Ho letto con molto interesse l’articolo del maestro Filippo Barbera pubblicato da «Superando.it», con il titolo Le carte lascino spazio alla didattica e ne condivido lo spirito operativo. Riscontro anzi, a differenza di altri scritti pubblicati su queste stesse pagine da detrattori della Proposta di Legge C-2444 (Norme per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali) sostenuta da FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità), molti apprezzamenti per i punti qualificanti di tale Proposta di Legge.
Mi hanno suscitato però qualche perplessità sia le critiche alla separazione delle carriere dei docenti per il sostegno da quelle dei docenti curricolari, sia l’attacco non sufficientemente documentato ad alcuni documenti come il PEI (Piano Educativo Individualizzato) e il PDP (Piano Didattico Personalizzato). Ecco dunque i motivi delle mie perplessità.
Innanzitutto non ritengo che la separazione delle carriere contribuisca a un deprezzamento del ruolo e della stima istituzionale dei docenti per il sostegno. Infatti – come ho già avuto modo di chiarire in alcuni miei precedenti interventi sul tema – la formazione universitaria di sei anni dei docenti specializzati sarà totalmente orientata all’acquisizione della professionalità nell’apprendimento e nell’uso della didattica comune e di alcune didattiche speciali per i casi di maggiore complessità.
Con una tale preparazione i docenti specializzati potranno ancor meglio dialogare con gli insegnanti curricolari, i quali dovranno avere una formazione iniziale di almeno trenta crediti universitari formativi (circa un semestre) sulle didattiche inclusive. Ciò permetterà, a mio avviso, un linguaggio e l’acquisizione di concetti comuni.
La separazione delle carriere evita per altro che vi possa essere lo sconcio della delega ai soli docenti specializzati da parte dei docenti curricolari. I docenti specializzati, infatti, non avendo una laurea in una disciplina specifica, non potranno più ricevere la delega a insegnare loro ai soli alunni con disabilità, ad esempio l’italiano o la matematica ecc., ma dovranno dialogare con i colleghi curricolari, per “sostenerli” nel modo di trasmissione dei saperi, di cui i soli docenti curricolari sono tenuti ad essere docenti anche per gli alunni con disabilità.
Né si dica, come propone il maestro Barbera, che sarebbe bene formare insieme tutti i docenti sulle didattiche inclusive. A tal proposito è da tener presente che la cosiddetta “Commissione Israel” [Gruppo di Lavoro per la Formazione degli Insegnanti, presieduto da Giorgio Israel, che operò nel 2008, N.d.R.] rifiutò di assegnare per la formazione iniziale dei docenti curricolari delle scuole secondarie più di sei crediti formativi, con la motivazione che i docenti curricolari debbano specializzarsi nelle discipline che dovranno insegnare. Sarà già tanto dunque se – al momento dell’approvazione della riforma governativa nota come La Buona Scuola – le nostre Associazioni di persone con disabilità riusciranno a portare quei sei crediti formativi a trenta.
E del resto, tali crediti formativi, volendo permettere un comune modo di intendersi, non possono assolutamente consentire ai docenti curricolari di divenire esperti nelle didattiche inclusive. Se ciò fosse possibile, avrebbe allora ragione Dario Ianes, che nel suo libro L’evoluzione dell’insegnante di sostegno aveva proposto l’abolizione degli attuali docenti per il sostegno, affidando l’integrazione scolastica ai soli docenti curricolari, con la consulenza di gruppetti di docenti specializzati itineranti; cosa che, come avevo a suo tempo sottolineato, mi sembra irrealistica, alla luce dell’attuale sovraffollamento delle classi e della totale assenza di formazione obbligatoria sulle didattiche inclusive da parte dei docenti curricolari.
Il citato Disegno di Legge governativo sulla Buona Scuola prevede sì l’obbligo di formazione iniziale e in servizio dei futuri docenti, e tuttavia essa non potrà colmare la distanza sulle didattiche inclusive tra docenti specializzati e curricolari, cosicché gli insegnanti specializzati – lungi dal diventare “docenti di serie B” – saranno invece indispensabili ai docenti curricolari, per insegnare le rispettive discipline anche agli alunni con disabilità.
E veniamo alla seconda perplessità, concernente, come accennato, l’“eccesso di carte”.
Certo, se documenti come il PEI e il PDP diventano solo meri adempimenti burocratici, allora il maestro Barbera ha pienamente ragione a lamentarsi. Ma la visione della Proposta di Legge sostenuta dalle Federazioni di Associazioni di Persone con Disabilità è fondata sulla valutazione del lavoro dei docenti a livello di classe, realizzata in base a indicatori di qualità. Si dovrà dunque attivare una “concorrenza di squadra” tra i Consigli delle diverse classi, per ottenere delle gratificazioni anche economiche da parte del Ministero. Anzi, nell’àmbito di ogni Consiglio di Classe, gli eventuali docenti “lavativi” verranno stimolati o espulsi dai colleghi più attivi perché essi diventeranno “zavorra” per la concorrenza positiva tra le classi. E ciò ritengo sia proprio un’esaltazione della didattica e un superamento della logica burocratica delle carte da scrivere tanto per scriverle.
Con questi chiarimenti, dunque, spero si possano superare le difficoltà espresse da Filippo Barbera e anzi ci si augura che egli possa unire i suoi sforzi culturali ai nostri affinché la Proposta di Legge che stiamo sostenendo, ulteriormente migliorata, possa essere presto approvata.