Chi scrive si occupa dal lontano 1996 di mobilità autonoma per conto della Sezione di Roma dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e prendendo spunto da un recente articolo pubblicato da questa stessa testata, riguardante il divieto di accesso alle scale mobili per i cani guida imposto dal Sindaco di Belluno, vorrei parlare delle battaglie che abbiamo condotto in questi anni nella Capitale, a proposito di utilizzo in autonomia di questi mezzi di spostamento, insieme all’ADV (Associazione Disabili Visivi) e alle altre organizzazioni che seguono da vicino i problemi legati alla nostra mobilità autonoma.
I ciechi e gli ipovedenti lo sanno perfettamente: usufruire di scale mobili, rampe mobili e tapis roulants senza l’uso della vista non è mai stato un problema, né mai lo sarà. Le informazioni provenienti dall’ambiente e l’applicazione di tecniche apprese nei corsi di orientamento e mobilità -quando non già note ai pedoni disabili della vista – fanno sì che sia possibile salire, scendere e perfino camminare su questi dispositivi in piena autonomia e sicurezza. E tuttavia ciò sembra sfuggire ai dirigenti delle principali Aziende di Trasporto italiane, i quali stanno facendo di tutto per costringere noi disabili visivi a servirci esclusivamente di scale fisse e ascensori per i nostri spostamenti verticali; finora costoro sembrano essere riusciti nel loro intento, almeno dal punto di vista normativo.
È appunto questa la storia che vorrei raccontare ai Lettori di «Superando.it», una storia fatta di continui appelli al buon senso operati dalle nostre Associazioni, che si sono trasformati in violente testate contro il muro dell’indifferenza e dell’ottusità, eretto dai nostri interlocutori. Ma andiamo per ordine.
Innanzitutto, come può un ipovedente grave, o peggio un cieco assoluto, utilizzare una scala mobile da solo e senza farsi male? Ecco i più comuni “trucchi del mestiere”, adottati anche in presenza di dispositivi simili, come le rampe mobili e i tapis roulants:
1) Il movimento delle scale mobili produce una vibrazione, percepibile distintamente attraverso i piedi e il bastone bianco, quando sono a contatto con la pedana metallica di accesso, ma già avvertibile sul pavimento che la precede. Vi è poi un rumore inconfondibile emesso da questi dispositivi, grazie al quale, anche in condizioni di sovraffollamento, la loro presenza è percepibile distintamente a una distanza di almeno cinque metri. Tale livello di preavviso è ampiamente sufficiente a noi disabili della vista per predisporci ad affrontare ciò che, agli occhi poco attenti di molti, è per noi un ostacolo insormontabile.
2) Il mancorrente delle scale mobili si muove parallelamente ad esse e inizia oltre un metro prima dei gradini. Ciò consente a chi non vede di comprendere in quale verso si stia muovendo la scala, già prima di poggiare i piedi sulla pedana di accesso.
3) Non appena si accede alla parte mobile del dispositivo, è possibile che i piedi dell’utilizzatore occupino, per qualche secondo, la superficie di due gradini ancora allineati. Il successivo disallineamento di questi, tuttavia, non può causare cadute, in quanto ogni non vedente non perde mai il contatto con il mancorrente della scala mobile, in particolare all’inizio e alla fine della corsa.
4) L’approssimarsi del termine della scala è chiaramente percepibile, a causa della variazione dell’altezza del mancorrente su cui è poggiata la nostra mano, e dell’appiattimento progressivo dei gradini, prima che scompaiano al di sotto della placca finale. In questo modo sappiamo perfettamente quando possiamo sollevare i piedi, per tornare a camminare in un ambiente statico.
Purtroppo queste considerazioni – banali per chiunque sia dotato di un minimo di raziocinio – non sono ancora patrimonio di tecnici e dirigenti delle Aziende di Trasporto, evidentemente preoccupati di essere ritenuti responsabili in caso di incidenti. Lo dimostra l’esperienza mia e di altri rappresentanti delle nostre Associazioni, che cercherò qui di riassumere.
Il mio primo ricordo risale all’estate del lontano 1999, quando vennero installati sistemi di percorsi e mappe tattili in cinque stazioni della Metropolitana di Roma, grazie ai quali era possibile fruire esclusivamente degli ascensori per spostarsi da un piano all’altro. Il direttore dei lavori, da me contattato, cercò di convincermi della bontà di questa scelta progettuale, sostenendo che la sua anziana mamma, che aveva problemi di vista, mai avrebbe avuto il coraggio di utilizzare una scala mobile, anche se accompagnata. Lo avete riconosciuto? Sì, è proprio lui, il classico pregiudizio secondo il quale tutti i ciechi si comportano e agiscono nello stesso modo, che immagino si riscontri anche in altri tipi di disabilità.
Il problema si è ripresentato poi alla metà degli Anni 2000. Infatti, mentre a Roma si installavano percorsi e mappe tattili in tutte le stazioni della Linea B della Metropolitana, indirizzando i percorsi alle sole scale fisse oltre che agli ascensori, a livello nazionale era in discussione la Norma UNI [Ente Italiano di Normazione, N.d.R.] dedicata alla segnaletica per disabili visivi all’interno dei sistemi di trasporto rapido di massa (metropolitane).
In tale sede, i rappresentanti delle nostre Associazioni cercarono in tutti i modi di far capire alle Aziende di Trasporto che le scale mobili costituiscono un mezzo di spostamento sicuro per le persone con problemi di vista, ancor più delle tanto apprezzate scale fisse. Il braccio di ferro tra le due parti, nel quale i rappresentanti di ATAC e ATM [rispettivamente Azienda per i Trasporti Autoferrotranviari del Comune di Roma e Azienda Trasporti Milanesi, N.d.R.] si ersero a “grandi protagonisti”, dimostrando tutta la loro ristrettezza di vedute, si concluse con un risultato che non potevamo ritenere soddisfacente, ma che avrebbe potuto essere molto peggiore, in considerazione del clima di lavoro poco favorevole che si era creato. In particolare, la Norma UNI 11168, risultante dal tavolo di lavoro e attualmente in vigore, prevede, tra l’altro, che, in presenza di scale fisse e mobili affiancate per il superamento di un dislivello verticale, il percorso tattile debba condurre alla scala fissa, in prossimità del mancorrente più vicino alla scala mobile. In questo modo si può lasciare all’utilizzatore la scelta del tipo di scala di cui servirsi.
È importante a questo punto sottolineare che le Norme UNI – essendo emanate da un’Associazione privata – sono di applicazione volontaria: ciascun Ente, cioè, è libero di scegliere di volta in volta se applicarle oppure no. Per rendere meglio l’idea, aggiungo che la sola consultazione delle norme è libera, mentre la loro acquisizione è a pagamento.
Il carattere non vincolante di queste disposizioni ha dunque fatto sperare noi attivisti delle Associazioni di riuscire a far recedere i nostri interlocutori dalle loro posizioni retrograde, nell’àmbito di un dibattito a livello locale sui singoli progetti. In ciò eravamo confortati dal fatto che la Stazione Manzoni della Metropolitana di Roma, oggetto di restyling nel 2007, era stata dotata di percorsi tattili che servivano gli ascensori e le scale mobili per il collegamento tra il piano atrio e il piano banchina, non essendovi alcuna scala fissa in questo tratto.
È così giunto il momento, per noi tanto atteso, di fornire il nostro parere sui sistemi di abbattimento delle barriere sensoriali nelle stazioni delle Linee C e B1 della Metropolitana di Roma. Con soddisfazione abbiamo intrapreso un percorso partecipato con la Società Roma Metropolitane, incaricata della progettazione delle stazioni, durante il quale tutti i nostri suggerimenti sono stati accolti, compresi quelli riguardanti l’indirizzamento dei percorsi tattili verso le scale mobili. Era però un risultato troppo bello per essere vero… e infatti non era vero: l’ATAC, l’Azienda di Trasporto incaricata della gestione degli impianti al termine dei lavori, ha rifiutato di prendere in consegna le stazioni, se non fossero stati modificati i progetti dei percorsi tattili, indirizzandoli alle sole scale fisse e agli ascensori.
A nulla sono valsi i nostri appelli all’Assessorato alla Mobilità del Comune di Roma e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, supportati dal parere di un primario studio legale, secondo il quale le Aziende di Trasporto non potevano essere ritenute responsabili in caso di incidente occorso a un pedone disabile della vista nell’utilizzo delle scale mobili. Nessuno è stato in grado di contrastare (o meglio nessuno ha voluto contrastare) la testardaggine e l’arretratezza di queste persone, ostinate nel voler applicare una norma i cui princìpi offendono il nostro diritto alla libertà e all’indipendenza.
Addirittura singolare è apparsa la risposta del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione e i Sistemi Informativi e Statistici) del 21 marzo 2012, nella quale si afferma che, nonostante le Norme UNI siano di applicazione volontaria, la Norma 11168 verrà assunta come riferimento per la valutazione dei progetti ai fini della sicurezza. In questo modo il Ministero ha posto, per il momento, la parola fine su questa vicenda, rendendo di fatto cogente una norma che per definizione non lo è.
Abbiamo raggiunto poi l’apice dell’assurdo quando, al termine di un pesante intervento strutturale, sono stati installati percorsi tattili nel nodo metropolitano di Termini, impedendo di fatto alle persone con disabilità visiva di utilizzare uno dei due percorsi che collegano le banchine della Metro A con quelle della Metro B. Il motivo? Semplice: il collegamento è effettuato solo attraverso scale mobili, e per noi ciechi, com’è noto, le scale mobili sono off limits…
La nostra rabbia, per altro, non è dettata da sole ragioni di principio. Preferire le scale fisse alle mobili, infatti, aumenta i rischi per chi si muove da solo senza vedere. A tal proposito, ecco le due criticità più importanti che si riscontrano, così come le segnalammo nel 2012 all’allora assessore alla Mobilità del Comune di Roma Antonello Aurigemma.
1) Così come tutti i pedoni, anche le persone non vedenti e ipovedenti preferiscono di gran lunga servirsi delle scale mobili per accedere ai vari livelli delle stazioni. Accade così, nelle stazioni i cui percorsi tattili servono le sole scale fisse, che essi seguano il percorso fino all’inizio della scala fissa, per poi tornare indietro di qualche metro e prendere la scala mobile senza l’aiuto del percorso tattile. Naturalmente ciò crea problemi di sicurezza per gli eventuali passeggeri che seguano la persona cieca a breve distanza, contro i quali la persona stessa o il suo bastone bianco potrebbero impattare. Non va poi dimenticato che frequentemente, tra le scale fisse e quelle mobili adiacenti, sono posizionati cartelli segnaletici montati su pali difficilmente percepibili con il bastone bianco.
2) In numerosi casi, il collegamento tra il piano atrio e il piano strada delle stazioni è realizzato con sistemi di scale fisse e mobili. Mentre le prime sono percorse da passeggeri in entrambi i sensi di marcia, le seconde, gioco forza, non lo sono. Un pedone cieco che percorra le scale fisse, dunque, può scontrarsi con chi cammina in senso contrario. È per altro tristemente noto a tutti noi come i viaggiatori siano spesso distratti e percorrano le scale troppo velocemente per accorgersi della presenza di un cieco con bastone bianco o cane guida. Ancora più pericolosa la situazione si presenta per un ipovedente, meno riconoscibile rispetto a un cieco.
Merita una risposta, infine, anche l’obiezione rivoltaci a più riprese da alcune Aziende di Trasporto, secondo le quali invitare un cieco a prendere una scala mobile lo esporrebbe a rischi in caso di inversione del senso di marcia di quella scala. Poiché simili provvedimenti vengono adottati solo in casi eccezionali e disorientano anche i passeggeri vedenti, appare logico attendersi che, in quelle situazioni, sia presente personale specializzato in grado di indirizzare l’utenza (con o senza problemi di vista) nella corretta direzione. È inoltre possibile posizionare sul percorso tattile dissuasori con cartelli in braille e large print [a caratteri ingranditi, N.d.R.], che informino l’utenza dei cambiamenti in essere.
Come dicevo all’inizio, la battaglia per il libero accesso alle scale mobili è lunga e difficile. Per ora la stiamo perdendo, ma le nostre ragioni sono troppo evidenti per mollare, e i nostri ottusi interlocutori possono star certi che non ci arrenderemo.