«Le persone con autismo hanno un enorme potenziale. La maggior parte di loro ha notevoli capacità visive, artistiche o accademiche. Grazie all’utilizzo di tecnologie di assistenza, le persone con autismo che hanno difficoltà nell’esprimersi verbalmente sono in grado di comunicare e condividere le proprie capacità nascoste. Riconoscere i talenti di queste persone, piuttosto che concentrarsi sulle loro debolezze, è essenziale per la creazione di una società veramente inclusiva»: è questo uno stralcio del messaggio di Ban Ki-moon, segretario Generale delle Nazioni Unite, diffuso in occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo, che si celebra oggi, 2 aprile, insieme a una Call for Action rivolta al mondo delle imprese con l’obiettivo di promuovere le assunzioni delle persone con autismo e una maggiore attenzione al contributo che queste ultime sono in grado di dare in àmbito lavorativo. È proprio il lavoro, infatti, il tema della Giornata 2015, un diritto che – stando ai dati riportati dal sito dell’ONU che indicano l’80% delle persone con autismo senza un’occupazione – non è purtroppo rispettato.
Quello del lavoro, per altro, è solo uno dei tanti esempi di mancata inclusione sociale e discriminazione delle persone con disturbi dello spettro autistico, le quali si trovano a vivere, insieme alle loro famiglie, una quotidianità fatta di ostacoli, scarse risorse e un’attenzione rivolta per lo più solo alla “malattia” e non alla persona in quanto tale, tra interventi frammentati e istanze strumentalizzate.
Si tratta di una situazione di forte disagio che da tempo viene denunciato dall’ANFFAS, l’Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, impegnata in tutta Italia per più di quattromila persone con disturbi dello spettro autistico, soprattutto bambini e adolescenti, e che proprio per combattere l’isolamento e favorire l’inclusione ha costituito al proprio interno il Gruppo di lavoro Autismi 2.0, raccogliendo referenti ed esperti afferenti alla propria rete, con l’obiettivo di promuovere e diffondere le conoscenze e le buone pratiche sul tema, fornendo un supporto sempre maggiore alle famiglie coinvolte.
«Come da sempre sottolineiamo – dichiara Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS – e come abbiamo anche recentemente ribadito nel nostro documento ufficiale sui disturbi delle spettro autistico [se ne legga anche su queste pagine, N.d.R.], che si lega strettamente agli approcci fondati sulle evidenze scientifiche, con un preciso riferimento alla Linea Guida n. 21 dell’Istituto Superiore di Sanità [“Il trattamento dei disturbi nello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti”, N.d.R.], non c’è solo “l’autismo” ma ci sono le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie. Se si pensa infatti solo alla malattia e non alla persona, si corre il rischio di tornare a considerare un approccio di tipo esclusivamente sanitario, vecchio di decenni, che abbiamo cercato di contrastare in ogni modo e contesto».
«Sono le persone a dover essere poste in primo piano – prosegue Speziale – e sono loro che, prima di focalizzarsi sul disturbo o sul trattamento, hanno il diritto di avere riconosciuto e definito un progetto globale e personalizzato di vita, strumento fondamentale che può garantire la piena inclusione nella società e la migliore qualità di vita possibile. Si tratta pertanto di portare avanti una vera e propria battaglia culturale».
«Per una migliore qualità di vita – sottolinea ancora il Presidente dell’ANFFAS – è ovviamente anche necessario che si pensi a tali disturbi sotto diversi punti di vista. Ad esempio, è importante prendere realmente coscienza del fatto che gli autismi vanno affrontati in un’ottica di ciclo di vita e non solo relativamente all’infanzia. Ed è importante anche prestare attenzione alle tante, troppe, false teorie medico-scientifiche che soprattutto in questi ultimi anni si stanno susseguendo, mettendo in ombra i percorsi scientificamente supportati e validati. In tal senso, la nostra Associazione ha avviato una collaborazione con la Fondazione Telethon, per promuovere la ricerca genetica sulle disabilità intellettive e/o relazionali e contribuire al miglioramento della vita delle persone e delle famiglie».
«Gli interventi da porre in atto – conclude Speziale – sono dunque molteplici: maggiori investimenti di risorse, maggiore attenzione alla precocità degli interventi e della diagnosi, maggiore sistematicità per ciò che concerne le normative nazionali e internazionali, ma soprattutto è necessario, fondamentale e imprescindibile avere come punto fermo il benessere della persona e il riconoscimento dei suoi diritti, del suo essere, dei suoi desideri e dei suoi reali bisogni, ricordando sempre che non c’è un’unica forma di autismo, ma che sono le persone ad essere uniche, e quindi diverse e non omologabili, nel loro essere». (R.S.)
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