla pedana che elimina la barriera architettonica di un gradino all’accesso di uno studio di fisioterapia.
A questo punto non posso esimermi dallo scrivere una breve riflessione sul tema, considerato il mio doppio legame affettivo, sia all’argomento che a quei territori a me familiari.
Leggo che il Comune di Conegliano sarebbe già impegnato nella rimozione delle barriere architettoniche in molte strade, e tuttavia credo che le richieste e le aspettative di gruppi e abitanti siano legittime e dovrebbero essere tenute nel debito conto dall’Amministrazione. Da parte di quest’ultima sarebbe soprattutto auspicabile un cambio di paradigma: ci siamo riusciti a Milano, perché non a Conegliano? Perché, cioè, non cambiare il regolamento edilizio, o modificarne sensibilmente una parte?
A Milano, il 26 novembre 2014, con la pubblicazione sul n. 48 della Serie Avvisi e Concorsi del BURL (Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia), è entrato in vigore il testo del nuovo Regolamento Edilizio che, tra le molte novità, parla di ricerca della qualità urbana, tenendo conto anche dei criteri della “progettazione universale”, traduzione dei concetti internazionali di Universal Design/Inclusive Design/Design for All.
Si tratta di un approccio volto alla progettazione di servizi, prodotti e ambienti che vadano incontro alle esigenze, ai desideri e alle necessità del maggior numero possibile di persone, in un’ottica di inclusione sociale, autonomia, benessere e sicurezza, di sostenibilità e di piacevolezza dell’intervento.
In particolare, il nuovo Regolamento Edilizio milanese prevede all’articolo 77.2 che «in tutti gli interventi edilizi sulle unità immobiliari aperte al pubblico, a partire dagli interventi qualificabili di manutenzione straordinaria, deve essere garantito il requisito di Visitabilità per gli spazi utilizzati dal pubblico […] con arretramento della porta di ingresso rispetto al filo della vetrina e la formazione di un piano inclinato», e all’articolo. 77.3 che «qualora non sia possibile realizzare una soluzione per l’ingresso accessibile all’interno della proprietà per l’eccessivo dislivello esistente o per altre questioni strutturali, è possibile intervenire con una soluzione che insista sullo spazio antistante all’ingresso su suolo pubblico con soluzioni di adeguata efficacia (rampe esterne, piattaforme meccaniche, rampe removibili)», aggiungendo che «per l’occupazione di suolo pubblico non sarà previsto alcun onere».
Altro dato interessante – su scala nazionale, questo – è l’inserimento all’interno della Legge 164/14 (il cosiddetto provvedimento “Sblocca Italia”) del Regolamento Edilizio Unico, con l’intento di disciplinare, tra gli altri punti, l’individuazione delle caratteristiche e dei requisiti igienico-sanitari e di sicurezza, nonché di accessibilità in termini di eliminazione delle barriere architettoniche.
Senza addentrarsi nella difficoltà di adottare un Regolamento unificato per i centri urbani del nostro variabilissimo territorio, e senza scoraggiarsi pensando a quanti emendamenti e subemendamenti lo stravolgeranno senza pietà, è importante evidenziare l’attenzione volta alla tematica della progettazione per l’inclusione.
Il Design for All è a disposizione di progettisti, amministratori e tecnici che vogliano considerare l’accessibilità solo come un punto di partenza, superando visioni ristrette e cavilli burocratici; si può e si deve fare, servono volontà e convinzione, una buona dose di coraggio, anticonvenzionalità e il supporto di validi professionisti.
Architetto ergonomo europeo.
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